Novembre:
L' Oscuro
Novembre, L' Oscuro, il Mese Dei Morti, dell'autunno più nero; tempo di piogge e nebbie. La Natura stessa s'incupisce, quasi a voler celebrare questi giorni di mestizia e oscurità.
Eppure, la tradizione vuole che, tra tanta oscurità ci sia anche un fugace raggio di luce, una sorta di magia, una recessione quasi settembrina chiamata "Estate di San Martino" che si verifica l' 11 del mese (San Martino appunto)
Durante quella giornata, sembrerà che il clima si acquieti un po', stemperando il gelo e portando qualche ora di sole. L'Estate di San Martino quindi, è il nome con cui viene solitamente indicato un periodo dell’Autunno in cui, dopo i primi freddi e le possibili prime gelate, si verificano condizioni climatiche di bel tempo e aria tiepida, dopodiché si ripiomba di nuovo nel freddo umido, così come vuole la Natura, ma a renderlo più sopportabile saranno le caldarroste, il vin brulè, la cioccolata piena di panna, i tè speziati e le zuppe calde.
L'Estate di San Martino è una tradizione che risale agli usi pagani tipici della cultura contadina e con essa i preparativi che l'accompagnavano.
Il 9 novembre era, per tradizione, l'ultimo giorno utile all'ingrasso dei maiali che sarebbero poi stati sacrificati per San Martino (11 novembre). Il cibo che doveva sfamarli era prescritto in modo molto preciso: orzo, malto, piselli e fagioli. Infine i maiali dovevano bere siero di latte oppure il risciacquo delle botti in cui era stata messa a fermentare la birra.
Ma, per ogni celebrazione che si rispetti, c’è prima una vigilia.
Divinazione di San Martino
La vigilia di San Martino (10 Novembre) era, anticamente, un'ulteriore occasione (dopo Halloween) per praticare la divinazione, tanto cara nel mondo contadino e in quello vittoriano.
Il metodo era piuttosto semplice: si prendevano tre piatti: uno pieno di acqua pulita, uno di acqua sporca e uno vuoto. Il richiedente (che poteva essere uomo o donna) veniva bendato e invitato a toccare uno dei tre piatti. Se toccava quello con l'acqua pulita avrebbe sposato una vergine o un celibe; se toccava quello con l'acqua sporca avrebbe sposato un/a vedovo/a; infine, se toccava quello vuoto, non si sarebbe sposata/o affatto.
Per sicurezza bisognava ripetere il rito tre volte, solo allora si potevano tirare le somme per l'anno a venire.
Significato Esoterico della Celebrazione di San Martino
La Celebrazione di San Martino ( 11 novembre) chiude tradizionalmente il periodo dei Morti iniziato a fine ottobre - anche se una loro presenza é rintracciabile fino alle 12 notti! - e conduce alla stagione fredda, governata dalla Vecchia. A questa figura di grande Dea del ciclo vita-morte-rinascita, dal duplice aspetto di fanciulla e crona, sono legate molte filastrocche, la maggior parte delle quali si focalizza proprio sull'aspetto oscuro. In questi giorni particolari viene poi alla ribalta la sua associazione con la lumaca, i cui cornini richiamano sia la falce di luna che la sua duplice natura ed il cui guscio ci ricorda la discesa nel nostro io / in grotta tipica del tempo buio nel quale siamo entrati, senza contare che la lumaca entra effettivamente ora in letargo, ritirandosi in buche sotto terra, come il sole scende sempre più nell'oscurità.
"Lumaca lumachina
tira fuori i tuoi cornini
uno per me
uno per te
e uno per la Vecchia
di san Martino "
Tutto ciò ha fatto della lumaca uno dei cibi rituali dei banchetti di san Martino, come ci ricorda anche questa filastrocca romagnola (qui in traduzione):
"Lumaca, lumachin
butta fuori i quattro cornin
prima che venga san Martin
con la spada e con il pin
e ti venga ad ammazzare,
lumaca lumachina
va a filare"
In questi versi si ricorda il passato guerriero di Martino (la spada) ed un suo miracolo inerente un pino, ma anche il bastone usato per estrarre le lumache dal terreno dove stanno nascoste (il pin), il "va a filare" infine è riferito sì alla bava che lascia nel suo cammino, ma rimanda anche alla filatura quale arte tipica non solo della stagione ma anche propria della Vecchia della quale è simbolo
La Cursa di Curnum
Si tratta di un rito che si svolgeva nella Bassa Lombarda ed in Romagna a partire dalla sera del 10 novembre, quando bande di ragazzi sciamavano per le strade dei borghi suonando strumenti a fiato, latte e pietre in un classico rituale di espulsione (siamo alla fine del Dodekameron dei Morti), levando però canti e grida molto particolari come
"Fura i becch"
ed il più articolato
"Il giorno di san Martino
tutti i cornuti vanno alla fiera
E chi è cornuto è cornuto
e chi è cornuto và alla fiera"
fermandosi davanti alle case di chi era stato tradito dalla moglie durante l'anno. Era questa una colpa che rientrava nella sfera del sacro: si credeva infatti che gli antenati della linea di sangue paterna potessero tornare attraverso i nuovi nati (un altro canto diceva infatti "È nato babbo in forma di figliolo") ma solo se erano appunto dello stesso sangue, legittimi. E se la moglie tradiva erano possibilità che venivano loro sottratte, anche per colpa della mancanza di virilità del marito - che quindi doveva espiare.
Chi veniva sottoposto alla gogna del canto dei becchi era costretto a partecipare alla "fiera", recandosi in certi prati anche se a tutti sembrava restassero in paese. Giunti in quel luogo i cornuti combattevano fra di loro per tutto il giorno con i gran palchi di corna che erano cresciuti loro in testa e poi, al tramonto successivo, presi da foga dovevamo correre verso casa, nel buio assoluto, senza potersi mai fermare nonostante i sentieri sconnessi impedissero il passo e le corna si impigliassero fra rami e sterpi rallentando la loro corsa allucinata che si sarebbe conclusa solo all'intravedere le prime luci dell'abitato.
Tutto questo articolato complesso fa riferimento a diverse credenze arcaiche europee fra le quali spiccano il viaggio sciamanico così com'era praticato dai Benandanti friulani e la Caccia Selvaggia.
Nel caso ve lo chiedeste, la Cursa sanciva il rientro degli uomini nella vita sociale del villaggio mentre le donne che deviavano dalle leggi non scritte, e subivano in primavera la Fasolara, ne rimanevano segnate a vita.
San Martino-11 Novembre
L'“Estate di San Martino” come già accennato in precedenza, è quel particolare fenomeno climatico che si verifica intorno alla metà di Novembre quando, dopo i primi freddi e le possibili prime gelate, si verificano giornate di bel tempo e aria tiepida.
Secondo la tradizione cristiana-cattolica, il soldato romano Martino di Tours (nato nel 316 circa e di fede cristiana appunto) - inviato in Gallia, presso la città di Amiens, durante una delle sue ronde notturne nel rigido inverno del 335 incontrò un mendicante seminudo che moriva di freddo, vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare e gliene diede una metà. affinché si potesse riscaldare un po'.
Poco più tardi, sempre durante il suo giro di ronda, il soldato incontrò un secondo mendicante, anch'egli seminudo, e quindi attanagliato dalla morsa del gelo, al quale, senza indugio, Martino donò
anche l'altra metà del mantello affinché potesse anche lui riscaldarsi.
Rimasto lui stesso senza una calda copertura, accadde qualcosa di miracoloso: la neve si sciolse, il freddo rigido se ne andò e per qualche giorno sembrò tornare l'estate.
(secondo altre versioni, l'evento in questione, si verificò per 4 giorni consecutivi, dopo 4 gesti di generosità di Martino verso i mendicanti) e a seguito di un sogno legato a Gesù, la vita di Martino cambiò e dopo aver lasciato, all’età di 40 anni circa, l’esercito, si diede alla vita religiosa fino a divenire nel 371 Vescovo di Tours.
Non tutti sanno però che, la cosiddetta Estate di San Martino potrebbe essere legata alle celebrazioni del periodo del Samhain celtico.
E' chiaro che le date in senso stretto c'entrano poco, quello che invece c'entra sono i tantissimi punti di contatto pratici: proprio come a Samhain, durante l'Estate di San Martino, scadevano i contratti dei fittavoli, si facevano pratiche divinatorie per il tempo atmosferico dell’anno seguente, i bimbi chiedevano il cibo in nome del santo e si celebrava la "festa dei cornuti", i quali sfilavano in processione portando palchi di cervo in testa (ancora oggi in alcune città italiane si svolgono feste di questo tipo) proponendo un legame con il mondo animale molto sentito nell'antichità.
Inoltre si trova un punto di contatto anche con le tradizioni romane. Sappiamo che l’8 Novembre si apriva per l'ultima volta il Mundus Patet (la cavità sotterranea considerata l'entrata del mondo dei Morti). Dopo questa data ricominciavano i lavori agricoli, infatti il 9 novembre, al tramonto delle Pleiadi (che per noi, con il calendario moderno, è appunto l’11 novembre) si procedeva alla nuova semina del grano. Infatti a San Martino venivano rinnovati i contratti agricoli annuali ed è da qui che deriva il detto "fare San Martino", cioè traslocare, perché i contadini si spostavano per coltivare i nuovi campi.
Infine, come dicono molti detti popolari, in questo giorno si aprivano le botti per il primo assaggio del vino nuovo, che solitamente veniva abbinato alle prime castagne. Insomma, anche in questo caso le tradizioni moderne sono la testimonianza di un passato ricco e duraturo.
Celebrare l'Estate di San Martino
La festa di San Martino divenne molto importante nelle campagne italiane per due motivi: il primo è che venivano rinnovati i contratti agricoli annuali, quindi i contadini traslocavano per andare a coltivare diversi campi; da qui la frase "fare San Martino" per indicare un trasloco.
Il secondo è che, come dice il proverbio, "a San Martino si assaggia il vino". Infatti questa data segnava l'apertura delle botti del vino nuovo e si faceva gran festa nei paesini.
Fu proprio per questa occasione che il poeta Giosuè Carducci compose la famosa poesia intitolata "San Martino", come precisa lui stesso, il giorno «8 dicembre 1883: finito ore 3 pomeridiane».
Quando da piccoli eravamo costretti a impararla a scuola, non sembrava avere un particolare significato. Ma a rileggerla oggi, riesce a trasportarci in mondo antico, fatto di dense tradizioni e solide certezze. La profondità che ispira questo componimento è pari solo alla chiarezza delle immagini che richiama alla mente.
San Martino:
Introduzione al suo significato nella Ruota dell' Anno
Con la celebrazione di San Martino, abbiamo detto che si chiude il ciclo celebrativo dei Morti apertosi con Samonios il 31 Ottobre, ma soprattutto l'11 novembre si chiudevano definitivamente anche le semine, contratti agricoli e si faceva il trasloco dai fondi (il "fare sanmartino").
Il santo è probabilmente una sovrascrizione a precedenti divinità pagane con caratteristiche fra loro assimilabili: il celtico Sucellus/Taranis, per esempio. Questo gruppo di divinità maschili ha come simboli il martello (il tuono), e la ruota (il sole, il ciclo dell' anno), uva/vino ed il governo dei fenomeni atmosferici: attributi che rispuntano in Martino, assieme ad altri stagionali-cultuali. Il mantello che divide col povero è la divisione fra le due metà dell' anno (la luminosa e la buia), l'oca che si consuma tradizionalmente è un animale psicopompo, etc etc.
SUCELLUS
Dio dell'Agricoltura e delle Bevande Alcoliche
Nella mitologia celtica, Sucellus era il Dio dell'agricoltura, e delle bevande alcoliche, a lui, veniva associato il buon esito,o la cattiva riuscita dei raccolti.
Egli è raffigurato come un grande, forte, barbuto uomo di mezza età,con indosso abiti di pelle di lupo,ed una tunica che gli arriva fino all'altezza delle ginocchia.
In una mano impugna un grosso martello dal lungo manico che,secondo la leggenda adoperava o per favorire o per punire gli uomini. Nel primo caso,lo batteva con forza sul terreno affinché ogni seme che vi era stato seminato germogliasse florido in Primavera,ma se invece lo scopo era punire gli uomini,allora la terra gelava,distruggendo così ogni forma di raccolto,mentre nell'altra mano,si dice tenesse una coppa di vino,secondo alcuni,di birra,o di mosto secondo altri
Sucellus quindi,è principalmente associato all'agricoltura,e al buon sviluppo delle colture,ma secondo la tradizione,egli,associato a sua moglie,Nantosuelta rappresentava anche la prosperità e il focolare domestico.
Dal momento che Sucellus quindi era colui che stabiliva la buona o la cattiva riuscita dei raccolti,era una Divinità che i druidi tenevano in grande considerazione,poiché egli lo ritenevano l'equilibratore del pianeta,colui che,se avesse smesso di favorirli,lasciando la terra sterile,avrebbe recato gravi danni non solo a loro,ma al mondo intero,causandone la morte.
Il nome Sucellus viene fatto derivare dal prefisso “Su”, ovvero “buono, ottimo” e dal termine latino “percellere”, il cui significato è “sconvolgere, colpire, uccidere”; il cui significato diventa “ il buon picchiatore” o “colui che batte bene”.Sono ben 200 i ritrovamenti di sue rappresentazioni, sempre raffigurato come un uomo robusto, dalla capigliatura riccia e leonina, una folta barba che scende fino al possente petto.
Le sue caratteristiche sono palesemente solari, le sue raffigurazioni sono sempre accompagnate da svastiche, ruote solari, croci..Per alcuni studiosi egli è il Dio supremo dei Galli, il più grande di tutti, mentre per altri egli è il Dio al centro dei culti popolari, buono e onesto.
Tra i simboli che accompagnano le raffigurazioni di Sucellus compare anche la Z, simbolo del fulmine notturno; ad esempio la troviamo sulla statua di Visp, posizionato sotto il ginocchio sinistro.
Alcuni studiosi legano Sucellus al fulmine,poiché il rumore che egli provocava colpendo la terra col suo martello, ricordava il rumore del tuono.
A fronte di tutto questo, Sucellus rappresenta un Dio ancestrale che raggruppa all’interno di se vari elementi; esso è Dio solare, degli inferi, delle stagioni, della morte e della vita, così come della fertilità.
Esistono sei statuette bronzee ritrovate in diverse località della Svizzera (Losanna, Basilea, August, Visp, Pully e Genf) che mostrano coerentemente le stesse caratteristiche.
Sucellus è rappresentato con la solita capigliatura leonina, barba lunga, fisico possente; in tutte la rappresentazioni è vestito con una tunica a maniche lunghe che arriva fino al ginocchio; nella mano sinistra porta il classico martello dal lungo manico, mentre nella destra tiene una olla, oggetto a forma di vaso.
Molti sono gli indizi che testimonierebbero Sucellus come Dio solare; signore del ciclo della vita e della morte; in molte raffigurazioni su altari nei Pirenei, così come in Inghilterra, oltre ai consueti simboli solari è presente il tipico serpente con la testa di ariete, il quale si attorciglia o intorno all’altare, o intorno ad una quercia rappresentata affianco al Dio.
Ma il serpente con la testa di ariete non è l’unico animale che la mitologia celtica lega al mondo dei morti, anche il cane è spesso raffigurato al suo fianco e, ancora più esplicitamente, sul rilievo ormai distrutto di Oberseebach e di Varhely, viene raffigurato con un Cerbero, cane a tre teste guardiano degli inferi.
Secondo il calendario celtico,le celebrazioni in onore del Dio Sucellus si tengono il giorno 11 Novembre,tali celebrazioni consistono nell'accendere una candela e bruciare erbe di stagione,come la Salvia,e il Rosmarino,e ponendo sull'altare un'offerta d'uva.
TARANIS
Dio delle Tempeste e delle Acque
Taranis, Dio delle tempeste e delle acque, protettore della navigazione, i cui simboli erano il fulmine e la ruota.
Taranis è uno degli Dei principali dei celtici.
La divinità Taranis rappresenta il tuono o in sé il rumore che esso produce, per alcuni è conosciuto come il tuono, ispira la paura della distruzione in quanto il suo ruggito è associato con i danni causati dalle tempeste.
Il culto del dio Taranis divenne più popolare in regioni come la Gallia, l’Austria e la Gran Bretagna romana. Soprattutto in Austria, il loro culto continua ad essere praticato in province come Taranes, Taranus, Tarano, Tarna e Toraño.
Come è notevole il loro nome sono direttamente correlati nella loro origine con il dio Taranis.
Nella mitologia celtica il nome di questo dio celtico deriva dalla parola “Taran”, che per loro significa tuono. Immagine Essendo considerato un dio guerriero e protettore, appare nelle immagini come un uomo con la barba, a piedi o a cavallo.
Immagini più espressive di questa divinità aggiungono una ruota in una mano, come simbolo della ruota cosmica che controlla i giorni e le notti. D’altra parte una piccola asta che indica un piccolo fulmine, come il potere di provocare fulmini e tuoni in tempeste.
Rappresentazione del dio Taranis
Taranis de pie - Taranis
Questa divinità rappresentava per i suoi seguaci vari significati o la associava a vari eventi.
Per alcuni era conosciuto come il fulmine, cioè il significato attribuito ad esso dai suoni del tuono, così come la distruzione che accompagna le forti tempeste.
Il rumore del tuono era un avvertimento di una terribile tempesta che avrebbe causato danni alla popolazione.
Un altro significato attribuito a questa divinità è il rapporto con la luce e la ruota cosmica che controlla l’intero universo, gli dà il controllo di giorno e di notte e l’intero ciclo dell’universo.
Taranis posizione e il culto si trova all’interno della triade di dèi celtici accanto a Eus e Teutates. Questa mitologia si riferisce al fatto che i saggi dell’epoca, noti anche come classe sacerdotale e grandi filosofi, offrirono sacrifici a Taranis. I sacrifici dovevano ingraziarsi Dio e calmare la sua rabbia. Hanno usato persone che di solito erano prigionieri di guerra.
Durante i banchetti rituali che si tenevano a San Martino, si consumava anche maiale (oltre che per eliminare i capi in eccesso prima dell' inverno, per la sua valenza simbolica.
e poi si consumava carne d'Oca, castagne e vino
Il vino in particolare, quello novello della vendemmia settembrina, esce dalle cantine ed assume valore iniziatico: é la prima ubriacatura, quella che fa accettare i ragazzini nella società degli adulti.
13 Novembre
Manifestazione della Runa Nauthiz
Il 13 Novembre Inizia il mezzo mese di manifestazione della Runa Nauthiz, decimo glifo della ruota runica, che ci guiderà fino al 27 novembre. Nauthiz è il confronto con il dolore, quella sensazione di oppressione al petto che sentiamo nei momenti più difficili della nostra vita.
Questa Runa ci invita a scendere in profondità fino a toccare il fondo della nostra anima dove risiedono le paure che non vogliamo affrontare e ci invita a farlo per poter proseguire il viaggio
Nauthiz:
Ricerca, ma anche Bisogno, repressione, dolore.
Rappresenta un cambiamento repentino dovuto anche ad un’illuminazione o visione.
Dritta rappresenta una situazione difficile all’interno della quale potrebbero sorgere diversi mutamenti, sia in positivo che in negativo.
rovesciata consiglia un confronto con le nostre paure, e l'esame delle nostre reali motivazioni.
Questa runa rappresenta la maturazione delle idee e dei propositi o, della nascita, dell'attesa e del destino, che da i suoi frutti purché si abbia pazienza.
La runa Nauthiz è la metafora di colui che regge un fardello scomodo e pesante.
Essa evoca anche un senso di sopportazione - quantunque si sappia che è sbagliato - e dona la forza per accettare di buon grado la sofferenza rendendola produttiva nei limiti del possibile, pur se la speranza che giungano tempi migliore è molto ridotta.
Molte volte si desidera raggiungere un obiettivo (essere forti, o trovare la nostra strada nella vita) e tuttavia si ha un'idea sbagliata di questo obiettivo.
Nauthiz raccomanda di sperimentare la debolezza per imparare cosa significa essere forti, oppure di "perdersi" per scoprire qual è la vera strada, la runa consiglia di chiarirsi le idee e definire i propri desideri.
L'allegoria mitologica dell'Incubo.
La Runa Nauthiz è una runa fortemente legata al dolore. In Runemal è rappresentata dal dipinto "L'incubo" del pittore svizzero Johann Heinrich Füssli.
Il quadro, realizzato nel 1781, esprime il senso di oppressione al petto che viviamo quando siamo portati ad affrontare un dolore o una forte angoscia, concetto che ben si sposa con l'idea di incubo.
Nel quadro si vede una donna addormentata sulla quale siede un mostro (il peso dell'angoscia), mentre da dietro una tenda spunta il muso di una giumenta, ovvero l'incubo.
Perché l'incubo viene rappresentato da una cavalla?
La parola che in inglese indica l'incubo è "nightmare" formata da night (notte) e mare (cavallina). Quest'ultimo termine sembra essere legato alla parola "mara", che nella mitologia scandinava, germanica e slava indicava uno spirito femminile mandato a tormentare i dormienti.
Il termine mara sembra derivare dal proto-indoeuropeo mer- che significa "schiacciamento" o "calpestamento", entrambi con il senso di danneggiamento.
La Mara era solita cavalcare i cavalli - animali piuttosto cari alle tradizioni nordiche - cosa che nel tempo fece associare indissolubilmente la figura del cavallo a quella dell'incubo. Infatti in norvegese la parola che indica l'incubo è "mareritt", traducibile con "cavalcata".
Allo stesso modo, la Mara posata sul petto degli addormentati, era come se li cavalcasse, arruffandogli i capelli. Chi soffriva di "treccia polacca" (cioè quella condizione medica per cui i capelli diventavano appiccicosi e irreversibilmente aggrovigliati) si diceva che era stato cavalcato dalla Mara.
Sempre secondo le varie leggende, la Mara poteva cavalcare anche gli alberi, scompigliando le loro fronde: i pini sottodimensionati e contorti che crescono sulle rocce costiere svedesi vengono chiamati "martallar" cioé "pini della Mara", mentre in tedesco si chiamano "Alptraum-Kiefer", cioè "pini dell'incubo".
Novembre racchiude in se molti aspetti funebri che lo caratterizzano in un modo unico, e che si protraggono fino alla fine di esso.
Si dice che questo è il "Mese dei Morti" ma la maggior parte di noi tende a considerare il 2 novembre come la chiusura del ciclo infero. Invece non è così: Novembre è il mese della Morte della Natura e con lei si commemorano i trapassati, così come ci si sofferma nell'osservazione del nostro io interiore.
Il momento della stasi, del raccoglimento e dell'introspezione, e sarebbe un errore privarci dell'occasione di guardarci dentro e - in qualche modo - di guarirci. Solo così saremo davvero pronti al rinnovo solstiziale.
Ecco una panoramica europea e mediterranea, antica e moderna, che rispecchia quanto detto sinora, perché il sentimento novembrino è sempre stato - e sempre sarà - funereo in senso collettivo.
-3 novembre, si concludevano a Roma le feste funebri in onore di Osiride riportato in vita da Iside;
- il 5 novembre in Inghilterra ricorre il Guy Fawkes, i cui connotati si fusero con le parate del Samhain;
- il 7 si conclude la settimana dei morti nello Yukatan, con un fastoso banchetto;
- l'8 era il terzo e ultimo Mundus Patet, quando i morti potevano aggirarsi per l'Urbe e fare visita ai propri cari in vita;
- il 10 in epoca vittoriana, era consuetudine fare divinazione nella vigilia di San Martino, per capire come sarebbe andato l'anno successivo, proprio come nei rituali di Samhain;
- sempre il 10, nei paesi slavi, si festeggia Mokosh, la dea del fato, legata al mondo infero;
- l'11 è l'Estate di San Martino, le cui usanze tradiscono le origini legate ancora una volta al capodanno celtico;
- il 13 a Roma si festeggiava Feronia, una divinità legata sì alla fertilità, ma identificata con l'etrusca Cavatha, una dea infera;
- sempre intorno al 13 si celebrava la morte di Osiride, questa volta in Egitto;
- il 22 a Roma veniva celebrata la coppia infera di Plutone e Proserpina;
- il 25 entra il mese arboreo di Ruis, associato alla morte e alla dea Crona;
- il 27 entra il mezzo mese runico Isa, associato all'introspezione e, in senso lato, alla morte che il freddo può provocare;
- il 30 a Roma si celebrava Diana, in quanto Signora dei tre Regni, in particolar modo di quello infero;
- sempre intorno al 30, in Grecia, si celebrava Zeus e coloro che erano morti per la patria.
In quanto figli di questa Terra e dei suoi ritmi, non possiamo esimerci dal rispettarne le tappe, perché faremmo del male solo a noi stessi. E anche se dalle vetrine di un cinico commercio spuntano gli addobbi natalizi, provate a ignorarli e fare vostro questo prezioso momento di raccoglimento. Siate come il seme che proprio a novembre viene interrato affinché rimanga gestante nel buio sottosuolo e spunti solo quando sarà il suo momento.
Festa dei Morti:
Leggende, Curiosità, Usanze e Tradizioni in Italia e nel Mondo
La notte tra il 31 Ottobre (durante la quale si festeggia Halloween, (Samhain) , il 1° Novembre, (festa di ogni Santi, e il 2 Novembre ( giorno in cui si celebrano i Morti, infatti il 2 Novembre in maniera univoca è conosciuto e festeggiato come il Giorno dei Morti, la Festa dei morti) sono appunto i giorni dell’anno durante i quali il rapporto con L’Aldilà, con il Mondo dei Morti si fa più intenso, più sentito, si rende omaggio ai propri cari defunti, facendo loro visita, e lasciando sul luogo del loro eterno riposo doni in cibarie, bevande, molte volte vino, ma anche oggetti che gli erano appartenuti in vita, e che quindi, avevano per loro un valore prettamente affettivo, sulle tombe dei bambini ad esempio, si è solito lasciare i loro giocattoli preferiti.E sono anche giorni che hanno delle tradizioni e usanze ben precise, e che sopravvivono da tempo immemore.
Immaginiamo che oggi, per la prima volta, venga istituita la Festa dei morti. Probabilmente resteremmo perplessi dall’accostamento di due parole così antitetiche tra di loro. Cos’ha di festoso la morte? Sarà mica un’allegra riunione tra zombie pronti a sterminarci? Per fortuna la terra è salva e sappiamo che si tratta di una commemorazione in onore dei defunti, celebrata il 2 novembre.
Fu istituita ufficialmente nel 998 dalla Chiesa cattolica latina, dall’abate Sant’Odilone di Cluny.
Tuttavia, le sue origini sono ancora più remote e offuscate da molte leggende, poiché il culto dei morti è sin dai primordi un caposaldo di qualsiasi civiltà.
Pare riconducibile alla tradizione celtica della notte di Samhain: festività CELEBRATA APPUNTO DAI CELTI DURANTE LA NOTTE DEL 31 OTTOBRE E IL 1° NOVEMBRE, E DURANTE LA QUALE si tenevano riti di propiziazione e di fecondazione, si celebravano i Morti, poiché, proprio durante la notte del 31 Ottobre, la tradizione celtica vuole che, i confini tra il mondo dei vivi e quelli dei morti si assottigli a tal punto da permettere alle anime dei defunti di vagare indisturbati sul nostro piano dimensionale, di fare visita ai loro cari, i quali li accoglievano con banchetti e festeggiamenti. La stretta relazione tra quest’antica tradizione e le usanze odierne è evidente e sorprendente. I giorni sono gli stessi, l’idea di base pure.
La Festa dei morti è diffusa su scala mondiale ed ha caratteristiche proprie di zona in zona. Ci sono però due costanti imprescindibili e cioè : l’usanza di imbandire tavole con prodotti tipici e ovviamente, andare a recare omaggio ai propri morti nei cimiteri spesso, abbelliti per la circostanza.
In Italia molte sono le tradizioni, le usanze legate alla Festa Dei Morti, e quasi tutte pare siano di carattere culinario, cioè riguardanti il cibo.
Soprattutto nelle regioni centro-settentrionali del Bel Paese, i cibi prediletti sono dolcetti a base di fave, considerate per le lunghe radici un tramite con l’aldilà. Un’altra fantasia popolare ritiene che le loro macchie bianche e nere richiamino la lettera greca Tau, iniziale di Thanatos, cioè Morte
A Trieste ad esempio usano colorarle simbolicamente di Bianco (Nascita), Rosa (Vita) e Nero (Morte). Anche i veneti sono soliti colorare le fave, chiamate “Ossi di Morti”, regalate dagli amanti alle promesse spose.
In Liguria poi si preparano le Fave dette “Bacilli” e le Castagne Bollite Dette “Balletti”;
Tutte le fave e altre tipologie di frutta secca sono chiamate il “Bene dei Morti” e sono donate ai bambini che vanno bussando di casa in casa, rituale caratteristico anche in Sardegna.
Ciò ci porta ad una piccola riflessione che nega la paternità del famoso trick or treat agli americani; come si vede, in realtà questo costume era in voga da tempo nella tradizione nostrana. Lo stesso vale per le zucche intagliate tipiche dell’Abruzzo.
Ritornando sulle curiosità degli usi regionali italiani, sempre in Abruzzo si usa apparecchiare in maniera abbondante la tavola oltre che, accendere nelle case tanti lumini quante sono le anime dei propri defunti e posizionarli in vari posti dell'abitazione come ad esempio appesi alle finestre, ai piedi delle porte d'ingresso, lungo i marciapiedi e i viottoli. (Sia in Abruzzo che in Molise, non si piange di notte davanti al defunto. perché, a quanto si dice le lacrime appesantirebbero il suo trapasso all’altro mondo)
In Umbria è la volta dei dolcetti “Stinchetti dei Morti”, oltre che organizzare una fiera simboleggiante il ciclo della vita.
A Napoli, è usanza preparare IL TORRONE o come lo chiamano nella città partenopea “ ’O MUORTICIELLO”
A Roma la tradizione vuole che ci si rechi al cimitero, e che si pranzi accanto alla tomba del proprio caro defunto, come a tenergli compagnia. In più a Roma, così come in Sicilia, ai bambini vengono regalati dolciumi e giocattoli, di solito nascosti sotto il letto a mo’ di Babbo Natale, perché leggenda vuole che durante le loro visite i morti lascino dei doni. Altre consuetudini diffuse sono quelle di riunirsi per pregare e/o raccontarsi storie soprannaturali.
The Cemetery of Pere Lachaise, 1822 by John James Chalon
— con John J. Dunphy.
In Valle d’Aosta invece si è soliti preparare pietanze lasciate sui davanzali per i morti che verranno. È importante questo gesto, tanto che, secondo la tradizione, se non venisse portato a termine si dice, i morti farebbero alzare un forte vento, detto “Tzarivari”, che circonderebbe la casa;
In Piemonte, solitamente, si lascia per la cena un posto in più a tavola. In alcuni paesini dopo aver cenato, si era soliti recarsi al cimitero, in modo da lasciare al defunto la possibilità di ristorarsi;
In Lombardia invece si prepara la zucca scavata e piena di vino da mettere sul davanzale, si lascia il camino acceso ponendo le sedie attorno e si prepara il “Pan dei Morti” ossia dei biscottoni simili agli amaretti natalizi;
In Trentino le campane suonano per richiamare le anime. Dentro casa, viene lasciata una tavola apparecchiata e il focolare acceso per i defunti;
In Friuli è diffusa la credenza delle processioni notturne dei morti verso i santuari, in più, durante le prime luci dell’alba vengono intagliate le zucche a forma di teschio. Alcuni contadini friulani hanno l’abitudine di lasciare la sera di Ognissanti un lume acceso, un secchio di acqua e del pane sul tavolo;
In Emilia Romagna invece, il cibo da lasciare ai defunti viene scambiato di casa in casa, e se ne lascia anche ai poveri che vengono a bussare alle porte delle varie abitazioni;
In Toscana si usa preparare dei biscotti detti “Ossa di Morto”;
In Molise si prepara il “Convito” ossia una cena particolare dove il piatto principale sono delle lasagnette condite con verza;
In Calabria si era soliti lasciare la tavola imbandita, il dolce tipico si chiama “Dita degli Apostoli”;
In Puglia si preparano i Sasanelli che sono biscotti tipici di Gravina;
In Sicilia, a Palermo, si preparano i Frutti di Martorana che sono dolci caratteristici del 2 novembre come i Vincenzi a Catania e le Piparelle a Messina.
A questo punto vi chiederete: e nel resto del mondo?
Una delle tradizioni straniere più conosciute e suggestive è la messicana El dia de los muertos. I messicani non hanno una visione negativa della morte, ma la accettano come un evento naturale ineluttabile e per tanto da festeggiare come si fa con la vita. I cimiteri si abbelliscono a festa e c’è un tripudio di colori, fiori, danze e musiche. Ricorderete sicuramente, altrimenti recuperate, il film d’animazione Coco che ne restituisce esattamente lo spirito quasi carnevalesco.
Anche in Asia esiste la Festa dei morti con usanze simili, seppur in giorni diversi.
In India si celebra tra ottobre e novembre la festa delle luci (Diwali) in cui si accendono lampade per riportare in vita il sole morente. Qui si aggiunge anche la celebrazione della fratellanza per ricordare la nascita dell’umanità ad opera del dio della morte Yama e di sua sorella.
In Cina si chiama Quingming e ricorre ad aprile. Oltre ai costumi comuni un po’ dappertutto come la decorazione delle tombe, si fanno gare di aquiloni.
In Cambogia si festeggiano le prime due settimane di ottobre offrendo palle di riso ai morti per scongiurare le maledizioni che questi scaglierebbero in caso contrario.
Particolare è il costume giapponese di concludere la festa accendendo lampade su barchette di paglia abbandonate alle correnti fluviali.
Il fascino e l’ansia per l’ignoto non sono gli unici moventi della Festa dei morti, si aggiungono significati filosofici ed esistenziali. Entrano in gioco la voglia di esorcizzare la paura della morte e di addolcire l’amara pillola per la perdita di un caro. La nostalgia e il dolore si trasformano in una festa, in un’occasione per sentirsi ancora connessi con chi non c’è più, un’occasione per mostrare che i sentimenti sono eterni e anche un modo per dare coraggio a noi stessi. Vorremmo essere più messicani in questo. Che ne sarà di noi? È meglio credere nella possibilità di un’altra vita oppure pensare che tutto finisca una volta per tutte?
Mundus Patet
Questa era la seconda delle tre feste dedicate agli Dei inferi. Nel Comitium (accanto al Foro Romano) c'era un'apertura, una sorta di fossa detta mundus, che si credeva mettesse in comunicazione il mondo dei vivi con il mondo dei morti. Tale fossa aveva forma rotonda atta a ricordare l'utero terreno, ma anche la volta celeste, e veniva aperta tre volte l'anno (il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre). Infatti la frase "mundus patet" significa "la terra è aperta".
Mundus fa anche riferimento alla purificazione, tanto che in italiano abbiamo il verbo "mondare".
In questo giorno i Mani uscivano dal regno infero e giravano liberamente tra i vivi, perciò ogni attività ufficiale era caldamente sconsigliata, quando non proibita.
L'8 novembre poi, segnava l'ultimo Mundus Patet, ovvero l'ultimo giorno in cui il Mundus veniva aperto per mettere in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti.
Il Mundus era una cavità ipogea che si riteneva fosse l'accesso al mondo infero. Durante le tre giornate preposte (24 agosto, 5 ottobre e 8 novembre) veniva apero per permettere ai vivi di girivagare per la città e fare visita ai propri cari.
I Romani però, a differenza dei Celti, erano molto superstiziosi sull'argomento, perciò in questo giorno era sconsigliata qualsiasi attività non necessaria, come sposarsi, firmare accordi, ecc. Inoltre i templi rimanevano chiusi.
I cittadini portavano offerte al mundus durante la giornata e poi alla sera veniva chiuso fino al 24 agosto dell'anno successivo.
Novembre:
Novilunio in Scorpione.
Il novilunio è la fase più oscura della luna, a ricordarci che per tornare alla luce bisogna prima morire.
Non è un novilunio facile quello che nasce nel segno dello scorpione, porta a galla ciò che non è ancora stato risolto e soprattutto per i segni d'acqua cancro-pesci-scorpione può essere fonte di nervosismo e irritabilità.
Questo novilunio chiede ascolto e introspezione, non è un buon momento per prendere decisioni definitive visto anche Urano retrogrado congiunto a questa luna.
È più un momento di silenzio e meditazione, di profondità e guarigione.
Di purificazione profonda.
I sogni potrebbero essere forti e talvolta angosciosi, lì per mostrarci ciò che è ancora inconscio e che chiede di tornare in superficie per essere rilasciato.
Il cielo parla e noi dobbiamo allinearci ad esso.
Che questa luna nera ci dia l'occasione di ascoltarci in profondità e liberarci da ciò che ci appesantisce!
16 Novembre
Celebrazione in onore della Dea Ecate
Ecate
Dea della Magia.
Simbolo di vita, morte e rinascita.
“Celebro Ecate trivia
amabile protettrice dei crocevia
terrestre, marina e celeste
dal manto color croco
sepolcrale, baccheggiante con le anime dei morti
figlia di Crio.
Amante della solitudine superba dei cervi
notturna protettrice dei cani
regina invincibile
annunciata dal ruggito delle belve.
Imbattibile senza cintura
domatrice di tori.
Signora che custodisce le chiavi del cosmo
frequentatrice dei monti
guida
ninfa
nutrice dei giovani
della fanciulla che supplica di assistere ai sacri riti
benevola verso i suoi devoti sempre con animo gioioso.
Ecate la giovane e l’anziana, Ecate l’esploratrice della psiche, Ecate levatrice e accompagnatrice dei morti. Ecate la potente e la saggia, Ecate trivia, Ecate la multiforme.
Dea dei crocevia, Dea “dai molti nomi”, era detentrice di tutti i segni magici. Essa è contemporaneamente una e trina, in quanto riunisce in sé i tre aspetti, che sono stati visti da alcuni contemporanei come quello di fanciulla, di madre e di anziana (da cui il nome latino Trivia).
All'antica e misteriosa Dea era dedicato un culto molto radicato, che a partire dall'Oriente, sopravvisse alla cultura indo-europea, greca, e romana, giungendo in alcune varianti fino all'epoca moderna.
L'etimologia più diffusa del nome Ecate la fa derivare dall'equivalente femminile di Hekatos, un oscuro epiteto di Apollo (Ecate e Apollo erano spesso abbinati nei luoghi oracolari). E' stato tradotto in vari modi, come "che colpisce, che opera da lontano".
Secondo altri, il nome deriverebbe dal termine greco per "desiderio, volere", in riferimento al suo potere di realizzare i desideri dei mortali.
Per altri ancora il suo nome avrebbe la stessa radice della parola greca “cento”, termine che allude alle molte forme che lei può assumere: Ecate, discendente dei Titani, la “multiforme”.
Fra le dee mediterranee, colpisce la vicinanza del nome Ecate con quello della dea-levatrice egizia Heqit, Heket o Hekat.
L’anziana era la matriarca tribale dell’Egitto pre-dinastico ed era nota come una donna saggia. Heket era una dea dalla testa di rana che Ecate è connessa con lo stato embrionale, quando il seme morto si decompone e inizia a germinare. Levatrice che assiste ogni giorno alla nascita del Sole.
Da ultimo, sempre in ambito egizio, Heka era il termine per indicare la magia, legata al termine Ka, energia vitale, anima o spirito, per cui Heka era letteralmente il "rendere attivo il Ka".
Le origini
Antica dea legata alla fertilità e al ciclo della vita, Ecate entra quindi nel mondo greco e viene descritta come una dei Titani, sebbene le sue origini fossero antecedenti al pantheon olimpico.
Essendo esistita prima che le tre ondate di Ioni, Achei e Dori invadessero la Grecia, Ecate prese il suo posto tra le altre divinità pre-elleniche come Afrodite, Artemide, Atena, /Metis, Demetra, Persefone, Gaia, Era, Rea, eccetera.
La tradizione più antica la riconosce come una divinità pre-olimpica e ne fa la figlia di Erebo e Notte.
Fino a quando il suo collegamento alla fecondità non venne oscurato, si disse che era la madre di Circe o delle Tre Grazie. Nella Teogonia di Esiodo si afferma che Ecate era figlia dei due titani Perse ed Asteria, entrambi simboli della luce splendente. Esiodo la descrive come Regina delle Stelle, figlia della vergine madre Asteria (stellata) e destinata ad ereditare il trono di Regina del Cielo.
A riprova dell’alta considerazione che i greci avevano per le antiche origini di questa Dea, fu a lei riconosciuto un potere posseduto fino a quel momento solo da Zeus, cioè quello di concedere o vietare all'umanità la realizzazione dei desideri. Di fatto la documentazione che la riguarda è alquanto scarsa e nell'ambito della mitologia greca sono poche le interazioni che ebbe con le altre divinità e questo potrebbe avvalorare la tesi circa sue antichissime origini.
Iconografia tradizionale
Le prime rappresentazioni di Ecate sono singole e non triplici, mentre fin dai tempi antichi era legata ai crocevia, e ai trivi.
Pausania sosteneva che Ecate fosse stata dipinta per la prima volta nella forma triplice dallo scultore Alcamene durante il periodo greco classico, verso la fine del quinto secolo.
Alcuni ritratti classici, mostrano la dea in forma triplice mentre regge una torcia, una chiave e un serpente.
Altri continuano a rappresentarla in forma singola, spesso nell'atto di reggere una o due torce.
Negli scritti esoterici greci, di derivazione egiziana, con riferimento a Ermete Trismegisto, e nei papiri di magia della Tarda Antichità è descritta come una creatura a tre teste: una di cane, una di serpente e una di cavallo.
Un rilievo in marmo del IV secolo D.C. di Crannone in Tessaglia mostrava Ecate, in compagnia di un cane, mentre posa un serto sul capo di una cavalla.
La cagna è la sua compagna e il suo equivalente animale, e una delle forme più usuali di offerte a Ecate, era il lasciare della carne ai crocevia. A volte gli stessi cani le venivano sacrificati (un giusto accenno alle sue origini non elleniche, dato che i cani, insieme agli asini, raramente venivano tenuti in così alta considerazione negli antichi rituali greci).
Appellativi
Chtonia (Del mondo sotterraneo)
Antaia (Colei che incontra)
Apotropaia (Protettrice)
Enodia (La dea che appare sulla via)
Kourotrophos (Nutrice di fanciulli)
Propulaia/Propylaia (Colei che sta davanti alla porta)
Propolos (Colei che serve)
Phosphoros (Portatrice di luce)
Soteira (Sapiente)
Triodia/Trioditis (Che frequenta i crocicchi)
Klêidouchos (Che porta le chiavi)
Trimorphe (Triplice)
I Simboli di Ecate
Ecate custodisce e presiede i crocevia: qualunque incrocio, in particolare quello di incontro di tre vie.
Molte credenze e rituali di derivazione contadina approdano nella loro fase culminante proprio nei crocevia e ai trivi. Proprio in questi luoghi si portano le offerte in suo onore.
Poste agli incroci di tre strade, le statue di Ecate proteggevano i viandanti, aiutandoli a scegliere il percorso giusto e ad individuare i passaggi meno rischiosi. Ecco perché in alcune rappresentazioni Ecate ha addirittura tre teste, ognuna che guarda in una diversa direzione.
La cristianità ne ha fatto invece territorio diabolico dove vi si seppellivano i suicidi,e dove si diceva, si potesse incontrare il Diavolo. Il crocevia è, al contrario, un posto di concentrazione di energie: le strade, i cammini, i destini si incrociano e portano ad una scelta. Ecate è la dea delle scelte e della libertà di scelta.
La torcia è come abbiamo detto uno degli attributi fondamentali di Ecate, luce che illumina le tenebre, sapienza divina, essenza divina di luce. La torcia di Ecate serve a illuminare le anime nel loro passaggio dalla luce all'oscurità, ma anche ad accendere la scintilla della vita per farla uscire dalle tenebre. La coppia Apollo- Ecate presente in molti luoghi oracolari (es Sibilla Cumana) ci parla anche di due facce della luce, quella capolinea della luce diurna e quella interiore di Ecate notturna.
Il coltello appare in molte rappresentazioni di Ecate, forse associato al suo ruolo di levatrice (per tagliare il cordone ombelicale), ma è associato anche al suo ruolo di accompagnatrice nella morte, dove taglia i legami fra il corpo fisico e lo spirito.
Quello della chiave è un attributo significativo di Ecate guardiana delle soglie.
Hekate è “Colei che tiene la chiave” che controlla il passaggio dal mondo della superficie al mondo infero dell'Ade. Dal regno del conosciuto a quello dello sconosciuto. Ecate guida agli Inferi è anche la custode dei misteri, la sacerdotessa che trasmette i segreti della conoscenza.
Appartenente al mondo animale è il simbolo del serpente, associato all'idea del labirinto.
Il serpente è animale associato alla rigenerazione e al rinnovamento per il suo cambiare pelle.
Nel cosi-detto Oracolo caldeo, edito ad Alessandria, la Dea era associata al simbolo noto come ruota di Ecate, con forme serpentine che disegnano una figura labirintica a tre direzioni.
Triplicità, vita morte e rinascita, rinnovamento e altri dei suoi significati sono racchiusi in questo simbolo.
Il cane è invece simbolo dell’Oltretomba, antica guida per i morti.
Le apparizioni o la presenza di Ecate ai crocevia era manifestata proprio dai latrati lontani dei cani. Numerosi sono i simboli che condivide con la figura di Cerbero, custode dell’Ade.
Altri animali simbolo di Ecate sono i cavalli e i gatti neri, mentre la civetta è sua messaggera, e un dragone colui che traina il suo carro.
Per gli antichi greci le divinità femminili associate alla Luna erano principalmente tre: Selene (la luna piena), Artemide (la luna nuova) ed Ecate (la luna calante), in seguito riprese dalla civiltà romana, con i nomi di Luna, Diana ed Ecate .
Ella sarebbe la rappresentazione di uno dei tre aspetti della madre terra, Demetra, che annoverava anche la vergine Persefone e la saggia, ed Ecate, lo stadio finale della crescita di ogni donna. In virtù della sua natura trina, viene vista anche come dea del tempo e del destino, affine alle Parche e alle Moire, per la sua capacità di guardare al passato, al presente e al futuro.
Sempre tre sarebbero i mondi cui appartiene, essendo in grado di attraversare liberamente il mondo degli Inferi, quello degli uomini e quello degli Dei.
La Luna Calante
Ecate è vista come rappresentante della fase calante della luna, ci reca l'immagine della donna nell'età che coincide con la menopausa e la post-menopausa. Un tempo che contiene in sé la fanciulla e la madre, ma che di esse non conserva più gli obblighi, solo i doni. Contrariamente a quanto si pensa delle donne anziane, questa è una fase della vita in cui vi è saggezza, capacità introspettiva, ma anche indipendenza, potere sessuale e creativo.
L’anziana è l’agente del cambiamento e della trasformazione, poiché l’aver vissuto la pienezza della vita le permette di abbandonarsi all'oscurità e alla trasformazione, accogliendo il mistero della morte.
Così cita lo scrittore latino Ovidio, nei “Fasti”:
“…le facce di Ecate si volgono verso tre parti, perché guarda i crocevia che si dividono in tre strade…”
Ecate è rappresentata triforme anche perché è la Regina dei Tre Regni, cielo, terra e mare. Ma c'è di più: Lei è al centro dei tre mondi, il mondo sensibile, il mondo etereo, il mondo intuibile. E ancora, è detta Trioditis o Trivia ed è rappresentata con tre corpi perché tre sono i destini dell'anima umana secondo i Suoi insegnamenti: il Giardino, dove la Dea danza selvaggiamente e si inebria di gioia con i morti meritevoli, la reincarnazione in un essere umano o il Tartaro, il mondo di luce opaca.
I suoi poteri
Come abbiamo visto, già nel nome Ecate è profondamente connessa all'idea di potere, potere magico.
Le parole di potere’ (o incantesimi) sono collegate ad Ecate: il termine egiziano ‘heka’, ciò che rende attivo il ka, indica il dare voce a un intento, in modo che gli effetti si manifestino immediatamente dopo che esso ha lasciato le labbra di chi lo esprime. La magia della volontà, della volontà che si esprime e crea.
Nonostante le sue rare apparizioni nell'ambito dell’Olimpo, Ecate mantenne il dominio su cielo, terra e mondo sotterraneo, nonché il ruolo di custode della ricchezza e delle benedizioni della vita. Come abbiamo visto Zeus stesso non osò destituirla, sebbene il potere di Ecate fosse rimasto grande quanto-se non più- del suo. Anzi la onorò al punto di concederle l’antico potere di donare o negare ai mortali i loro desideri appunto.
Tra i suoi attributi riconosciamo anche l’onniscienza, in quanto conosce passato presente e futuro di ognuno, e in virtù di ciò simboleggia il collegamento fra le vite passate e quelle che dovranno venire.
Viene infatti rappresentata con un libro in una mano ed una torcia nell' altra, a indicarne la profonda conoscenza e saggezza ed il suo ruolo di guida nell'oscurità.
Ella, come già detto, è connessa al il concetto di morte e rigenerazione. E’ suo compito infatti accompagnare le anime nel regno dei morti, o dal regno dei morti condurle alla vita, e sin dalla nascita illumina la strada nell'oscurità, dunque rappresenta anche il coraggio di avventurarci dove non conosciamo la strada, il coraggio di andare oltre i nostri limiti.
Ecate, quindi, è il collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti, che unisce tenebre e luce. Il buio è anche ciò che per noi è ignoto, l’inconscio, quanto nella nostra vita è nascosto ma presente. Ecate è la torcia che fa luce in questo reame sconfinato che spesso neghiamo, o forse non riconosciamo, di avere. La sua funzione è di guida, illuminazione e libertà. In tal senso, è simile a Virgilio: accompagnatrice saggia, ella ha la funzione di indicare le vie dei regni inferi, e di illuminare.
Ecate è anche esperta nelle arti della divinazione. Ella dona agli umani i sogni e visioni che, se interpretati saggiamente, portano a grande chiarezza. Come abbiamo già accennato, era una delle dee legate agli oracoli delle Sibille.
La Dea delle ombre
Per il mito, Ecate è parente ed antenata di Circe la quale, a sua volta, lo è di Medea: tre generazioni di maghe che rappresentano gli aspetti ambivalenti del femminino oscuro, dalla conoscenza del mistero della vita alla magia che manipola e costringe, animata dal desiderio di potere e di vendetta.
A conoscenza delle leggi del mondo delle ombre, Ecate, Circe e Medea incarnano anche l’archetipo della Prima Donna, della Grande Dea alla quale ci si rivolgeva con fiducia ma, più spesso, con spavento poiché Ella poteva donare o riprendere la vita.
Ad Ecate “dei tre volti”, dalla chioma serpentina, veniva attribuita proprio quest’aura terrificante dagli Gnostici cristiani e dai neoplatonici che la collocavano nel terzo livello della gerarchia demoniaca femminile con ventisette demoni ai suoi ordini, come ventisette sono i giorni del mese lunare.
Ecate triforme veniva onorata con un simulacro formato da tre maschere con riti mensili di purificazione detti “Banchetti di Ecate” in cui si servivano simbolicamente carne di cane ed uova: proprio nelle uova, secondo la tradizione, passava ogni impurità che poteva essere eliminata nel ventre di Ecate, quale divinità delle potenze del sottosuolo.
Si narrava che la terribile Dea si aggirasse di notte con i suoi feroci cani portando i viandanti fuori strada dopo incontri impressionanti con demoni che abitavano il cosiddetto “recesso di Ecate”, una profonda concavità della Luna nella quale, secondo Plutarco, le anime pagavano il fio delle loro colpe prima di morire e diventare demoni che, però, non sempre agivano come spiriti maligni potendo anche diventare di valido aiuto per i viventi.
Per Plutarco, Ecate è la Regina dei Demoni e dei Fantasmi, che portava morte, distruzione e terrore.
Ma, come Dea della Notte, possedeva anche il dono della magia, della comprensione e dell’ispirazione inviando “visioni notturne”. Quale Regina degli Inferi, infatti, era la padrona di tutto ciò che vive nelle zone nascoste della psiche e dell’inconscio.
Ecate, che ai tempi di Omero aveva ancora il “diadema luminoso” e la “mente candida” prima di assumere un’aura tenebrosa, era ritenuta in origine, con le sue tre teste di cane, leone e cavallo, simbolo della primitiva tripartizione dell’anno in tre stagioni.
Ecate, guardiana del cancello tra la vita e la morte.
Questa figura ci chiama a creare una vita radicalmente nuova a partire dal corpo della vita precedente, si pone al punto di transizione fra uno stato e un altro.
Dea di vita, morte e rinascita, si connette agli elementi primordiali della vita umana: è anfibia, umida, vulnerabile. E’ una creatrice parto-genetica, che sovrintende ai misteri ed ai riti relativi alla nascita, alla morte ed alla rinascita. Dalle sue gambe aperte fluiscono perle di vita.
Protettrice delle donne, e come già accennato, levatrice alla nascita di tutte le cinque grandi divinità del pantheon di Osiride, Ecate sta alla soglia della trasformazione. I cicli di incarnazione e liberazione, la processione delle nascite, delle morti e delle rinascite erano di sua competenza. In numerosi siti archeologici in Grecia, a Roma e nell'Egitto ellenizzato, sono state ritrovate lampade di terracotta dipinte con il sigillo della rana, e portanti l’iscrizione ‘Io sono la resurrezione’.
La triplice Dea dal potere supremo è stata poco a poco confinata nel regno delle ombre e della stregoneria, tramutata in vecchia e venerata quasi esclusivamente dalle temutissime “Streghe tessaliche”.
Per come già prima si è detto, a lei sola, oltre a Zeus, era riconosciuto il potere di concedere o vietare all’umanità l’appagamento dei desideri e di regolare, come Dea-Luna, le nascite di uomini, animali e piante. Un ruolo importantissimo, che però, con il passare del tempo, è stato ridimensionato: un potere così grande sulla Natura detenuto da una divinità femminile rischiava forse di fare troppa ombra ad un patriarcato ormai imperante sia nella società umana che, come riflesso, sull'Olimpo
Tale processo storico, cominciato nell'antica Grecia, continuato a Roma e poi perfezionato con il Cristianesimo istituzionalizzato, ha voluto trasformare la primordiale Dea-donna in un’entità infernale. Ormai la Dea dall'aspetto più misterioso della Luna, quella velata che si cela per morire e poi rinascere alla luce, era diventata, nell'immaginario collettivo, la Regina delle Streghe, colei che preparava filtri letali in quel paiolo di rame che, in realtà, è la lontana memoria dell’arcaico recipiente materno della fecondità e della rinascita. La Luna Vegliarda, simboleggiata dalla saggia e potente Ecate, è stata tramutata in una vecchia strega vestita di nero, con un nero cappellaccio, emblema del suo aspetto notturno e tenebroso, ed a cavallo d’una scopa.
Scrive Maria di Rienzo: "A livello simbolico si può dire che la corrente del fiume la trascinò ancor più lontana da ciò che era stata. Dei tre regni, le fu lasciato il mondo sotterraneo, dove divenne l’oscura e supremamente malevola signora della notte. Svilita e maledetta, accompagnata solo da gufi e cani neri, ispiratrice di ogni malvagità e blasfemia. I funzionari dell’Inquisizione la menzionavano ai torturati come appartenente alle legioni del Male
Ecate, le streghe e il mito della Befana
A proposito della scopa, ricordiamo che Ecate è la dea del pioppo nero e del salice: nel Nord Europa il legame del salice con le streghe è così stretto che la parola witch (“strega”) deriva dallo stesso nome che anticamente designava il salice, da cui deriva anche wicker (“vimine”), ed infatti tradizionalmente la scopa delle streghe inglesi è fatta ancor oggi con legacci di vimine in onore a Ecate.
La grande Madre Lunare mediterranea, che per i Celti era la Matres Trivia, è diventata dunque una temibile megera, la vecchia “Nonna del Diavolo”, quella stessa che nella tradizione popolare germanica d’origine celtica assume diversi nomi: la “Nonna”, cioè Grossmütter per contrazione verbale di Grosse Mütter (“Grande Madre”); o, nella Germania del Nord, la Frau Holde, una brutta strega cattiva che, nelle notti fra il Natale e l’Epifania, vaga con una frotta di demoni disturbatori; o, invece, nella Germania del Sud, Frau Bertha (da berth, “chiaro, lucente”), un’anziana donna portatrice di doni nella notte dell’Epifania. La Regina delle Streghe e la Ecate bonaria che, nella Teogonia di Esiodo, “…largo favore ed aiuto concede a chi essa vuole … nutrice di giovani a lei fedeli…”, si sono unite per creare, oltre che la Frau Bertha germanica, la popolare Befana, dispensatrice di regali per i bimbi buoni (i “giovani a lei fedeli”) volando su di una scopa nella notte dell’Epifania.
Nell'antica Grecia, le feste più importanti in onore di Ecate si svolgevano il 13 agosto e il 30 novembre - nel tempo dell'estate e nel tempo dell'inverno che giunge - probabilmente nel cuore della notte, in genere presso uno di quei crocevia da lei presieduti. Si accendevano fuochi e si celebrava la Dea con un banchetto. Anche il 16 novembre era a lei dedicato: in quell'occasione si portavano offerte di cibo ai crocevia.
Altri momenti sacri a Ecate erano le notti di luna nuova.
Ecate ci accompagna in molti passaggi della vita, ma la sua valenza di guida nei regni oscuri e di levatrice di una nuova nascita si presta in particolare per le donne di oggi a diventare un riferimento nel tempo importantissimo della menopausa.
Accostati a me
divina signora.
Selene dai tre volti
regina che porti la luce a noi mortali
tu che chiami dalla notte.
Faccia di toro
amante della solitudine
dea dei crocevia
Sii pietosa con me che t’invoco
ascolta gentile le mie preghiere
tu che regni di notte sovra il mondo intero.
Come risulta evidente, Ecate è stata interpretata come figura triadica in relazione alla Luna e, in particolare, al ciclo delle sue fasi (nascente, crescente e calante), oppure, similmente, nella sua rappresentazione antropomorfa, come fanciulla, donna e vecchia. Si consideri come essa venga sempre al concetto della metamorfosi o trasformazione riguardo al trascorrere del tempo o meglio ancora in relazione al compiersi di un percorso circolare, che dalla nascita porta alla morte e viceversa, attraverso la rigenerazione e la resurrezione.
Per concludere il discorso su Ecate triforme, procediamo ad un’analisi degli elementi simbolici più frequentemente descritti come suoi attributi tipici nella veste triadica.
Il Cane
Ecate, nella sua veste infernale si presenta – come già evidenziato in precedenza – sotto forma canina. Il cane è un animale associato al mondo ctonio, basti pensare al già citato Cerbero, guardiano dei cancelli dell’oltretomba. Poiché lo si considera una guida fedele durante la vita terrena, il cane veniva sacrificato ai defunti per accompagnarli nel viaggio ULTRATERRENO.
In relazione al mondo dei morti nella sua connotazione terrifica, il cane viene associato ai demoni infernali e quindi al dominio diabolico e stregonesco. Ricordiamo a tal proposito i cani-demoni che fanno da corteggio a Ecate nelle sue apparizioni: latravit hecates turba, testimonia Seneca in Oedipus, 568. Questi cani sono neri, altro colore associato alla notte, alla morte, al mondo infernale e ad Ecate, spesso identificata e nominata come Luna nera.
Il Cavallo
Nonostante rappresenti la forza e la vitalità, anche questo animale viene posto in relazione col regno dei defunti. Esso è caricato di una forte ambiguità simbolica: è emblema solare se traina il carro di Apollo, ma evoca la morte come cavalcatura dei cavalieri dell’Apocalisse. Viene associato anche alla magia e gli si attribuiscono facoltà divinatorie e profetiche, soprattutto in epoca medievale. In ogni caso, esso è collegato all’idea di ascesi in particolare nella sua rappresentazione alata (Pegaso), quindi ben si adatta all’aspetto celeste della dea triforme.
Il Leone ed Il Serpente
Come si è già accennato, alcune fonti tradizionali attribuiscono alla forma terrestre di Ecate un aspetto di leone o di serpente.
Il leone si associa al sole e alla forza. Al di là della sua tradizionale connotazione simbolica, qui basti sottolineare che esso viene spesso rappresentato come figura tutelare porte.
Il Serpente si collega, invece, alla morte e al mondo infernale per la sua abitudine a nascondersi in luoghi sotterranei; d’altronde esso può avere una connotazione positiva in associazione alla vita, ma soprattutto alla resurrezione. Si consideri, infatti, la sua capacità di rigenerarsi dopo la muta. Pertanto, esso rappresenta la fede nella rinascita che, come abbiamo detto, è uno degli attributi simbolici più forti e pregnanti della Ecate triforme terrestre. Inoltre, si pensi alla figura dell’uroboros, il proverbiale “serpente che si morde la coda”, simbolo del trascorrere ciclico del tempo in un eterno ritorno. Nella simbologia alchemica, inoltre, esso è anche legato all’idea di raffinazione e perfezionamento delle sostanze: a un processo di purificazione che, di nuovo, ci riporta all’idea di ascesi, che appartiene al contesto simbolico dell’Ecate celeste.
I Dardi Dorati e le Torce Accese
Così come la nostra Ecate, anche altre divinità a lei assimilabili o associate (Apollo, Artemide/Diana ed Eros) erano dotate di frecce, le quali rappresentavano un’arma offensiva e un tratto distintivo allo stesso tempo. La freccia, per le sue caratteristiche di velocità folgorante e aggressività distruttiva, può essere associata al fulmine, simbolo dell’illuminazione divina e dell’energia vitale. Essere colpiti dal fulmine (così come dal dardo di eros, ad es.) corrisponde a un cambiamento di status, o significa ricevere una segnatura divina, un segno di elezione. Pertanto, i dardi dorati di Ecate, anche per il colore e la luminosità, possono essere associati simbolicamente alle torce accese che essa tiene in mano e, quindi, a quel suo aspetto celeste che si cercherà di evidenziare meglio nelle pagine successive.
Nel fondamentale sistema dualistico che contrappone luce e tenebre, Ecate riveste senz’altro entrambi i ruoli, ma rappresenta, fondamentalmente, colei che illumina, seppur nelle tenebre. Ecate lunare, infatti, simboleggia l’illuminazione ottenuta attraverso la speculazione, tramite un ciclo che dal principio originario (oscuro, indistinto) porta all’armonia spirituale (simbolicamente connessa alla luce in diverse tradizioni) attraverso un’evoluzione ascensionale.
Il Ramoscello d’Ulivo
L’ulivo è universalmente noto come simbolo di vittoria e trionfo e, conseguentemente, di pace. Esso rappresenta comunque l’elezione, in relazione al sacro. Il crisma, ossia l’olio d’oliva viene spesso utilizzato nei riti di purificazione e nelle cerimonie iniziatiche (alle quali Ecate presiede per definizione): basti pensare, ad es., al battesimo cristiano. Lo stesso Cristo è l' Unto del Signore”, ossia colui che è segnato dal Crisma, appunto.
Il Papavero e il Cesto di Frumento
Entrambi questi elementi richiamano senz’altro la figura di Demeter-Kore/Ceres/Cibele, divinità sincretica dal nome diverso a seconda dell’origine (greca, romana, anatolica), con cui Ecate è collegata dal mitico racconto omerico cui si è già accennato in precedenza, in relazione al ratto di Proserpina, figlia di Demetra, di cui la dea notturna è testimone.
I Sandali Dorati (o Bronzei)
I sandali rappresentano metonimicamente il cammino di Ecate/Luna in cielo, mentre il loro colore (cangiante a seconda delle fasi lunari) simboleggia il variante splendore dell’astro nel corso del suo ciclo mensile.
La luna
L’astro notturno è ricchissimo di implicazioni simboliche, che qui si cercherà di esaminare in relazione alla figura di Ecate. Come più volte sottolineato, la dea è associata al concetto della trasformazione ciclica, ben rappresentata dalle fasi lunari. La luna cresce fino al plenilunio, per poi declinare fino alla fase della cosiddetta “Luna nera” (novilunio), per poi risorgere nuovamente dopo tre giorni di eclissi. L’eclissi è totale nel momento dell’opposizione esatta col sole; se invece avviene una congiunzione perfetta c’è l’eclissi solare. Le fasi lunari corrispondono simboliccamente alla nascita, la crescita, la morte e la resurrezione. Perciò la luna si associa ai fenomeni generativi che essa effettivamente influenza (basti pensare al suo influsso sul mondo vegetale), al divenire, all’aldilà e, più in generale, alle idee di ciclo, dualismo, polarità, opposizione ma anche complexio oppositorum.
Nella notte del novilunio essa scompare, con la promessa di una prossima rinascita. L’oscurazione dell’astro è stata spesso rappresentata da un ratto, un’uccisione, ma allo stesso tempo anche dall’unione delle “nozze celesti”. Questa unione, che avviene al culmine del ciclo lunare, è un’unione incestuosa, dal momento che sole e luna sono stati variamente interpretati come padre e figlia o fratello e sorella, a seconda delle diverse tradizioni mitiche.
In ogni caso essa contiene le due facce della stessa medaglia: gli opposti speculari e complementari. La conciliazione, che avviene nel momento della congiunzione, richiede comunque un sacrificio, un martirologio, una morte simbolica.
La Notte è La Luna
La luna è astro notturno per eccellenza e condivide con la notte le medesime valenze simboliche. Le notte è collegata all’idea dell’oscurità, del caos primordiale e, quindi, anche al grembo della madre protettrice, perciò alla generazione. Al contrario, essa si associa a Thanatos, divenendo pertanto il regno degli spiriti e dei fantasmi. Ancora, la medesima connotazione simbolica ci riporta alle idee di ciclo e vicenda vita-morte. Ma la notte non è solo dominio di Thanatos: lo è anche di Eros. Nyx è, infatti, anche la madre dei sogni e dei piaceri amorosi. In ogni caso il suo aspetto è conturbante, tanto che, stando al mito, persino Zeus ne aveva timore. Le stesse sembianze di Ecate vengono descritte ambiguamente, ora come bellissime e splendenti, ora come orride e terrificanti: in ogni caso il suo aspetto si ammanta di mistero, come tutto ciò che è avvolto dal velo oscuro della notte.
L' Erbario Magico e Rituale di Ecate
Le Erbe Portentose
Come si è già accennato, nei documenti letterari – soprattutto della latinità classica – il nome di Ecate si associa al mondo magico, soprattutto in relazione a scene di evocazioni negromantiche e di rituali di magia amatoria. Specialmente nel secondo caso, la dea è invocata a sostegno degli incantesimi per creare o mantenere un legamento d’amore. Spesso, la recitazione della formula si accompagna alla preparazione di pozioni o filtri da far bere all’oggetto dell’incantesimo, e gli ingredienti della bevanda, tipici della farmacopea magica, sono caricati di un alto valore simbolico. Secondo la tradizione, nelle dimore sotterranee di Ecate, è presente un giardino segreto dove le sue sacerdotesse, Circe e Medea raccolgono queste piante dai meravigliosi effetti. Ovidio annovera tra queste l’aconito, citato esplicitamente come “erba di Ecate”. La leggenda narra che questa erba fosse stata generata dalle bave di Cerbero (il mitico cane a tre teste, guardiano delle porte infernali), mentre Ercole lo trascinava fuori dall’Ade; un’altra tradizione lo fa nascere dal sangue di Prometeo lacerato dall’aquila. Nella farmacopea popolare esso porta il nome di “erba del Diavolo” ed è quindi associato al mondo infernale e pertanto legato alla stregoneria.
Tra le erbe di Ecate troviamo anche il ciclamino, detto appunto “pianta di Ecate” e, ancora, “fiore del diavolo”.
C’è poi il croco, fiore infero, collegato alla sfera ctonia e funeraria. Fin dall’epoca micenea, esso veniva impiegato per utilizzi sacri, come ci è testimoniato da Stazio, che documenta l’uso di bruciarlo nei roghi di persone importanti.
Riguardo al suo uso sacrale, c’è da ricordare infine l’associazione del croco al culto di Artemide e di Apollo (entità che, come abbiamo già sottolineato, erano in stretta relazione simbolica con Ecate), di cui adornava gli altari durante i riti celebrati in onore a Cirene. Qui è importante, tuttavia, mettere in evidenza il suo legame con la sfera ctonia e con la morte o, per meglio dire, lo stretto rapporto terra – morte- vegetale, tipico delle culture agrarie. La stessa origine mitica del crocus sativussi ricollega alla sfera semantica della morte: secondo la tradizione più accreditata, esso è nato dal sangue di Krokos, “l’eroe del Croco”, ucciso involontariamente da Hermes mentre giocava al disco. A conferma di quanto appena detto, esso si associa anche a un culto tombale che aveva luogo nel corso dei misteri eleusini.
Un altro vegetale denominato a livello popolare come “pianta di Ecate” è la mandragora, detta anche “pianta del diavolo” elemento essenziale nelle pozioni magiche, consacrato alle forze infernali e caricato di un immenso potere simbolico: la sua radice ramificata ricorda una figura umana. Essa perciò sembra portare la segnatura dell'”uomo totale” e pertanto viene ritenuta una vera e propria panacea. Inoltre, essa contiene alcune componenti tossiche e allucinogene, trovando largo utilizzo nei rituali magici e nel sabba stregonesco. Anche per la sua estrazione è necessario seguire puntualmente delle precise prescrizioni rituali: la radice va estratta alla luce del tramonto, rivolti verso il sole, dopo averle tracciato attorno tre cerchi magici con una spada di ferro mai utilizzata.
Per concludere la rassegna delle sostanze vegetali associabili a Ecate nella sua veste “magica”, possiamo citare la verbena, detta popolarmente “erba della crocevia”: infatti, essa veniva appesa a scopo difensivo-apotropaico, in forma di croce, sulle porte e nei crocicchi. Inoltre, la stessa pianta odorosa era impiegata di sovente, assieme all’incenso, nelle fumigazioni magiche.
17 Novembre si Celebra il Gatto nero.
Le leggende sul gatto nero
Numerose leggende circondano i gatti, ma quello che più ne ha fatto le spese è il gatto nero.
Animale affascinante e misterioso, con il suo manto scuro ha solleticato la fantasia in tutte le epoche, guadagnandosi purtroppo la fama di gatto che porta sfortuna.
Ma come è nata questa leggenda che circonda il gatto nero?
È nell’età oscura del Medioevo che il gatto nero si circonda di questa fama negativa, quando il fervore cristiano arrivava a superare il buonsenso.
La caccia alle streghe imperversava ed il gatto nero era associato ad esse, si diceva che il diavolo ne prendesse le sembianze.
In realtà, i gatti venivano adorati fin nella antichità, pensiamo agli antichi egizi che adoravano la dea Bastet, dalle sembianze feline, protettrice della casa e del focolare domestico.
I culti pagani venivano perseguitati durante il Medioevo, per cui il gatto, specie il gatto nero, veniva additato delle peggiori colpe, associato al diavolo e alle streghe.
Spesso a prendersi cura dei gatti erano delle vecchie signore, per questo spesso finivano assieme a loro sul rogo.Addirittura papa Gregorio IX, nel 1233, emanò la bolla Vox in Roma, in cui condannava il gatto nero proprio come incarnazione di Satana.
Le donne che curavano gatti neri finivano automaticamente bruciate vive assieme ai loro gatti, che furono sterminati e scomunicati. Inoltre il gatto nero, sfortuna sua, con il suo manto scuro non è ben visibile al buio, e suscitava timore.
La superstizione più diffusa sul gatto nero, e cioè quella per cui si crede che se un gatto nero attraversa la strada porta sfortuna deriva proprio da questo: in tempi passati, quando ancora si viaggiava sulle carrozze, un gatto nero in mezzo alla strada poteva spaventare i cavalli e far rovesciare l’intera carrozza.
Un altro motivo per cui si è diffusa la credenza che il gatto nero porti sfortuna è che un tempo nelle navi dei pirati venivano imbarcati dei gatti neri per tenere lontani i topi, per cui se si vedevano dei gatti neri nei porti, significa che erano attraccati i pirati e la città era in pericolo.
Una serie di superstizioni del tutto infondate, quindi, che hanno dato vita difficile al gatto, ma anche a tutti i gatti in generale, che quasi si estinsero dopo il Medioevo.
Si pensa che una delle cause delle pesti dell’epoca fosse appunto la quasi sparizione dei gatti, perseguitati fino ad all’ora, anche se necessari per cacciare i topi, portatori della malattia.
Per sensibilizzare contro le superstizioni che ruotano attorno al gatto nero, l’Aidaa (Associazione Italiana Difesa Animali & Ambiente), ha creato il Gatto Nero Day, che si svolge ogni anno il 17 novembre, giorno simbolico, considerato anch’esso portatore di sventura.
In realtà in alcuni paese il gatto nero è considerato un porta fortuna.
Secondo una leggenda anglosassone, un tale di nome Mr. Whittington, povero in canna, con l’unico penny che aveva acquistò un gatto nero. Il gatto si rivelò abilissimo cacciatore di topi,
tanto che ripulì anche il palazzo del Re dai roditori, ed egli, scoprendo di chi era il gatto, riempì Mr. Whittington di ricchezze.
Quindi chiedetevi se secondo voi il gatto nero porta davvero sfortuna, oppure se sia solo un fattore culturale che ci porta a pensarla in un certo modo…
Gatto nero: storia della superstizione (e perché invece porta fortuna!)
Il gatto nero è uno dei felini più eleganti al mondo, ma spesso è vittima di superstizioni e leggende che a volte, finiscono per mettere a repentaglio la loro vita. Scopriamo qualcosa in più di questo splendido animale e soprattutto il perché non porta affatto sfortuna!
Il gatto nero è un felino molto tenero e dall’indole buona, eppure sono tanti quelli che continuano a credere che averne uno in casa o vederne uno che attraversa la strada, porti sciagura e disgrazia. Le superstizioni legate al gatto nero sono tantissime, ma prima di raccontarle, scopriamo qualcosa in più su questo animale.
Gatto nero: aspetto e dimensioni
Il gatto nero, come dice la denominazione spessa, è caratterizzato da una pelo tutto nero, anche se a volte alcune zone del corpo possono essere marrone scuro o bruno rossastro. Queste sfumature che di solito sono più visibili nell’addome, vengono messe in risalto dalla luce del sole.
Altrettanto affascinanti sono gli occhi che di solito sono gialli o di un colore molto simile all’ambra, ciò è dovuto all’alta concentrazione di pigmento di melanina.
Gatto nero: carattere
Come dicevamo, al contrario di ciò che spesso si crede, il gatto nero ha un buon carattere: educato, fedele e soprattutto molto predisposto a socializzare. Tuttavia, la sua indole è quella di uno spirito libero, per cui appena può ama gironzolare da solo e rimanere per ore e ore a contatto con la natura.Secondo alcuni esperti del comportamento felino ci sono delle differenze tra gatto nero femmina e maschio. Le femmine sarebbero più irascibili, mentre i maschi più tranquilli e sornioni. Ma in generale, vengono considerati come dei felini leali e poco propensi all’aggressività verso i propri simili. Insomma, hanno una cattiva reputazione, ma al contrario sono dolci, prudenti e amano essere coccolati.
Gatto nero e superstizione nel mondo
Dopo aver raccontato qualcosa in più del bellissimo gatto nero, vediamo adesso il perché è da sempre vittima di superstizioni e leggende. Partiamo da una domanda: il gatto nero porta fortuna o sfortuna?
Intanto diciamo che i paesi in cui si crede che il gatto nero porti sfortuna sono tra gli altri, gli Stati Uniti, la Spagna e l’Italia, mentre in paesi come la Scozia, il Giappone e l’Inghilterra, tanto per citare alcuni esempi, il gatto nero è simbolo di fortuna e si pensa che averne uno in casa significhi prosperità. Non dimentichiamo poi che nei paesi anglosassoni il gatto nero veniva addirittura tenuto sulle imbarcazioni per propiziare protezione in mare.
Ancora, in Germania se un gatto nero attraversa la strada da destra a sinistra in genere si pensa porti sfortuna; al contrario, da sinistra a destra, porterà fortuna. In Cina in tanti credono che i gatti neri siano portatori di fame e di povertà, mentre in Lettonia la nascita di gattini neri indica che ci sarà un buon raccolto.
Gatto nero: porta sfortuna?
Quante volte siete rimasti paralizzati davanti a un gatto nero che vi ha attraversato la strada? Ci auguriamo nessuna, ma purtroppo ci sono tante persone che associano il gatto nero alla sventura.
Il perché va ricercato nelle superstizioni che sono nate a partire dal Medioevo, è proprio da lì, che è partita questa sciocca diceria. All’epoca ci si spostava con le carrozze e poteva capitare che nelle strade buie, i cavalli venissero spaventati dagli occhi dei gatti neri o da un loro improvviso attraversamento.
I cavalli imbizzarrendosi creavano scompiglio tra i passeggeri, da qui la leggenda che i gatti neri fossero controllati direttamente dal demonio. Ma a ricamare la storia, nel 1200 ci fu anche Papa Gregorio IX che aveva ribattezzato il gatto nero come fedele amico delle streghe, dando così il via libera ad una caccia spietata. In generale, per tutto il Medioevo, il gatto nero viene considerato come un amico del demonio e diversi Papi ordinarono di bruciarli durante le feste popolari.
Ma perché il gatto nero veniva associato al diavolo? L’unica risposta possibile è: per ignoranza. Il colore nero era simbolo di lutto e i suoi occhi gialli e brillanti nella notte incutevano timore.E ancora, altre leggende narrano che l’arrivo di un gatto nero portava con sé anche quello dei pirati, poiché questi felini viaggiavano spesso sulle navi per cacciare i topi dalla stiva.
Gatto nero: animale sacro
Mentre nel Medioevo i gatti venivano perseguitati e uccisi, nell’antico Egitto, il gatto nero e i felini in generale, venivano adorati. Non a caso, la Dea Bastetviene rappresentata come un bellissimo gatto nero o una donna con una testa di gatto.Questa divinità era un simbolo positivo di armonia e felicità, protettrice della casa, custode delle donne incinte e capace di tenere lontani gli spiriti maligni.
Nella mitologia egizia anche la sorella di Bastet, Sekhmet, è raffigurata con sembianze feline. Ma in generale, i gatti erano animali sacri e chi ne uccideva uno, era punito severamente.
Simbolo delle forze del bene, grazie ai loro occhi luminosi, il gatto nero veniva preservato in tutto e per tutto. In caso di incendio ad esempio, non si poteva scappare senza aver salvato prima il gatto e se malauguratamente ne moriva uno, la famiglia teneva il lutto.
Gatto nero: porta fortuna
Accanto alle superstizioni ci sono le leggende più positive che valorizzano il gatto nero in tutta la sua bellezza. Ad esempio, nell’antica Roma i gatti erano considerati dei portafortuna, per cui dopo la loro morte, era usanza bruciarli e poi spargerne le ceneri per augurarsi un buon raccolto. In tanti altri Paesi, avere un gatto nero a casa è simbolo di prosperità e buon auspicio.
NOVEMBRE:
LA LUNA DELLA NEVE
Il Plenilunio di Novembre secondo la tradizione è chiamato LUNA DELLA NEVE, o anche LUNA DEL CASTORO, o ancora Luna Oscura.
La Luna Piena della Neve cade quando ormai la luce è in declino e Madre Terra si ritira nel suo riposo. Questa Luna ci incoraggia a portare a termine i nostri progetti, a rilassarci e riordinare le idee.
Altri nomi accostati alla La Luna Piena di Novembre sono Luna della Brina, Luna del Lutto, Luna dell’Albero.
Essa giunge in un periodo di sospensione, di transizione, dove i ritmi della natura vanno via via rallentando. Gli alberi sono nudi, privi di foglie, gli uccelli migratori cercano il caldo altrove e tutti noi ci ritroviamo a dover necessariamente avere ritmi meno rapidi. Questo è un periodo da dedicare a tutti quei rituali che bandiscono il male, i blocchi, e tutto ciò che ostacola il nostro percorso.
Un periodo dell’anno quello del mese di Novembre dove inevitabilmente ci si arriva a porsi delle domande, come faccio? Cosa faccio? Dove voglio andare?
Nel tempo degli alberi spogli, e del freddo. I castori finiscono di costruire le loro tane che gli accoglieranno per il rigido e lungo inverno. Gli uccelli migratori hanno spiccato il volo verso zone più calde e confortevoli. I Ritmi rallentano, e noi con loro, nel mezzo di una desolazione che al momento la natura ci offre.
E’ tempo di tirare le somme, tempo di bilanci, tempo di guardarsi indietro, chiedersi cosa abbiamo raggiunto e in cosa abbiamo fallito.
Ma senza indugiare più di tanto, perché c'è si da riflettere sul passato, ma c'è anche da andare avanti, verso nuove avventure, nuovi obbiettivi, per creare intorno a noi un ambiente di pace e serenità, carico di felicità e armonia.
Un ambiente, una tana che ci riscaldi anima e corpo dal lungo e freddo inverno.
Un angolo sicuro e che ci doni la felicità e la positività che la natura in questo momento non ci può offrire.
La mitezza dell’Autunno ha ceduto lentamente il passo alla stagione del grande freddo, che rapidamente si avvicina. Il vento autunnale ha staccato dai rami anche le ultime foglie, che ora ricoprono la terra spoglia nel momento del suo riposo.
In molti luoghi, questo è il tempo della prima neve.
Come Madre Terra ha lasciato cadere tutti i suoi ornamenti, per concentrarsi sull'essenza delle cose, anche la nostra attenzione può rivolgersi verso il nucleo interiore della nostra spiritualità.
Durante la fase di trasformazione abbiamo potuto lasciare andare tutto quanto è superfluo ed incontrare l'ombra dentro di noi, ma ora il tempo del buio sta per terminare e anche noi possiamo prepararci ad una rinascita spirituale; è infatti nel sonno invernale della natura che nascono i semi dei progetti futuri.
E’ il periodo che segue la festa solare di Samhain e precede la Rinascita di Yule,e con essa l'ultimo Plenilunio dell'anno, cioè quello di Dicembre, il la Luna Piena della Quercia,
è un periodo questo sempre intenso e carico di fatiche. La stanchezza, le responsabilità e i pesi ci unificano tutti… la discesa nel mondo delle Ombre è un appuntamento che, nella prima parte dell’inverno, non manca mai e può anche essere sfibrante: molti di noi stanno nella solitudine della discesa, arano la loro terra ed espongono i solchi alle intemperie, affrontando anche lacerazioni dolorose, che servono a risanarsi ma impiegheranno il loro tempo per guarire e rimarginare. I più consapevoli sanno come metabolizzare il dolore, in attesa di trasformarlo in terreno fertile da coltivare, gli altri stanno imparando.
Nella Magia e nella Stregoneria le Fasi Lunari rivestono un ruolo fondamentale per la riuscita degli incantesimi. Ma non è sempre così indispensabile attenersi a queste indicazioni temporali (per quanto utili esse siano!), ma per quanto riguarda le Fasi Lunari il discorso è completamente diverso. La Luna, al di là della sua centralità in qualsiasi tradizione esoterica che si rispetti, non è un pianeta qualsiasi. La Luna è il “pianeta” più vicino alla terra (il suo satellite), e dunque quello che esercita la massima influenza astrale sul nostro.
Sin dai tempi antichi Luna, Sole, Stelle e Pianeti sono stati venerati e invocati per pratiche magiche e religiose. In particolare, la Luna e le sue fasi davano origine a ciò che oggi chiamiamo Magia Celeste. Una magia potente, simbolo di tutto ciò che è ciclico e naturale.
Molti aspetti del mondo naturale sono influenzati da questo splendido satellite. Il suo grande potere è più visibile nel fenomeno delle maree, nel quale la Luna attira le acque a sé, creando dislivelli che possono raggiungere anche 15 metri. Meno visibile è invece la sua influenza sul moto terrestre e quindi sulla lunghezza delle giornate e sulle stagioni.
Ma la Luna agisce anche sul mondo vegetale, stimolando la germinazione. Quando è piena attira la vita verso di sé, che sboccia nel profumo dei fiori e nei principi attivi delle erbe. Nella Sua fase calante affonda nelle profondità, inducendo la crescita delle radici. Quando è nera tutto cambia improvvisamente, sorgendo con nuovi progetti.
La Luna rappresenta un archetipo molto complesso e nel suo mistero avvolge tutto ciò che è vivente. La donna è strettamente legata al ciclo lunare tramite il sangue, dal quale sboccia tutta la vita, e che fece di lei un simbolo divino. Gli antichi veneravano la Dea Madre nel suo triplice aspetto, dove tutto nasce, cresce e muore, per poi ritornare alla vita e iniziare un nuovo ciclo, proprio come la Luna mostra facce differenti: la fanciulla, la madre, l’anziana. Ogni volta che la Luna raggiungeva la sua pienezza, uomini e donne si riunivano per onorarla, già prima che questi rituali fossero chiamati Esbat. E così, in modo del tutto naturale, la Luna è entrata a far parte della vita microcosmica, proprio come la sua controparte: il Sole, la cui collaborazione è necessaria affinché la vita continui.”
Luna e Sole erano anticamente chiamati “occhi del cielo”, vigilanti di ciò che si compiva sulla terra e nella natura. La Luna governa le acque e il suo potere si manifesta anche sui liquidi del corpo, riflettendosi sulla nostra psiche, o spirito. Lo possiamo notare durante le fasi lunari. La Luna piena rappresenta l’apice dell’energia che influenza la terra. La nostra sensibilità aumenta, inducendoci a comportamenti più istintivi. Si tende a prendere decisioni affrettate, infatti è meglio rimandare i cambiamenti e i nuovi progetti in fase di Luna nera, o nuova, momento in cui si tende ad essere più riflessivi e ad assorbire meglio le energie. La magia segue le influenze lunari tanto quanto quelle solari quindi, quando vogliamo interagire con le energie che ci circondano, dobbiamo tenere conto degli influssi che Luna e Sole ci inviano dal punto in cui si trovano. Come esistono fasi lunari che ci proiettano energie differenti nell’arco del mese, esistono fasi solari che determinano influssi diversi nell’arco della giornata
Ci sono tredici Lune in un anno solare e, in queste particolari occasioni chiamati Esbat, si celebra la grande Dea, che nel Suo triplice aspetto si presenta a noi come Madre. Durante la Luna piena si può lavorare in solitario, decorando l’altare con fiori notturni e di stagione, dolci a base di farina e vino. Si usa fare bagni sotto i raggi lunari o, in caso on sia possibile, mettendo nella vasca da bagno una moneta d’argento, come simbolo lunare. L’influenza della Luna coinvolge 7 giorni, i tre giorni prima e i tre giorni dopo la sua pienezza. Durante gli Esbat si praticano rituali legati alla fertilità e all’ambiente, per scopi benefici e di equilibrio.
Da lei, dal suo immortale capo,
un diffuso chiarore si spande sulla Terra
e una sovrumana bellezza appare sotto la sua luce: l’aria buia si fa luminosa di fronte
alla sua corona dorata,
e i raggi splendono quando dall’Oceano,
lavate le belle membra, indossata la veste lucente,
la divina Selene,
aggiogati i bianchi puledri dal collo robusto,
lancia in avanti il cocchio splendente appare,
dopo il tramonto, al culmine del mese.”
Inni Omerici
Nella Magia e nella Stregoneria le Fasi Lunari rivestono un ruolo fondamentale per la riuscita degli incantesimi. Ma non è sempre così indispensabile attenersi a queste indicazioni temporali (per quanto utili esse siano!), ma per quanto riguarda le Fasi Lunari il discorso è completamente diverso. La Luna, al di là della sua centralità in qualsiasi tradizione esoterica che si rispetti, non è un pianeta qualsiasi. La Luna è il “pianeta” più vicino alla terra (il suo satellite), e dunque quello che esercita la massima influenza astrale
Tradizionalmente, sempre per quanto riguarda la Magia e la Stregoneria, il “mese lunare” è diviso in quattro fasi e non otto, tuttavia è bene considerarle otto per valutare l’energia posta in essere dall’influenza lunare del momento rispetto ai rituali magici che ci accingiamo a compiere. Per taluni incantesimi potrebbe essere necessaria un’influenza più dolce e quindi potrebbe essere opportuno operare in Luna Crescente e non nel Secondo Quarto. Per altri incantesimi ancora invece potrebbe essere necessario fare il ragionamento opposto e scegliere dunque di operare in una Fase Lunare dall’influsso energetico più significativo. Naturalmente si tratta di considerazioni rivolte a praticanti di livello avanzato (d’altronde il discorso è assai ampio), pertanto nel prossimo paragrafo faremo semplicemente un rapido excursus solamente delle quattro Fasi Lunari principali.
TIPOLOGIE DI RITUALI MAGICI PER OGNI FASE LUNARE
LUNA CRESCENTE:
La Luna Crescente propizia tutti i rituali magici di “avvicinamento” e, più in generale, di tutto ciò che è affine con il concetto di attrazione. Rituali d'amore, rituali per il denaro, rituali per il lavoro, rituali per vincere al gioco et cc.
LUNA PIENA
La Luna Piena propizia ogni tipo di rituale magico, specialmente quelli per avere fortuna e protezione, ma anche quelli di Magia Nera (seppur sia maggiormente indicata la fase di Luna Nuova per questo genere di incantesimi).
LUNA CALANTE:
La Luna Calante
propizia tutti i rituali magici di “allontanamento” e, più in generale, di
tutto ciò che è affine con il concetto di repulsione. Slegamenti d'amore,
rituali di allontanamento et etc.
LUNA NUOVA:
La Luna Nuova propizia ogni tipo di maleficio, ma anche tutto ciò che è affine al concetto di rinnovamento. Pertanto è indicata tanto per gli incantesimi di Magia Nera quanto per quelli di Magia Bianca.
CASE LUNARI
Secondo l’astrologia indiana durante il “mese sinodico” la Luna transita da una dimora zodiacale all’altra e, pertanto, ogni giorno del ciclo lunare riceve l’influenza astrale di ognuna di queste dimore. Per ognuno dei giorni del mese lunare abbiamo riportato le tipologie di incantesimi più affini alla dimora corrispondente.
Primo Giorno: Sole in Ariete – Incantesimi per propiziare un buon inizio alle nuove imprese.
Secondo Giorno: Luna in Ariete – Incantesimi per attirare denaro.
Terzo Giorno: Marte in Ariete – Incantesimi per migliorare nello studio e nei lavori di tipo intellettuale.
Quarto Giorno: Mercurio in Toro – Incantesimi per propiziare successi commerciali.
Quinto Giorno: Giove in Toro – Incantesimi per sviluppare poteri psichici o per migliorare le proprie capacità di rapportarsi in ambito sentimentale.
Sesto Giorno: Venere in Gemelli – Incantesimi per propiziare la fortuna in ambito economico e/o finanziario.
Settimo Giorno: Saturno in Gemelli – Incantesimi d’amore in generale e per proteggersi da eventuali litigi.
Ottavo Giorno: Sole in Cancro – Incantesimi d’amore in generale e per proteggersi da eventuali incidenti se si devono fare dei lunghi spostamenti.
Nono Giorno: Luna in Cancro – Incantesimi per risolvere problematiche di tipo economico e/o finanziario e per proteggersi da malefici.
Decimo Giorno: Marte in Cancro – Incantesimi per proteggere la propria casa e per allontanare i propri nemici.
Undicesimo Giorno: Mercurio in Leone – Incantesimi per risolvere problematiche legate a cause legali.
Dodicesimo Giorno: Giove in Leone – Incantesimi per propiziare la buona fortuna in generale.
Tredicesimo Giorno: Venere in Vergine – Incantesimi per attirare denaro.
Quattordicesimo Giorno: Saturno in Vergine – Incantesimi per propiziare nuove conoscenze in ambito amoroso.
Quindicesimo Giorno: Sole in Bilancia – Incantesimi per favorire coincidenze fortunate.
Sedicesimo Giorno: Luna in Bilancia – Incantesimi per proteggersi dai propri nemici e allontanarli o per farla pagare a una persona che ci ha fatto del male.
Diciassettesimo Giorno: Marte in Bilancia – Incantesimi per proteggere il proprio rapporto amoroso affinché duri nel tempo e per proteggere la propria casa.
Diciottesimo Giorno: Mercurio in Scorpione – Incantesimi per far riconciliare le persone e per favorire la fertilità e il concepimento.
Diciannovesimo Giorno: Giove in Scorpione – Incantesimi per risolvere e superare difficoltà di ogni tipo.
Ventesimo Giorno: Venere in Sagittario – Incantesimi per risolvere e superare difficoltà di ogni tipo e per rendere più mansueta una persona aggressiva.
Ventunesimo Giorno: Saturno in Sagittario – Incantesimi per propiziare la stabilità economica e/o finanziaria.
Ventiduesimo Giorno: Sole in Capricorno – Incantesimi per realizzare un desiderio.
Ventitreesimo Giorno: Luna in Capricorno – Incantesimi per stringere nuove amicizie e per sviluppare poteri medianici.
Ventiquattresimo Giorno: Marte in Capricorno – Incantesimi per propiziare la riuscita di affari importanti.
Venticinquesimo Giorno: Mercurio in Acquario – Incantesimi per propiziare l’ottenimento di notizie e/o messaggi.
Ventiseiesimo Giorno: Giove in Acquario – Incantesimi per sviluppare poteri psichici e creatività in generale.
Ventisettesimo Giorno: Saturno in Pesci – Incantesimi per attirare denaro.
In effetti l’esperienza dimostra che un rituale eseguito nel «momento lunare corretto» ha oltre 85% di possibilità di riuscire, naturalmente se si agisce con fede e soprattutto per scopi nobili e altruistici.
Per contro un rituale fatto in un momento lunare sfavorevole va a buon fine solo nel 15% dei casi. È nella scelta errata dei tempi che troviamo la spiegazione degli insuccessi dei numerosi maghi dilettanti.
Preghiera alla Luna
La seguente orazione va preferenzialmente recitata di notte, il quattordicesimo giorno del mese lunare (Plenilunio), specialmente quando la Luna è foriera di influssi positivi.
Preghiera alla Luna
«Ti sia benigno Iddio, o Luna, Signora benedetta, prospera, fredda e umida, giusta e bella. Tu sei capo e chiave di tutti gli altri pianeti, leggiadra nei tuoi movimenti, fonte di vivida luce, Signora di letizia e di gaudio come di buone parole, di buona fama, di buon regno fortunato.
Tu ami le leggi e le rifletti sul mondo, sempre sottile nei tuoi pensieri. Apprezzi ed ami le gioie, i canti, i giochi; sei la Signora degli ambasciatori e dei nunzi, capace di svelarne i segreti. Sei libera e preziosa; fra tutti i pianeti il più vicino alla Terra; di tutti la più grande, la più luminosa; tu, che sei foriera del bene e del male, colleghi i pianeti l’uno all’altro, trasmettendo loro la tua luce e rettificandoli con la tua bontà, a prescindere dalla loro effettiva essenza.
Tutte le cose di questo mondo sono abbellite o danneggiate da te. Sei l’alfa e l’omega di ogni cosa. La tua nobiltà ed il tuo nome superano quelli di tutti i pianeti. Perciò mi rivolgo a te. E lo faccio in nome di Celan, l’angelo che Dio ti ha messo appresso quale tuo complemento, affinché tu abbia pietà di me ed accolga la mia preghiera, ricevendo quanto ti espongo, anche a ragione dell’umiltà che nutri verso il nostro Alto Signore del suo regno.
Ti invoco per tutti i tuoi nomi; Camar in arabo, Mehe in fenicio, Zamahyl in greco, Cerim in indiano e Celez in romano; spero che in questo modo e in questo luogo tu possa apprendere le mie suppliche.»
(Picatrix, Maslama al-Magriti)Il 21 Novembre Si Celebrano gli Alberi
"Alberi: umilmente e maestosamente presenti, nel giardino della nostra Terra, della nostra Vita. Gli alberi sanno comprendere, silenziosi accolgono compassionevoli il nostro dolore e la nostra gioia, danno pace."
Il 21 Novembre è la giornata dedicata agli alberi. Questa ricorrenza è stata istituita per ricordare a tutti quanto la natura sia un’alleata indispensabile per mantenere un equilibrio armonico nelle nostre vite e, più in generale, nel nostro pianeta.
Fin dalla antichità gli alberi sono stati oggetto della religiosità popolare. La loro simbologia di connessione fra i 3 mondi (radici dei morti, tronco umano e rami degli dei) li ha resi sacri fin dall' epoca più arcaica, specie tra le popolazioni Celtiche, che intorno agli alberi appunto vi istituirono un vero e proprio calendario Zodiacale arboreo, conosciuto come calendario zodiacale Ogham.
Astrologia Celtica Ogham
L'astrologia celtica degli alberi si basa sull'idea che il momento della propria nascita sia un momento molto importante per la formazione della nostra personalità e del nostro carattere. I druidi erano ottimi osservatori, sulla osservazione della natura essi fondarono la loro filosofia di vita (più che essere una religione), riconoscendo nel corso del tempo che un bambino nato in una stagione particolare avrebbe sviluppato certe qualità. I druidi osservarono anche che certi modelli di avvenimento erano influenzati dai movimenti della luna per questo il loro calendario era fondato su un anno lunare e non su quello solare, ecco perché nel calendario antico ci sono 13 mesi e non 12.
Presso molte civiltà e culture quindi, a lungo si è conservato l'uso di attribuire particolari alberi a determinate divinità, ad’esempio l’olivo a Minerva, o il sambuco alla Perchta, e le tracce di tali antichissimi culti sono poi giunti fino a noi attraverso l'appropriazione cristiana. Il culto arboreo contemporaneo presenta così le varie "Madonna della noce" o "della quercia " o simili, e santuari costruiti attorno ad alberi miracolosi: roveti ardenti, fioriture fuori stagione, piante germogliate da bastoni secchi di un santo e via dicendo.
La Sacralità degli alberi
Come abbiamo detto, gli antichi erano quindi ben consci dell' importanza della natura, tanto da considerarla sacra, e per molte di quelle culture era credenza che fosse proprio un
grande albero a tenere insieme il mondo, fungendo da sostegno e divenendo fonte
di vita.
I
popoli del nord avevano il grande frassino Yggdrasil, talvolta considerato un
tasso, che con rami e radici teneva insieme i nove mondi, mentre per coloro che
abitavano ancor più a nord, sotto le aurore boreali, la betulla fungeva da
pilastro cosmico, unendo cielo e terra.
In
Irlanda vi erano cinque alberi sacri, custodi delle province irlandesi, e
persino i Maya avevano degli alberi guardiani.
Fu
sotto un albero che il Buddha trovò l'illuminazione, mentre gli egizi
consideravano sacro il sicomoro.
Nella
tradizione slava, così come in quella greca, la quercia era la pianta del dio
tonante, fonte di saggezza e protezione, mentre in Cina il sole si riposava tra
i rami di un enorme gelso.
Anche
in Persia vi era un grande albero al centro del mondo, e lì aveva fatto il nido
il Simurgh, una creatura dotata di grande saggezza che, qu ando prendeva il
volo, spargeva nel mondo i semi di tutti i frutti esistenti. Prima ancora, la
dea sumera Inanna pose al centro del proprio tempio, a Uruk, il primo albero
sacro.
Insomma,
il tema dell’Albero della Vita, o di Albero del Mondo, è comune a moltissime
culture antiche, e in questo giorno così propizio vi annuncio che il mio libro
sulla mitologia degli alberi è quasi completo, ora mancano solo gli ultimi
accorgimenti e poi potrò condividerlo con tutti voi! Non vedo l'ora di
raccontarvi le storie d questi giganti fatti di resina, fronde e radici!
Il Canto dell'Albero
L'Albero cantò
raccontando le sue radici
danzando la sua linfa
le foglie dolcemente accarezzate
dal vento che soffiò.
Con il vento
le creature elementari
vennero al richiamo
invisibili per tanti
sentite da alcuni
all'unisono all'Albero
cantarono la loro gioia
per l'unione ritrovata
perché per un attimo
la magia fu ricreata.
L'essere Umano
appartiene al creato
come il popolo in piedi
come il popolo alato
come ogni sasso sulla terra.
Ad ognuno è donato
una parte nel grande cerchio universale.
Nella magia del momento
gli esseri umani presenti
furono di nuovo parte
della grande unità .
Per questo l'Albero cantò
e ne fu felice
per questo io cantai
e ne fu immensamente grata
23 Novembre
Giorno del Cardo Mariano
Il cardo selvatico, spesso chiamato anche "mariano", deve il suo epiteto alla tradizione cristiana secondo cui le striature bianche sulle foglie sono il simbolo del latte materno della Madonna.
Tuttavia le origini folcloristiche di questa pianta raccontano tutt'altra storia: una storia legata al fuoco solare. Il cardo è infatti una pianta estiva e il suo potere è legato a doppio filo a quello del nostro astro.
In questo giorno bruciate un po' di cardo per contrastare le negatività, soprattutto quelle mandate da qualcuno per recarvi danno.
25 Novembre
Ruis
Il 25 Novembre inizia il mese arboreo Ruis, il Sambuco, che terminerà il 22 dicembre.
Nel Calendario Arboreo degli Ogham, segna il periodo più buio dell'anno ed è associato alla morte e all'aspetto di Crona della triplice Dea.
Selci funerarie a forma di foglie di sambuco sono state rinvenute su tumuli megalitici di epoca preistorica.
L'Ogham Ruis significa giudizio, fato, ma anche trasformazione o morte e rinascita.
Il Sambuco - Il Cercatore
25 Novembre - 23 Dicembre
Nell' astrologia degli alberi celtici chi nasce sotto il segno del Sambuco, ama la libertà e, a volte, appare un po' selvaggio nei suoi modi: da giovani sembrano vivere la vita come se stessero nella corsia di sorpasso se paragonati agli altri, spesso vengono identificati come "cacciatori di emozioni". Quando vengono al mondo la luce del sole è fugace e veloce (nel periodo in oggetto) e così prendono questa caratteristica dalla natura. Vengono spesso giudicati male per essere degli outsider perché danno l'idea di tendere solo a soddisfare i propri bisogni, in realtà sono molto riflessivi con una predisposizione alla filosofia. Sono molto rispettosi verso gli altri e si sforzano di essere utili alle persone che incontrano; chi fa parte del segno del sambuco si adatta bene con segni come l'Ontano e l'Agrifoglio.
28 Novembre
Runa Isa
Il 28 Novembre inizia il periodo di manifestazione della Runa Isa, undicesimo glifo della ruota runica, che ci guiderà fino al 12 dicembre.
Isa rappresenta il ghiaccio sia come stasi che invito alla prudenza.
Il ghiaccio infatti immobilizza tutto ma è necessario essere accorti nel camminarci sopra perché potrebbe rompersi in ogni momento, questo ci porta ad una profonda centratura che è l'essenza stessa di questa Runa.- (questa parte di testo è di Elena Salatin-ed è stato copiato e incollato dalla pagina-calendario pagano)
Isa:
Essa rappresenta la Stanchezza, la Rinuncia, il Ritiro-
Può trarre in inganno a dispetto della sua natura silenziosa e impercettibile. Può paralizzare anche le onde impetuose sotto la sua superficie ed erigere statici monumenti con l'acqua delle cascate e delle sorgenti, a riprova della sua forza
Isa ci invita a congelare le faccende che ci coinvolgono fino al "disgelo", che rimuove l'isolamento, quando tutto si rimetterà in moto con rinnovato entusiasmo.
Nota come la runa dell'imprevisto, Isa ci mostra che non c'è posto per la sfiducia finche si ha la vita. Ogni cosa ha il suo tempo, il suo momento.
Può darsi che apparentemente non ci stia accadendo nulla, ma che invece si sta inconsciamente valutando il proprio passato, una fase indispensabile per poter affrontare il futuro.
Quando appare questa runa, è molto probabile che ci si trovi in una sorta di "letargo".
O di sviluppo, forse un'idea creativa, un progetto, essa può indicare un cambiamento di lavoro o, semplicemente, il bisogno di tempo per pensare, per una revisione del presente e del passato e per guardare verso il futuro senza, per il momento, intervenire in qualche modo.
Perché..a volte può essere utile fermarsi, smettere di agire, fare ordine nel proprio mondo interiore. non bisogna forzare le cose: Isa raccomanda di avere pazienza e agire con saggezza e sempre in accordo con le proprie necessità.
Isa quindi rappresenta un periodo di contemplazione e meditazione, non di tristezza, laddove non bisogna sentirsi in colpa pe la propria inerzia ma bensi ricordare sempre che dopo il letargo dell'inverno arriva l'esplosione di vita della primavera.
Isa assicura che, dopo questo periodo di calma, il proprio potenziale sarà maggiore, in quanto si avrà avuto tempo per conoscersi meglio e comprendere i propri sentimenti. Sicuramente si saprà dirigere molto meglio la propria energia verso obiettivi che interessano.
Amore: dal punto di vista dell'amore può indicare l’inizio di un periodo di "disgelo". Dato che ci si sente più disponibili verso gli altri e aperti a una nuova relazione è consigliabile accettare gli inviti alle feste, alle cene o a qualsiasi tipo di occasione sociale. Si potrà conoscere gente e, soprattutto, divertirsi.
Lavoro: in campo lavorativo Isa ci dice che si sta attraversando un momento positivo sotto il profilo professionale appunto. Isa assicura che ci saranno novità molto gratificanti, sia dal lato economico sia della soddisfazione personale.
Salute: la prevenzione è ciò che consiglia Isa per conservare una buona salute. Per questo sarà bene prestare attenzione alla dieta e, soprattutto, dormire sufficientemente, per recuperare le energie in un momento in cui ci si sente particolarmente deboli.
Isa: la Verità del Ghiaccio
Isa (fonetica “I”) in norreno significa “ghiaccio” e deriva dalla stessa radice dell’inglese ice.
Di questa runa non esiste la posizione capovolta e questo indica che il suo significato è sempre velato di ambiguità: l’estrazione di Isa non è mai un segno fausto né infausto di per sé.
In un poema runico islandese si dice che Isa, il ghiaccio, è la corteccia dei fiumi. Quest’immagine suggestiva ci rimanda a un processo di cristallizzazione, solidificazione e concentrazione: la corteccia è la scorza esterna dell’albero, la parte dura che protegge l’interno vivo e fluido. Da questo punto di vista Isa rappresenta l’indurimento esterno, un atteggiamento di protezione e chiusura. In effetti, già con la sua semplice forma, questa runa ci parla di isolamento dal mondo, di essenzialità e ritiro in se stessi, è una runa “invernale”, che invita alla meditazione e alla contemplazione del vuoto.
Isa,come prima accennato essa può rappresentare stanchezza, rinuncia, ritiro. Ma può significare anche distacco, morte esteriore, solitudine, riflessione. Accostata al ghiaccio, in quanto esso è anche la parte esterna, superficiale dei corsi d’acqua in inverno, e luccica al sole come uno specchio.
(NOTA)-Isa Fa pensare quindi al concetto di illusione com’è intesa per esempio nella cultura Buddista: Maya è il velo che ricopre la Realtà impedendoci di percepirla per come è veramente, il teatro di finzione che inganna i nostri sensi imprigionandoci nel dolore di samsara, l’eterno ritorno. Per uscirne, occorre seguire l’insegnamento del Buddha: praticare l’arte del distacco, del ritiro in se stessi e al tempo stesso dell’espansione della mente oltre le apparenza del mondo fisico.
Isa ci ricorda che,sul ghiaccio si può scivolare, ci indica quindi anche un percorso pericoloso, da affrontare con circospezione e lentezza.
Isa rappresenta accostata alla morte simboleggia il lutto nella sua elaborazione: per superare il dolore dobbiamo lasciare andare ogni attaccamento a cose e persone, focalizzandoci nell’eterno presente rappresentato da questa runa: un sottile ponte tra Terra e Cielo, tutto concentrato nell’Adesso.
La divinità collegata a Isa è la Norna Verdandi, una delle tre sorelle del Destino. Mentre Urd è il Passato e Skuld il Futuro, Verdandi è il Presente, il Qui-e-Ora, l’unica cosa che esiste davvero per colui che medita.
L’estrazione di questa runa ci mette in guardia da un dispendio di energie poco oculato, ci avvisa che stiamo attraversando il nostro inverno e che ci conviene risparmiare le nostre energie e guardare dentro noi stessi. Dobbiamo fermarci, lasciare che una lastra di ghiaccio ricopra e protegga il fluire della vita dentro di noi, in attesa della primavera. La Runa Isa inoltre ci consiglia di coltivare la solitudine, di imparare ad apprezzare i pregi dell’isolamento, di prendere dimestichezza con il distacco dalle cose del mondo, che sono impermanenti, frutto e causa di dolore.
Isa ci dice di aspettare, non compiere mosse avventate ma riflettere, senza temere l’apparente fine delle cose, connettendosi con il proprio centro, che è anche il centro dell’Universo.
Questa runa è legata al colore bianco, al freddo e all’immobilità. Secondo il runologo Edred Thorsson Isa rappresenta anche l’antimateria, contrapposta a Fehu che è l’abbondanza sempre rigenerata della vita. Isa è energia centripeta, concentrata in se stessa fino a divenire un potente centro di attrazione e annullamento al tempo stesso.
Nel tempo ciclico, che è il vero tempo del mondo, gli opposti si avvicendano come aspetti della medesima cosa. L’espirazione segue all’inspirazione così come la notte segue al giorno e la morte alla vita. Isa rappresenta il momento di vuoto, l’apnea tra un respiro e l’altro, la morte apparente della natura in inverno a cui farà inevitabilmente seguito la rinascita primaverile.
E’ un tempo di attesa che ci viene offerto non per disperare ma per conoscerci meglio. Solo conoscendo le profondità di noi stessi infatti impariamo a conoscere Dio.
Approfittiamo dunque di questa stasi, del ghiaccio che ci circonda, avvolgiamoci in noi stessi ed immergiamoci nel nostro paesaggio interiore. Impariamo a scendere oltre lo strato luccicante, oltre il velo dell’illusione, a guardare in faccia il vuoto che ci costituisce. Diventiamo forti, lasciamo che l’isolamento ci tempri: solo quando sapremo stare da soli, potremo stare bene anche insieme agli altri. Accettiamo di morire al dolore, lasciamo andare ciò che è morto. Vediamo cosa rimane. Quello che resta è la nostra essenza, ciò che non ci potrà mai essere tolto e che come un ponte ci collega all’Uno Infinito. Concentriamoci, raccogliamoci nel nostro centro fino a scomparire nella sua luce bianca. In questo consiste la meditazione in fondo: nello smettere di pensare per essere uno nel qui e ora. Morti, più che mai vivi.
29 Novembre : Giorno della Salvia
Secondo la tradizione erbana il 29 Novembre è uno dei giorni migliori per lavorare con la salvia nostrana.
E' una pianta legata alla saggezza, alla protezione, alla longevità, alla purificazione e naturalmente alla salute (da cui prende il nome).
Oggi preparate un sacchetto bianco contenente foglie e fiori di salvia per ottenere lucidità mentale in un momento di stress (esami, colloqui, prendere decisioni).
Potete anche bruciarla come incenso per purificare al meglio l'ambiente in cui vi trovate. Per aumentare l'effetto potete aggiungere resina di olibano o di benzoino.
La purificazione, in particolar modo, è la cosa che le riesce meglio. Fate una prova: raccogliete ed essiccate alcune foglie di salvia nostrana e bruciatela a mazzetti: sentirete l'effetto a quartieri di distanza
fonti
pagina Calendario Pagano
cammi ni diluce
Nel Bosco della Dea
approfondimento sul mondo delle rune
-Bellini G., Galimberti U., Runemal – Il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino 2009
-Thorsson E., Futhark – A Handbook of Rune Magic, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1983
-Thorsson E., Runelore, Red Wheel/Weiser, San Francisco,1987
poesia (il canto dell' albero) è presa dal webper tanto non è stato possibile citarne la fonte o l'autore della stessa
così come la frase virgolettata.
Calendario Ogham
Mitologia delle Piante - di A. De Gubernatis
Almanacco - di Devon Scott
La magia della Lunahttps://www.facebook.com/kristalRei/posts/314181717025999
https://www.facebook.com/ilCalendarioPagano/posts/3739934962782444
https://www.facebook.com/Lanima-delle-Streghe
Bonura Stefania, Alla scoperta dei segreti dell’antico Egitto, Newton Compton Editori, 2018,
Bormetti Matteo, Api e miele nel Mediterraneo antico.” ACME 67.1, 2014.Trocchi Cecilia Gatto, Enciclopedia illustrata dei simboli. Gremese Editore, 2004.
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in discipline bio-naturali
www.risorsedellanima.it https://www.facebook.com/magiaverdetradizionipopolari
https://www.facebook.com/druidielecreaturedelbosco
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2670029909955136&id=1470711656553640
https://www.facebook.com/TarocchieStreghe
https://www.facebook.com/LucryCristalliMagia
Ecate, di Maria G. di Rienzo
Atlante dei miti, edizioni Demetra
M. Montesano, Le streghe, Atlanti Universali
altre Fonti
"le streghe del seicento"
https://www.facebook.com/109871467500381/posts/397423032078555/
https://www.facebook.com/La-Rua-della-Strega-110720874020003/Giusy D’Elia
https://www.latestatamagazine.it/2019/11/leggende-tradizioni
Illustrazione (editata) di Jessica Roux
https://www.facebook.com/ Calendario Pagano
pagina fuochi nella nebbia
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