Festa della Quercia
Duir
Primo giorno del settimo mese del calendario arboreo dedicato alla Quercia e associato alla lettera D. Il mese di Duir che va dal 10 giugno al 7 luglio.
La quercia è l’albero più sacro alle popolazioni nordiche, da cui si pensava nascesse il vischio, cioè il Ramo d’Oro che conteneva lo sperma divino.
L'Ogham Duir rappresenta la porta, il passaggio in riferimento al prossimo solstizio estivo, cioè una delle due porte dell'anno.
Inoltre il legno di quercia conferma questa valenza, proprio perché sin dall'antichità il suo legno viene utilizzato per realizzare porte massicce e indistruttibili.
Illustrazione di Andrey Shishkin
La Quercia
Signora del bosco
Anima verde.
Spazio Sacro,
fonte di potere.
Colei che mi accoglie e ascolta.
Colei che mi radica e innalza all' infinito.
KR
Dal 10 Giugno al 7 Luglio si celebra la Quercia. Albero sacro soprattutto per i celti che gli hanno dedicato un periodo dell'anno, presente nel Calendario Celtico degli Alberi.
Nel calendario arboreo Ogham la quercia è chiamata duir, contraddistingue il periodo che va dal 10 giugno al 7 luglio, il dio che lo governa è il Dagda, l’animale druidico lo scricciolo, gli aggettivi chiave di chi è nato sotto questo segno: entusiasta, ottimista, determinato, regale.
Il ramo di quercia era per i romani simbolo di virtù, forza, coraggio, dignità e perseveranza. Esso è sempre stato il simbolo della forza, della virilità e del valore in campo militare, come il ramo d'ulivo è simbolo della pace
La Quercia, Duir
La quercia è un albero solare associato alla festa di Lughnasadh, la festa della luce, la festa regale che corrisponde al nostro primo Agosto. Ad essa è attribuito il simbolo della forza , della protezione e dell’energia cosmica.
Il suo legno è il combustibile scelto per i fuochi sacri.
La quercia è il segno visibile agli uomini della presenza degli spiriti della vita e della crescita.
La longevità e l’imponenza della quercia, insieme ai suoi tanti doni offerti all’uomo e agli animali, non poteva che ispirare agli Antichi grande rispetto, tanto da considerarla la presenza del divino in terra. Per i Celti era l’albero degli alberi, poiché le sue alte fronde toccavano il cielo e le sue radici penetravano nella profondità del terreno. Alcuni studiosi affermano che la quercia era, per questo popolo, un albero cosmico, come lo era Yggdrasill, il frassino dei popoli del Nord Europa . Tuttavia molte Genti indoeuropee associarono la quercia al dio creatore, il Padre celeste che risiede in terra.
I Celti ritenevano che il mondo fosse sostenuto e alimentato da una quercia, ma credevano anche che un giorno sarebbe finito se il suo tronco, che sorreggeva il cielo, si fosse spezzato.
Stradone è certo che il culto di questi alberi fosse molto antico presso i Celti e riteneva che lo avessero portato con loro durante la lunga migrazione. Ci riferisce infatti che, nel III secolo a.C., alcune tribù che si stabilirono in Asia Minore ( i Galati ), costituirono una confederazione governata da un “senato” e da “un’assemblea popolare” che si riuniva in un santuario comune detto Dunemeton, cioè boschetto sacro di querce. Questa testimonianza ci dice anche che per le decisioni importanti si sceglievano luoghi sacri, dove il “padre celeste” consigliava i sacerdoti e i re, guidava le scelte e quello che era approvato era una promessa davanti agli dei e agli uomini. Per la stessa ragione, ai piedi di una quercia, i druidi amministravano la giustizia, i riti religiosi e divinatori. Questi ultimi, in particolare, erano considerati ancor più sacri, se l’officiante aveva mangiato alcune ghiande prima del rito perché attraverso il frutto dell’albero, provenivano le emanazioni divine utili per interrogare il futuro e comprenderlo attraverso i segni
Il culto della quercia comunque era diffuso in gran parte d’Europa e si protrasse fino all’avvento del Medio Evo. Ne abbiamo documentazione attraverso gli autori antichi come Plauto che in un brano dell’Aulularia, parla di querce sacre in Gallia e Claudiano ( IV sec. d.C. ) che riferisce di un bosco sacro nella Selva Ercinia, nel quale era reso un antico culto ad una quercia molto vecchia. Anche i Romani furono sensibili alla maestosità de questi alberi ai quali attribuivano un valore quasi eroico per la loro grande resistenza e “impavidità” difronte alle tempeste. Con le foglie infatti preparavano corone commemorative o celebrative per coloro che si erano distinti in senso civico o avevano dimostrato particolare coraggio in battaglia.
Nel calendario Arbolicolo dei Celti
Il culto degli alberi è stato una parte importante della cultura dei Celti e, nonostante non esistano testi ufficiali che documentino questo aspetto, molti testi riportano o accennano questo calendario. Esso è il prodotto di studi di uno scrittore Robert Graves (1895 – 1986 ), il quale negli ani ’50 ha condotto le prime indagini circa antiche tradizioni. Egli è pervenuto alla conclusione che i Celti avessero un calendario di 13 mesi, basato sulle fasi lunari e che ogni mese avesse 28 giorni; i mesi erano associati a 13 alberi, le cui lettere iniziali del nome coincidevano con quelli delle piante. Gli alberi erano abbinati a quel tal periodo secondo le funzioni vitali che si manifestano in una correlazione stretta fra stagione e vegetazione. Graves riteneva anche, che la lettera iniziale dell’albero, fosse un ogam, una segno magico dell’alfabeto di cui esistono vari frammenti epigrafici datati fra in IV e il VII secolo d.C. ritrovati in Irlanda, Scozia, Galles e Inghilterra.
Tuttavia quest’ultima considerazione sembra non avere corrispondenza con il calendario di Coligny, datato II secolo d.C. e ritrovato in Francia
La Quercia in natura
Pochi boschi sono ricchi di vita come un querceto ad alto fusto. L’aperta cupola delle querce consente che molta luce raggiunga il suolo della foresta: le sue foglie marciscono in fretta dopo la caduta concimando il terreno e consentendo la crescita di altri alberi o arbusti, specie frassini, noccioli, cornioli, e una grande varietà di piante erbacee. La quercia non è mai sola, il suo tronco ricco di pieghe e le sue radici a forma di archi offrono generosamente rifugio agli animaletti suoi amici anche nei mesi invernali, mentre le ghiande offrono ad essi cibo. Ospita anche insetti, fra cui le cicale, che i Greci chiamavano dryokóitai, “quelle che dormono nelle querce”.
Il suo legno è molto pregiato e viene usato nelle costruzioni e per la concia, è ottimo da ardere perché essendo compatto brucia molto lentamente, mantenendo la fiamma; viene usato tradizionalmente a Yule, per celebrare la rinascita del Sole sulla Terra, quando si fa ardere un grosso ceppo di quercia.
Nelle lingue celtiche il termine che designava la quercia significava porta e probabilmente anche il verbo milanese dervir, aprire, ha origini celtiche e deriva dal gallico dervo, così come i nomi dei paesi di Dervio in provincia di Como e Dergano, Derganino, in provincia di Milano.
La quercia è dunque una Porta per la Conoscenza, un passaggio tra i mondi; con travi di quercia si costruivano le soglie e i montanti delle porte, e si credeva che in questo modo il suo spirito continuasse a svolgere il ruolo di Guardiano della Porta, inoltre nel calendario celtico degli alberi il mese della quercia era quello in cui cadeva il solstizio d'estate, la Porta, appunto, per la seconda metà dell'anno e per le fate, in cui cade il giorno di San Giovanni.
Dal gallico dervo, “quercia”, sono attestati in epoca romana alcuni derivati utilizzati come nomi propri: fatis dervonibus, “fate delle querce”, a cui è dedicata un’iscrizione di Brescia e Matronis Dervonnis in un’iscrizione di Milano, apparentemente riferita alle medesime fate. Esistevano anche i nomi propri di donna Dervonia e Derva.
La farnia o quercus robur potrebbe raggiungere i duemila anni di vita, con un diametro di 10 metri, se non la si abbattesse per sfruttarne il legno durissimo usato, un tempo, per la costruzione delle navi. Per questo motivo i Romani chiamavano robur sia la quercia sia il vigore fisico e quello morale: da cui l’aggettivo robustus.
Nella creazione di Blodeuwedd “Viso di fiori” nei Mabinogion ad opera dei due dei-druidi Math e Gwydion, venne usato il fiore di quercia per dar vigore nel fare l'amore e per dar loro molti bambini.
Vedo la quercia come l'albero "che genera", l’albero dell'unione del principio femminile con quello maschile.
Del resto la stessa pianta porta sia i fiori maschili che quelli femminili. I fiori maschili sono riuniti in amenti di colore giallo, quelli femminili sono di colore verde.
La Ghianda il Frutto.
Il suo frutto, la ghianda, è considerato seme della scienza divina e per questo tenuto in grande considerazione dai druidi, rappresenta la potenzialità del divenire. Poiché è l'albero del solstizio estivo, il suo legno viene bruciato come ceppo natalizio insieme a carbone dell'anno precedente, in sostituzione della fiamma solare. Da una quercia zampilla la fonte dell'eterna giovinezza: questo perché la quercia restituisce più energia di quanta ne riceva dall'universo, riequilibrando così con le sue vibrazioni qualsiasi mancanza di energia.
La ghianda è anche vista come l'organo riproduttivo del dio Zeus, che affondando nel grembo della madre terra, fa nascere un nuovo albero.
Per questo motivo nell'antichità si pensava che la ghianda avesse poteri fecondativi, anzi afrodisiaci
Divinazione con le Ghiande di Quercia
Questa tecnica divinatoria è in uso nei paesi britannici, una delle tante eredità lasciate dalla tradizione druidica e ancora praticata dai moderni druidi e dalle streghe. Tutto quel che vi occorre sono un calderone colmo d’ acqua e una manciata di ghiande. Mettete 1 ghianda per ogni domanda nel calderone e lasciatevele per una notte. Se l’ indomani sono affondate indicano che la risposta è affermativa. Mentre se restano a galleggiare è indice di un responso negativo.
Fonte
Antro della Magia
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