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Re Artù:La verità oltre la leggenda

il Sabba delle streghe

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il Sabba delle streghe

Ricerche e studi sulle Terre Celtiche dai tempi archeologici, passando per il Medioevo fino alle tradizioni dei nostri giorni


Ricerche e studi sulle Terre Celtiche, sulla musica, le danze, e le tradizioni d’Europa,dai tempi archeologici, passando per il Medioevo fino alle tradizioni dei nostri giorni

MITI E LEGGENDE DEL MONDO CELTICO

I Celti, che adoravano la Natura, popolarono la terra di spiriti, benevoli o malevoli. Essi credevano negli spiriti minori della vegetazione, gli spiriti del grano e della fertilità, tutti sopravvissuti nelle fate delle successive credenze popolari.

Se il Cristianesimo riuscì ad eliminare la venerazione delle divinità maggiori, ancora ai nostri giorni sono praticati antichi rituali di una religione della terra dura a morire, consistenti in offerte agli alberi, alle pietre, alle fontane e ai crocicchi, accensione di fuochi o candele, pronunciando incantesimi ad essi indirizzati, per venerare alberi, boschetti, pietre, fiumi e pozzi.

IL PANTHEON CELTICO
tratto da LA VITA RELIGIOSA di Devon Scott in "Il cerchio di fuoco. Leggende, folklore e magia dei Celti" Edizioni L'Età dell'Acquario, 2009

Tra le divinità più importanti proprie delle Isole Britanniche c'erano Dagda, padre di tutti gli dei, patrono dei Druidi, della scienza, del sapere sacerdotale, dio della vita e della morte

Dagda, letteralmente conosciuto come il “Dio Buono” o "Dio del Bene" Capo dei Tuatha De Danann,il così detto Popolo Magico, Dagda,Patrono dei Druidi,della scienza,del sapere sacerdotale,della conoscenza.
Dio della vita e della morte, dell’abbondanza, della scienza, dell’amicizia, dei contratti, dell’eternità e signore del tempo, capace di dominare la magia,e i quattro elementi,

Dagda rappresentava quindi una divinità di grande potere, alla quale era anche attribuito il nome di “Padre Universale”, sovrano della terra, re della magia appunto,protettore del latte, dei raccolti e del bestiame, signore della folgore e delle alture,maestro nella divinazione,e nel suonare l'arpa,con la quale,era capace di produrre tre melodie: quella del sonno,quella del riso,e quella del pianto,nonché abile guerriero,famosa era la sua clava,che aveva però anche caratteristiche positive;infatti con il lato piatto dava la morte,e dal lato opposto ridava la vita,ed esperto seduttore.
La leggenda ci racconta che possedesse un enorme calderone che, non smetteva mai di produrre cibo.

Il suo rapporto più noto,sempre secondo la leggenda fu quello avuto con Morrigan, la dea celtica della morte e della distruzione, che promise a Dagda di dare libertà al suo popolo in cambio del suo affetto.

In una saga irlandese, si narra che,alla prima battaglia di Mag Tured, Dagda si reca al campo dei Fomori, i quali, ben conoscendo la sua fame assurda, gli preparano un gigantesco calderone pieno di un incredibile zuppa a base di grasso, farina, latte, mucche, maiali e pecore interi. La scommessa fu che se Dagda fosse riuscito a mangiare tutto, gli sarebbe stata risparmiata la vita, altrimenti sarebbe giunta per lui la morte. Dagda senza troppe remore accettò, divorò tutto il contenuto del calderone, sotto gli occhi stupiti dei fomori, leccando anche il fondo del calderone e se ne andò sulle sue gambe.


DANU
Dea di tutti gli Dei


Danu: La rossa madre degli dei,essa racchiude in se le figure di Brigid,di Badb,e di Macha, è ritenuta la personificazione della morte, presiede alla magia,alle acque,ed alla prosperità.

È considerata la più antica di tutte le divinità celtiche. Nella mitologia celtica, è la madre di tutti gli dei, colei,che ha dato alla luce tutte le cose. È la dea della terra, della fertilità, della saggezza, del vento e di tutto il popolo celtico. È anche associata a fate e tradizioni fatate.

La leggenda ci racconta che fosse la madre del Tuatha De Danann, gli dei irlandesi, cui nome appunto significa letteralmente - i figli di Danu.

I Danaan era un popolo che erano stato esiliato dall'Irlanda,esiliato e disperso. Nel folklore irlandese, sono conosciuti come gli esseri fatati, sapienti,abili ed esperti nel dominare le antiche arti della magia.

Si pensa che Danu abbia offerto loro il suo patrocinio, che li abbia aiutati a ritrovare e apprendere nuove abilità magiche. Con ciò, furono in grado di tornare in Irlanda avvolti da una nebbia magica. Si pensa che la nebbia sia l'abbraccio premuroso della stessa Danu,che in qualche modo gli adottò,e da buona madre appunto,li nutrì di conoscenza,impartendo loro magia,e saggezza esoterica,li rese più forti.
Ma i Tuatha Dé Danaan,oltre che alla magia,e a Danu, erano associati anche all'artigianato, alla musica, alla poesia.

Ma tornando a Danu.nella tradizione,Danu è anche rappresentata come la Dea dei fiumi e dell'acqua, infatti, altra caratteristica storica è che rappresentasse tutti coloro che lavoravano tra i vari corsi d'acqua, come pescatori e marinai. Si dice che il nome Danu significhi anche "scorrerne uno". Come tale, il suo nome è solitamente associato al fiume Danubio. Alcuni credono anche che il nome Danu fosse stato collegato al fiume Don, in Scozia, e ai fiumi Don, Dniestr e Dniepr nell'Europa orientale.
Danu , anche scritto Anu , o Dana , nella religione celtica quindi , era considerata la Dea della madre terra o principio femminile. La mitologia che la circonda come abbiamo letto,,è molto vasta,e particolare.
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NUADA
Il Grande Re
NUADA: IL GRANDE RE DALLA MANO D’ARGENTO SOVRANO E COMANDANTE DEI TUATHA DE' DANNAN,IL POPOLO MAGICO.

Nuada dalla Mano d'Argento, fu il primo re dei Tuatha dé Danann. Un sovrano onesto e giudizioso che,guidò il suo popolo nell'Irlanda preistorica e combatté per il suo controllo contro i mostruosi Fomori.

Il titolo di Nuada, Airgethlám , tradotto significa "della mano d'argento".

Nella mitologia celtica, Nuada è conosciuto anche con i nomi di : Nuadu, Nuadha, Nodens, Nudd o Ludd Llaw, a volte scritto Nuadu, la sua traduzione era un derivato del noudente proto-celtico , che forse significa "acquisire (attraverso la caccia)". Gli studiosi hanno però suggerito che questa potrebbe essere in realtà una radice germanica piuttosto che una celtica, e che la stessa radice e significato risalgono al proto-indo-europeo * neu-d- .
Secondo la tradizione celtica Nuada era un appassionato cacciatore e pescatore, uno dei più abili del suo popolo. Un sovrano ragionevole, che riusciva a vedere il reale potenziale in tutti i membri della sua corte. Generoso e imparziale, Nuada fece in modo che il suo popolo obbedisse a determinate leggi a cui anch'esso sottostava,anche quando queste,per lui,si rivelavano svantaggiose. Era il possessore di uno dei quattro tesori dei Tuatha dé Dannan, e cioè, la magica Findias, la spada che, una volta estratta,non la sciava a nessuno alcun margine di fuga,o difesa.

NUADA E LA LEGGENDA DELLA MANO D'ARGENTO

Narra leggenda che, una notte,Nuada ricevette la visita della terribile Dea della guerra Morrighan,in seguito a questo incontro,egli cadde in una sorta di frenesia battagliera,che lo spinse a muovere guerra contro i Fir Bolg, i precedenti abitanti dell isola d'Irlanda

Alché, Nuada guidò il suo popolo alla battaglia di Moytura a Cong, contro o Fir Bolg,battaglia a cui,i Tuatha dé Dannan uscirono vittoriosi,conquistando il diritto di controllare l'Irlanda,ma Nuada pagò a caro prezzo quella vittoria,infatti fu durante quel combattimento che egli perse la mano,quest'ultima gli fu tagliata di netto,in seguito ai colpi del suo avversario, Sreng Mac Sengainn

Ma durante quella battaglia,Nuada non perse solo la sua mano,ma anche la sua Regalità,poiché secondo la tradizione e le leggi celtiche,che lui stesso aveva contribuito a stilare,l' Ard Ri, per regnare doveva essere fisicamente integro,ergo, anche se Nuada era ritenuto un re molto saggio e amato dal popolo, fu costretto ad abdicare,in favore di Bres,il quale,poiché sposò Brigid, la figlia del dio Dagda, nonché, Dea protettrice dei Bardi e dei Druidi,quindi sancì la sua appartenenza sia ai Fomori, che ai Tuatha,portò tutti ad augurarsi che avrebbe finalmente portato la pace tra le due stirpe
Ma invece Bres non appena salì sul Trono d'Irlanda diede subito segno di essere più un Fomoro che un Danann,e iniziò a schiavizzare questi ultimi,a quel punto venne odiato dai suoi sudditi,al punto da venire esiliato. Bres si rifugiò allora tra i Fomori,dove cominciò a pianificare la sua vendetta.

Fu a quel punto che il Dio Dian Cecht,aiutato dal fabbro Goibniu costruì una mano d'argento per Nuada,mano che una volta attaccata all'arto mutilato,restituì a Nuada la piena integrità fisica,così che Nuada poté tornare a regnare.Da qui,il soprannome NUADA AIRGETHLAM,ovvero,NUADA DALLA MANO D'ARGENTO

Dopo anni di pace,e prosperità,ecco che Bres tornò alla carica,e con l'aiuto di un Fomoro chiamato Balor Occhio Malefico,mosse di nuovo guerra contro i Tuatha dé Dannan. Seguirono anni di sanguinose battaglie,duranti le quali un giovane Dannan di nome Lugh si fece notare per il proprio coraggio dimostrato in combattimento,tanto che il re Nuada decise di affidargli il comando delle sue truppe,gli altri Dannan gli donarono l'equipaggiamento necessario per la battaglia,Mananan,il Dio dei mari,gli concesse il suo cavallo,capace di cavalcare con la stessa facilità sia sulla terra che sul mare,al valoroso guerriero inoltre gli fu data Fragarach,la leggendaria spada proveniente dalle terre di cui i Danann erano originari. Particolare rilevante,era un aspetto di questa leggenda,Nuada ,era a conoscenza della vera identità di Lugh,e cioè che anch'esso fosse un mezzo Fomoro,nonché nipote di Balor Occhio Malefico,si,proprio il suo nemico,ma allora perché affidargli le sorti del suo regno? perché affidarsi ad un altro possibile traditore? semplice,perché Nuada era a conoscenza di una profezia,la quale indicava proprio Lugh come colui che avrebbe ucciso suo nonno Balor,l'inafferrabile Occhio Malefico.
Profezia che si compì durante la così detta "Ultima Battaglia" che si tenne nella contea di Sligo.

Battaglia in cui,Balor uccise il grande re Nuada,decapitandolo,dopo averlo paralizzato con il suo occhio malefico,ma il grande re,fu subito vendicato dal valoroso Lugh,che, con sommo coraggio,si gettò nella battaglia,e uccise Balor,suo nonno,proprio come la profezia aveva predetto.

La dipartita di Balor,causò prima la ritirata di Bres,e in seguito quindi generò la vittoria dei Tuatha dé Dannan. Lugh fu nominato come nuovo re,e il suo regno fu lungo e prospero,proprio come lo fu quello del grande re Nuada.

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LUGH
Dio del Sole
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LUGH IL LUMINOSO,DIO DEL SOLE,E DELLA TERRA,DIVINITA' DAI POTERI E TALENTI ILLIMITATI.
Lugh, senza dubbio uno degli Dei più importanti nella mitologia celtica. Lugh il lucente,Dio del sole,e della terra,colui dotato di poteri illimitati,e che tutto poteva.

Viene raffigurato come un bellissimo uomo,dai lunghi capelli biondi,descritto anche come il Santo Patrono di tutti gli artigiani, di tutti i mestieri, dei viaggi, delle monete e del commercio.Simbolo di forza e coraggio.

Il nome Lugh,o Lugus, deriva da una parola indoeuropea, che rappresenta vari significati come: luminoso,lucentezza,illuminazione, bianco, e in qualche modo corvo.

Corvo,si dice che questo animale sia particolarmente legato al Dio Lugh,poiché lo accompagnava sempre dovunque andasse.

Ma torniamo ai vari significati del suo nome,lucentezza,luminoso ad esempio,luminoso come il Sole d'Agosto,Agosto, il mese del raccolto, periodo in cui nella tradizione celtica si celebra proprio una festa in suo onore, Lugnasad,la festa dedicata a lui,e ai raccolti del grano.

Al Dio Lugh sono connesse anche tutte le capacità della mente umana,come l'intelligenza,e il come essa porti alla supremazia della mente,come mezzo per risolvere qualsiasi problema.

Lugh era anche soprannominato l'Artista,poiché egli sapeva come forgiare l'energia creativa,infatti era esperto in tutte le arti creative appunto,come la poesia,la musica,la metallurgia,come anche nell'arte della guerra,sia sotto l'aspetto pratico,di combattente,sia per quello puramente strategico.

Molti luoghi dedicati a Lugh nell'Europa centrale e occidentale testimoniano l'importanza del dio tra i Celti (diversi luoghi venivano chiamati Lugudunon, “il forte di Lugus”, cioè Lugh) come fra gli irlandesi.

Lugh era la divinità più diffusa nelle Gallie, testimoni ne sono le 27 città in Europa che da lui prendono il nome, le oltre 500 iscrizioni votive e più di 350 monumenti a lui dedicati; cifre che non hanno riscontro in nessuna altra divinità. Fra gli esempi troviamo: Lione e Loden in Francia, Liegnitz in Polonia, Leiden in Olanda, Lugos in Spagna e Lucca in Italia

Esistono diverse variazioni sulla storia,e l'origine del Dio Lugh, che purtroppo sono state dimenticate, (nonostante ciò, alcuni frammenti di tali storie sembrano essere sopravvissuti attraverso altri personaggi, come nel caso della storia di “Jack il Calderaio” della Cornovaglia). La nascita di Lugh avviene in un periodo di tensioni e pericoli. Il Dio è Figlio di Cian, figlio di Dian Cécht, e di Eithne, figlia dell'invincibile campione Balor, colui il cui occhio inceneriva tutto ciò su cui si posava. Lugh rappresenta la possibile riconciliazione tra Danai e Fomori (tra saggezza e forze del caos). Poiché la sua esistenza è un pericolo per Balor (secondo una profezia,la sua morte si sarebbe verificata proprio per mano di suo nipote Lugh)
appena nato quindi, viene nascosto e, come Mabon, svanisce dalla terra ed è ospitato da Manannàn Mac Lir, custode delle profondità marine, dove apprende l'arte della poesia.

Secondo la tradizione irlandese, egli è figlio di Arianrhod, la Dea Bianca, e di Gwyddyon, suo fratello.

La madre irata per questa nascita non gradita getta tre geasa (divieti) sul bambino il quale non poteva:

- avere un nome finchè non gli lo avesse dato lei stessa;

- impugnare le armi finchè non fosse stata lei a dargliele;

- avere una donna umana;

tre divieti atti a escludere la sua stessa esistenza.

Il padre Gwyddyon si prende a cuore le sorti del figlio/nipote, quindi decide di aiutarlo; per fargli avere il nome si trasforma in un ciabattino e obbliga con l’inganno Arianrhod ad andare in spiaggia a provare delle scarpe, ma lì vi era anche il giovane Lugh ancora senza nome, il quale vedendo uno scricciolo appoggiarsi sull’albero della nave, scagliò una freccia che andò ad inserirsi tra osso e tendine.
La madre stupita da tanta bravura esclamò:

“Il Leone ( Lleu ) ha la mano ferma (Llaw Gyffes )”, che rimarrà il suo nome.

Per ovviare al secondo geis, di fondamentale importanza per un celta, Gwyddyon utilizzando le sue arti magiche fece credere ad Arianrhod che il suo castello fosse sotto assedio, presa dal panico chiamò a sè i presenti dandogli le armi per la difesa; si presentò a lei anche il giovane L.L.G., così camuffato da non essere riconosciuto e ricevere anch’esso le armi.

Per infrangere il terzo divieto non serviva un consenso della madre, quindi Gwyddyon con l’aiuto di un altro zio del ragazzo, Math, crearono mediante la magia una donna, la più bella che si fosse mai vista, nata da una serie di fiori, il suo nome Blodeuwedd

Come figlio di Cian e di Eithne, una volta cresciuto, Lugh reclama il suo posto a Tara, tra i Tuatha Dé Danann. Come membro dei Danann,sotto il comando del grande re Nuada, partecipa alle lotte contro i Fomori e alla fine proprio come la profezia aveva predetto,uccide suo nonno Balor,annientando,di conseguenza per sempre la minaccia dei Fomori.




LA LEGGENDA DEL DIO LUGH



IL DIO LUMINOSO
LUGH: L'ASCESA DI UN RE



Come figlio di Cian,e di Eithne,una volta cresciuto,Lugh reclama il suo posto a Tara,,e la sua legittima appartenenza tra i Tuatha Dé Dannan,

per entrare così nelle truppe dei guerrieri del re Nuada, e di conseguenza,poter dare il suo contributo nella lotta contro i Fomori che,intanto si erano radunati sotto il comando di Balor occhio malefico,(nonno di Lugh,tra l'altro)per invadere l'Irlanda,e annientare per sempre i Tuatha dé Dannan,

che intanto si erano radunati a Tara appunto, per festeggiare il ritorno al trono del re Nuada (che per diverse vicende aveva dovuto cedere ad altri il suo posto).

Ma per riuscire nel suo intento,a Lugh,gli venne imposto di superare tre prove,
per dimostrare il suo valore,e per stabilire se fosse davvero degno di combattere con i Tuatha
e per il re Nuada. Le tre prove,si riferivano ad'ognuna delle tre manifestazioni dell'Awen,ovvero Skiant (conoscenza e saggezza) Nertz (forza e potere),Karantez (amore e produttività)
manifestazioni che avevano come compito,quello di sancire il valore dell'individuo nella società,sia sotto l'aspetto umano,che Divino,sia come Druido che come guerriero,o artigiano.

Dunque,Lugh venne fatto entrare a corte,e fu subito sottoposto ad esame

Come prima prova avrebbe dovuto giocare a Fidchell, una sorta di gioco degli scacchi il cui nome significa “ la saggezza del legno”, prova in cui sconfisse lo stesso re,Nuada, superando così la prova relativa a Skiant/saggezza;

per la seconda prova riguardante Nertz/forza,se la dovette vedere direttamente con Ogma, il campione dei Danann, il quale scagliò una grossa pietra al di fuori della fortezza, ma Lugh la riprese rimettendola apposto;

per la terza prova si cimentò nell’arte dell’arpista, dando prova in tutte e tre le arie della tradizione Bardica; che erano,tristezza e gioia, riuscendo il primo giorno a far addormentare tutti i presenti, il secondo a farli piangere ed il terzo a farli ridere gioiosamente ; superando così le tre prove venne dimostrato che egli era contemporaneamente un Re, un guerriero ed un Druido.
e quindi degno,di combattere assieme ai Dannan.

C'è da dire però,che Lugh,per certi versi,si era già messo in mostra come valoroso ed esperto guerriero nella prima battaglia di Moytura a Cong ,combattuta dai danna contro i fomori,
battaglia durante la quale,il grande re Nuada perse una mano,motivo per cui,dovette momentaneamente abbondane il trono in favore di Bress,un mezzo fomoro, poiché al tempo,le leggi celtiche stabilivano che un re,per governare dovesse essere fisicamente integro,ma Bress si rivelò da subito un cattivo re,cercò di schiavizzare i Dannan,che dunque si ribellarono,e lo ripudiarono,il grande Nuada che intanto aveva recuperato la piena integrità fisica,per mezzo di una mano d'argento,costruitagli dal Dio Dian Cecht,aiutato dal fabbro Goibniu e inseguito attaccatagli all'arto mutilato,decise in fine,di esiliare Bress,che a sua volta si rifugiò dai fomori,a maturar vendetta.

Dopo ciò,seguì un tempo,in cui il regno di Nuada fu estremamente prospero,all'insegna della pace e del benessere,finché Bress con al fianco Balor occhio malefico,e signore dei fomori,mosse di nuovo guerra contro i Tuatha dé Dannan, per riprendersi il comando dell'isola d'Irlanda.

E quindi furono in prima battuta quelle gesta,sommate alle tre prove superate che valsero a Lugh, l'accettazione nelle truppe del Re Nuada, ma non solo,infatti per le molte eccelse capacità dimostrate,Nuada stesso lo nominò addirittura comandante delle sue truppe,a quel punto l'intero popolo dei Danna gli recò omaggio,donandogli tutto l'equipaggiamento necessario per la battaglia,e la Fragarach,la leggendaria spada magica proveniente dalle terre di cui i Tuatha dé Dannan erano originari,non solo,a dargli supporto fu anche Mannanan il dio dei mari,che gli fece dono del suo poderoso cavallo capace di cavalcare con la stessa facilità sia sulla terra che sul mare.

Altro particolare fondamentale che giocò un ruolo cruciale nella nomina di Lugh a comandante delle truppe del re,fu che,il re stesso era a conoscenza di una profezia legata proprio a Lugh,la quale profetizzava che proprio Lugh,sarebbe stato il carnefice di suo nonno Balor.

E quindi tra i Tuatha dé Danna e i Fomori,fu di nuovo guerra,la seconda battaglia si svolse nella contea di Sligo,fu uno scontro cruento,e sanguinario,durante il quale il grande re Nuada fu ucciso da Balor Occhio Malefico,che prima lo paralizzo con i poteri oscuri del suo occhio,e in fine lo decapitò,fu a quel punto che Lugh,dimostro il suo vero, reale e grande valore,scagliandosi contro Balor,e uccidendolo con un fendente all'occhio,vendicando così la morte del re Nuada,e portando a compimento la profezia che lo riguardava.
La morte di Balor pose fine alla guerra, che vide ancora una volta il trionfo dei Tuatha dé Dannan sui fomori,che a quel punto,insieme allo sconfitto Bress, si ritirarono per sempre.
Tornati a castello,il popolo dei Tuatha dé Dannan nominò Lugh come nuovo re.

Sotto di lui il regno dei Tuatha dé Dannan fu prospero,di pace e benessere come non mai.

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CERNUNNOS

Dio della Natura,Signore degli Animali

e della Caccia


CERNUNNOS: IL DIO DELLA NATURA, SIGNORE DEGLI ANIMALI, DELLA CACCIA, DEGLI ALBERI, E DELLA FERTILITÀ, MA NON SOLO..



Per i Celti,era forte l'adorazione verso la natura,e in base a questa venerazione,essi popolarono la terra di spiriti,di divinità legate appunto alla natura,alla vegetazione,agli alberi,agli animali,alla caccia,ai raccolti,e alla fertilità.
Una di queste Divinità era Cernunnos,Dio della natura, della fertilità,della virilità maschile,e della rigenerazione,protettore degli animali,e delle foreste,signore della caccia,degli alberi,tanto sacri ai Pagani,e,in particolare alla casta dei Druidi. Considerato come un tutt'uno con le pietre,le piante,gli animali,gli esseri umani,con le gerarchie angeliche e il ciclo delle stagioni,nonché, colui che favorisce la comunicazione con ogni spirito della natura. Dio, spesso presente nei siti archeologici celtici. Il nome Cernunnos,significa "Colui che ha le corna" ritenuto anche dispensatore di abbondanza,e conoscenza,in alcune culture,era considerato anche come "Il signore della morte" colui che presiedeva ai viaggi ultraterreni,e conduceva le anime dei morti negli inferi,per gli stessi motivi,alcuni culti pre-pagani,lo adoravano durante le loro pratiche di stregoneria.

Nel Pantheon delle Divinità celtiche,Cernunnos, le cui origini si perdono nei più remoti ricordi del mondo,era quindi, senza dubbio una delle figure più importanti,e singolari,raffigurato in forma maschile,metà uomo,metà cervo,con una folta barba,e corna di cervo appunto,alle quali,vengono attribuite poteri quali la rigenerazione delle foreste,e quindi associate,al ciclo di trasformazione della natura,e al suo continuo rinnovamento, rappresentato seduto su di un tronco d'albero,o in mezzo all'erba,con le gambe incrociate,quasi in posizione da joga.

Come essere strettamente legato alla natura un altro nome ad egli associato è "il Dio verde"donatore di doni, e signore della danza.

La sua figura e la sua storia hanno ispirato molti autori di letteratura fantastica del XX secolo per le loro grandi qualità. È il caso del libro di Margaret Murray “Il Dio delle Streghe”, scritto nel 1931 e che racconta la storia di Herne, un cacciatore che rappresenta appunto Cernunnos.

La storia racconta di un Dio che combatte per proteggere la vegetazione e gli animali, poi muore quando la terra diventa arida, ma una volta in primavera rinasce e diventa il grande protettore della foresta e di tutte le specie. Tuttavia, la chiesa lo considera un simbolo neo-pagano perché in uno dei suoi dipinti appare con grandi corna e un pene eretto,per gli stessi motivi,egli spesso viene identificato come Lucifero,una figura legata al male,e alla blasfemia.

Le prime rappresentazioni conosciute di Cernunnos furono rinvenute nella Val Camonica, nel nord Italia, che era sotto l'occupazione celtica dal 400 a.C. circa, ma le scene più famose raffiguranti Cernunnos, circondate da vari animali, si trovano sul Calderone di Gundestrup .

Cernunnos era adorato principalmente in Gran Bretagna, anche se ci sono tracce del suo culto in Irlanda,dove però,come già detto,la Chiesa cristiana si oppose fortemente a lui a causa della sua potente influenza pagana. Come detto prima egli fu usato come simbolo dell'Anticristo e come tale figurato nei manoscritti e nell'arte medievali cristiana.

Molte raffigurazioni di Cernunnos lo mostrano anche con un pentagramma. Una figura di pietra scolpita trovata a Reims raffigura Cernunnos con un cervo e un toro che beve da un flusso di monete Si ritiene che questa rappresentazione significhi che i cervi sono associati alla ricchezza.

Le sue origini possono essere rintracciate fin dal paleolitico e lo dimostra l’arte ruprestre all’interno delle caverne francesi, come la grotta dei Trois Frères, abitata 13.000 anni fa, in cui appare la più antica raffigurazione di una divinità dalle sembianze antropomorfe, dell’altezza di circa 4 m, con corna di cervo e barba lunga, nell’atto di performare una danza, connessa con le prime forme sciamaniche di religione. Più attuali, risalenti al IV secolo a.C., sono invece le incisioni italiane rinvenute in Val Camonica, che mostrano anche qui una figura umana con corna di cervo, che reca in una mano qualcosa di molto simile a un torques, gioiello simbolo di nobiltà fra i Celti, e nell’altra un serpente.

E dunque, è il cervo l'animale che risulta essere connesso più intimamente con il Dio Cernunnos,animale che da sempre viene considerato anch'esso come signore delle foreste,inoltre il cervo è un animale dei boschi, veloce e sessualmente aggressivo.

Interessante la postura a gambe incrociate che assume, simile alla posizione yogica meditativa del loto, che lo mette a confronto con l’immagine di un’altra divinità, incisa su un sigillo, rinvenuta nella valle dell’Indo. Si tratta, secondo alcuni, del vedico Pashupati, un epiteto del dio Rudra che in un periodo successivo verrà assegnato a Shiva, il cui nome in sanscrito significa proprio signore degli animali, anch’egli rappresentato con le corna ed è attorniato da quelli che sembrano essere elefanti, rinoceronti e bufali.

Anche Pan è associato a Cernunnos. Egli è il dio della fertilità, dei campi, del gregge e dei pastori, legato alla luna ed alle forze della terra. Alcuni miti lo vedono seduttore di Selene, alla quale si presenta nascondendo il pelo di capra sotto un velo bianco, per non farsi riconoscere e per trarla in inganno affinché giaccia con lui.

Ma è nelle leggende medievali che parlano di Merlino, contenenti molti richiami alla mitologia celtica, dove è possibile ritrovare gli echi di questa antica divinità. Nella Vita Merlini, infatti, Merlino diventa proprio il signore degli animali, completo di corna e di un vasto gregge di capre e cervi al suo capezzale. Sembra quindi che il potente ruggito di questo signore dei boschi sia giunto a noi sotto innumerevoli forme, portando con sé il bagaglio di un lontano passato che ancora sopravvive e che è parte delle radici che affondano nelle terre d’Europa.

Cernunnos è uno degli esempi più singolari di divinità celtica semi-zoomorfa, così straordinariamente affine agli esseri che passano magicamente dalla forma umana a quella animale. Un altro animale che spesso affianca Cernunnos è il serpente, spesso con corna d'ariete, che si avvolge intorno al suo corpo, mangia dalla sua mano.Il serpente,altro animale molto connesso al Dio Cernunnos,poiché esso è ritenuto simbolo di rinnovamento,e di rigenerazione.

In fine,possiamo dire che,il Dio Cernunnos, in quanto signore degli animali,aspetto questo,evidenziato sopratutto dalla sua immagine di Uomo-Dio e Bestia, è spesso ritratto in compagnia appunto di molti animali,selvaggi,e domestici,ad esaltazione del suo simbolismo di dio della natura selvaggia e di quella domata, della fecondità e della benevolenza nei confronti di ogni creatura
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MORRIGAN
Morrigan Dea della Guerra
MORRIGHAN: LA DEA CELTICA DELLA GUERRA,LA REGINA DELLE BATTAGLIE,DONNA GUERRIERA DI GRANDE VALORE,E AUDACIA.

Morrigan,la combattiva Dea irlandese.
Morrighan,per i celti era considerata una delle tre Divinità legate alla guerra,le altre due,erano le sue sorelle Badb,e Macha, insieme esse formavano la triade della guerra,detta anche "morrigna"

Morrighan era conosciuta anche come la signora delle tenebre, è la dea morte e della distruzione, è presente in tutte le guerre, raccontate nelle saghe celtiche,di lei si racconta che infondesse nei cuori dei soldati,violenza, forza e rabbia, ma che nonostante il suo aspetto guerriero,possedesse anche una grande bellezza degna di una Dea, motivo per cui,la Dea Morrighan era anche ritenuta simbolo d' amore e desiderio sessuale.

Il suo nome significa “Grande Regina” o “Regina dello Spettro” (in irlandese antico “Mórrígan” e in irlandese classico “Móirríoghan”) è stato interpretato come grande regina, derivante dal Morriganprefisso Mór- che sta proprio per “grande, importante”.

Ella come detto in precedenza, è presente in tutte le guerre e scontri bellici,che riguardavano i Celti, come per sua sorella Badb,si racconta che volasse sui campi di battaglia,con le sembianze di un corvo,e che incitasse i soldati allo scontro mortale,donando loro coraggio,e rabbia.

Altro aspetto a lei legato era la passione e l'amore che dimostrava verso i re,e gli Dei,come Dagda,, una delle divinità più influenti del Tuatha Dé Dunann.

Un altro amore che provò,fu quello verso il guerriero Cuchulainn,amore che però quest'ultimo non ricambiò,ma che anzi,amore a cui cercò di resistere con tutte le sue forze,tanto da combatterla su vari campi di battaglia,fino al punto di sconfiggerla.

Tuttavia, il guerriero coraggioso durante una battaglia viene ferito,e agonizzante trascorse i suoi ultimi istanti di vita riparato sotto un grande albero,dove proprio in punto di morte,fu raggiunto dalla Dea,che nonostante tutto per lui,provava ancora un immenso amore,e fu proprio in quell'occasione,che Morrighan non perse l'opportunità per tendergli la mano,facendogli passare ogni dolore,e portandolo via con se,per sempre.

La Dea Morrighan sebbene rappresentasse la morte,la violenza,l'odio,la paura,la distruzione,ella era associata anche all'inizio,alla ricostruzione,alla rinascita dalle macerie,per un nuovo ciclo di vita,e per questo,era vista anche come un'immagine protettiva,associata anche all'amore carnale.oltre anche,come una veggente in grado di predire i disastri futuri.

Le descrizioni che la riguardano sono svariate,infatti ella viene descritta come una donna dai lunghi capelli neri, vestita di sole piume nere, oppure come una sensuale fanciulla dai capelli rossi come il sangue.

Il contrasto descritto precedentemente lo ritroviamo con una valenza maggiore attraverso l’identificazione di Morrighan con la dea Anu, Madre degli Dei e dea della fertilità. La “grande regina”, quindi, sembrerebbe non simboleggiare unicamente la distruzione, l’ira, la lotta, ma anche la vita, la passione e la benevolenza. Ciò nonostante, i nomi delle dee che si affiancano e caratterizzano la storia della grande Morrighan sono precisamente tre: Badb, Macha e Némain. Morrighan, nella sua totalità, è rappresentata come una triplice dea, assieme a Babd e Macha. Nel Lebor Gabála Érenn (Il libro della presa dell’Irlanda) Morrighan, Badb e Macha sono definite figlie della dea madre irlandese Ernmas. Le tre sorelle come già accennato,formano la trinità Morrìgna.

Morrighan, grazie alla cultura tardo-medievale, è diventata la grande Fata Morgana. Nel ciclo arturiano o bretone Morgana, sorellastra di Artù e rivale di Ginevra e Mago Merlino, è la sacerdotessa di Avalon, dotata di capacità sovrumane, tra cui quella di saper riuscire a mutare il proprio aspetto.

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BADB
Badb dea della Guerra

Nella mitologia irlandese, Badb (antico irlandese: ˈbaðβ) o Badhbh (moderno irlandese: ˈbəiv), che significa "corvo" o "avvoltoio",faceva parte del trio di Divinità irlandesi legato alla guerra,anche noto come Morrìgna.
La figura di Badb, proprio come quella di Morrighan, e di Macha quindi, era associata alla guerra.
Le sue apparizioni, sotto sembianze di un avvoltoio,o di un corvo, sui campi di battaglia, erano viste come presagi di sventura e morte. Apparizioni che,causavano paura e confusione tra i soldati,al fine di spostare l'esito del conflitto a favore dei suoi beniamini,si diceva che, proprio attraverso tali conflitti,e la discordia che essi generavano,Badb traesse il suo nutrimento

Ma si narra che, spesso,Badb apparisse anche prima di una battaglia,e che tali apparizioni avessero come scopo quello di anticipare quale sarebbe stato il livello della carneficina, o per preannunciare morti di massa,o ancora, per predire la morte di qualche persona famosa. A volte ciò avveniva per mezzo di grida e lamenti, il che, ha portato a paragonarla a Bean-Bídhe.

Alcune fonti la descrivono come una donna molto forzuta, solitamente intenta a fare il bucato nei pressi di un fiume: gli indumenti che stringe fra le sue mani e che lava con attenzione, sono le vesti dei soldati che moriranno in battaglia. Anche per questo Badb rappresenta la lungimiranza, la conoscenza.

Le leggende legate alle sue apparizioni quindi,sono molteplici,ad esempio Nel Togail Bruidne Dá Derga, diventa una brutta strega che profetizza la caduta di Conaire Mor. Appare con le stesse sembianze in Togail Bruidne Dá Choca per annunciare l'uccisione di Cormac Condloinges, e prende la forma di un "Bean nighe", una donna che blocca il carro di Cormac in un guado, il che anch'esso,era considerato un presagio di morte,come anche le sue lacrime e le sue grida. Per questo motivo come già accennato prima,Badb, ha molto in comune con Bean-Sídhe.

Altre leggende ancora,la vedono raffigurata come parte attiva nella battaglia, e infatti,in tali racconti i campi di guerra venivano a volte chiamati "il giardino di Badb". Durante la prima battaglia di Mag Tuired, Badb e le sorelle Macha e Morrígan combatterono a fianco dei Túatha Dé Danann. Attraverso l'uso della loro magia, le tre sorelle provocarono paura e confusione nell'esercito Fir Bolg, causando "cumuli compatti di nebbia e una furiosa pioggia di fuoco" impedendo così ai nemici di riposare per tre giorni e tre notti di seguito. Badb gioca un ruolo simile nel Táin Bó Cúailnge, terrorizzando e disorientando le forze della regina Medb, e facendo morire molti sotto le loro armi.
Dopo la sconfitta dei Fomori nella seconda battaglia di Mag Tuired, Badb profetizza una benedizione e la fine del mondo.

Come abbiamo detto all'inizio,Badb è identificata come una delle Morrígna, un trio di Dee della guerra irlandesi, nonostante esistano numerose fonti che contraddicono questa tesi. Nel Lebor Gabála Érenn, Badb, Macha e Morríghan formano la trinità Morrígna, e sono definite figlie della Dea Ernmas. Secondo questa versione, sarebbe anche la sorella di Ériu, Banba e Fódla, le tre Dee matrone d'Irlanda. Altre opere identificano il trio come figlie del druido Cailitin e di sua moglie.

Il Lebor Gabála Érenn dice anche che Badb è una delle due mogli del io della guerra Neit. Meno comunemente, viene definita anche moglie del re dei Fomori Tethra.

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MACHA
Macha,la Terza Madre
Macha: La Terza Madre, la Dea che insieme a Morrigan,e Badb foma la trinità Morrigna,la triade delle Divinità legate alla guerra
Macha,anche conosciuta come la Regina delle Streghe, la personificazione del male soprannaturale.

Dea della morte,e della rinascita,signora della vendetta,dominatrice della magia oscura.

Essa è anche guardiana delle fonti e dispensatrice severa di vita e morte, felicità e ricchezza.
Altre fonti la descrivono come e la Dea del Tempo, Macha l'Anziana, la grande Dea dei fantasmi, o Madre della morte, e regina degli inferi.

Come Ecate la triplice Dea della Luna, Macha a sua volta è spesso rappresentata in tre persone: la regina dell'Ulster che governa il suo tempio o luogo sacro; Macha Emaina, che regola la terra della Luna e soccorre gli eroi morenti in battaglia e cura le loro ferite o li trasporta verso la morte. Sotto forma di corvo o cornacchia emerge dal suo mondo magico e si appoggia su una pietra eretta cantando i suoi misteri.

(Il corvo è un tipico animale totemico delle divinità della morte, divinità sia maschili che femminili. E' associato a Morrigan, e in seguito anche alla figura di Morgana: lo si ritrova anche come simbolo di morte e resurrezione,legato alle anime dei morti che tornano in vita,o ancora come araldico di Owain, figlio di Morgana.)

Ma in realtà,molti sono animali,nello specifico uccelli legati a Macha.

Gli uccelli acquatici come l'anatra, l'oca e il cigno ad esempio, che simboleggiano felicità, ricchezza e

nutrimento. Gli uccelli rapaci: quali avvoltoio, civetta, corvo, cornacchia sono invece preannunciatori di morte.

Gli uccelli profetici,cuculo e civetta rappresentano rappresentano invece la profezia, gli annunci di primavera, matrimonio e morte.

E infine,gli uccelli dell'anima, colomba e altri piccoli volatili che rappresentano la sede delle anime dei morti.

Macha appare anche nell'Antico Testamento come la Regina Maachah, il cui spirito era venerato sotto forma di idolo in un boschetto fino a che non venne cacciata da suo figlio Re Asa. Il tempio di Machareus sulla cima della montagna (dove Giovanni Battista conoscerà il suo destino) può avere preso il nome da Macha.

Il tempio irlandese di Macha era chiamato Macha Emaina, nella capitale dell'Ulster. L'aspetto più astratto della dea Macha è quello di Emania, la Dea della Luna e del regno dei morti.

La leggenda dice che Macha convocava gli uomini alla morte, ed era la stessa voce di Banshee o La Donna delle Tombe a Tumulo.

Altre leggende la vedono apparire in tre vesti differenti: come Dea, come donna fatata e come regina suprema d’Irlanda. alcune fonti vedono il suo nome tradotto in “campo” o “pianura” a rimarcare la sua connessione profonda con la terra.
La sua natura è duplice, come per molte Dee: da un lato Dea della morte,e della battaglia,dall'altro Dea della fertilità e dell’abbondanza.Ed è proprio quest'ultimo aspetto che la lega ad un altro animale,cioè il cavallo,poiché i cavalli erano simbolo di fertilità e ricchezza,i cavalli aravano i campi,erano dunque connessi alla fruttuosità della terra,ma erano anche usati in battaglia,erano quindi anche connessi al ciclo della morte.

Aneddoto leggendario che lega Macha ad un cavallo.

Si narra che Macha regalò un cavallo a Cùchulain,il Liath Macha,che era detto anche "il re dei cavalli.

Ci sono molti modi per onorare Macha e accogliere le sue energie nella vostra vita. Come Dea della terra, potreste cominciare riaffermando la vostra connessione con la terra. Passate del tempo all’aperto, fate un’escursione, curatevi di un giardino. Se vivete in città o non riuscite per qualsiasi motivo a fare un’escursione, comprate una pianta e portate la natura da voi! Un altro modo per connettersi con Macha è attraverso il suo animale totem, il cavallo. [...] Se non potete passare del tempo con cavalli veri, passate un pomeriggio a guardare film sui cavalli. [...] Dal momento che è una Dea dei cavalli, del grano è un’offerta appropriata per Macha. Anche la birra scura è un’eccellente offerta per questa Dea (come la Guinness).

Incontrare Macha

(Materiale liberamente tradotto da Stephanie Woodfield – Celtic Lore & SpellCraft of the Dark Goddess.)

Questa è una meditazione guidata per incontrare e familiarizzare con la Dea Macha nel suo aspetto di Dea dei Cavalli. L’altro aspetto di Macha è il corvo incappucciato.

L’autrice consiglia di registrare la meditazione o di memorizzarne le fasi fondamentali prima di cominciare.

Macha si pronuncia Ma’a con un’aspirazione prima dell’ultima vocale.
Incontro con Macha

Vi trovate in una vasta pianura verdeggiante. In lontananza potete osservare le linee sinuose delle colline. E’ un meraviglioso giorno d’estate, e la sensazione del sole sulla pelle vi riempie di energia. Inspirate profondamente l’aria fresca e pulita e prendetevi qualche momento per osservare ciò che vi circonda. Dopo qualche minuto vi accorgete di uno strano tambureggiare. Vi fermate, tentando di captare il suono, e vi accorgete che riuscite a percepire la vibrazione sotto i vostri piedi. Il suo ritmo vi ricorda quello di un cuore pulsante, ed è come se riusciste a sentire il pulsare e il fluire della forza vitale di Madre Terra. Improvvisamente la fonte del suono appare all’oriZzonte. Sulla cima di una collina si profila una mandria di cavalli selvaggi, le loro potenti falcate battono a terra un ritmo di tamburo.
La mandria prosegue verso di voi, e vi accorgete che a condurla e una splendida cavalla rossa. Il suo manto ramato scintilla come una fiamma sotto il sole. La Cavalla conduce la mandria oltre le colline e, come si avvicina a voi, potete sentire che le vibrazioni sotto di voi si intensificano. La mandria corre in cerchio attorno a voi con un arcobaleno di manti e uno strepitio di zoccoli. Mentre vi circondano i vostri problemi vi lasciano e si dissolvono. Niente può competere con la forza e il potere della mandria.

La mandria cambia lentamente direzione, seguendo la cavalla rossa lungo la pianura. Voi la chiamate, non volete che i cavalli se ne vadano. Ma non si fermano, così cominciate a correre tentando di raggiungerli. Lentamente, mentre correte, state cambiando. Le vostre mani si allungano, le vostre dita cominciano a trasformarsi in zoccoli, e la vostra forma diventa quella di un cavallo.

Correte sempre più velocemente, eccitati dalla potenza delle vostre gambe. Vi muovete così velocemente che vi sembra quasi di volare. Raggiungete facilmente la mandria dove venite accolti con entusiasmo.

Ora siete parte di loro, e seguite la cavalla rossa godendovi la velocità e il potere della vostra nuova forma. Davanti a voi si trova un tumulo e voi lo riconoscete come uno dei forti delle fate, dove si crede che vivano le Sidhe. La cavalla vi conduce vicino al tumulo seguendo un percorso a spirale, costeggiato da antiche pietre incise anch’esse a spirale. Il percorso è in salita, e salendo vi avvicinate sempre di più alla cima del tumulo. Quando raggiungete la cima vi fermate e riposate.

Mentre i cavalli pascolano, vi ritrovate di nuovo nella vostra forma umana. Sentite il forte bisogno di trovare la cavalla che vi ha guidati e la cercate tra gli altri, ma vi accorgete che è scomparsa. Al suo posto c’è una donna alta e dai fluenti capelli rossi. Vi sorride e voi sapete di trovarvi alla presenza di Macha, Dea dei cavalli. Essa ha una spada bronzea appesa al suo fianco che riflette la luce del sole.

“Io sono il cuore pulsante della terra. Sono io che stabilisco i ritmi immortali e le trame eterne della vita. Rendo rigogliosa la terra e fertile il suolo. Sono la madre generosa. Fiera come le forze della natura, se richiamata proteggo e aiuto tutte le forme viventi. Sono la Regina che non può essere spodestata, colei che dona la sovranità agli uomini. Conosci me e conoscerai la tua forza interiore e l’abbondanza nella vita. Vuoi apprendere i miei misteri?”

Voi rispondete e lei annuisce e sorride, soddisfatta della vostra risposta. Dopo qualche momento Macha vi conduce attraverso la mandria.
“Il cavallo, come il corvo, si muove facilmente attraverso i mondi, e la sua forza e protezione sono illimitate. Scegli pure uno dei miei cavalli e lui ti farà da guida nei mondi.”
Osservate i cavalli finché non trovate la o il cavallo con cui vi sentite più connessi. Osservate ogni dettaglio del cavallo che avete scelto – colore del manto, segni particolari e così via. Quando siete pronti comunicate a Macha la vostra scelta.

“Ovunque ti troverai mentre viaggi tra i mondi, il tuo cavallo riuscirà a trovarti.”
Senza sforzo, montate sul vostro cavallo.
“Ora va e ricorda: la mia forza è sempre con te. Sono il sole splendente sul tuo viso, il suolo fertile sotto i tuoi piedi, la passione che accende il tuo cuore”.

Salutate Macha mentre il vostro cavallo si avvia verso il sentiero, verso la base del tumulo. Chiudete gli occhi e godetevi le sensazioni del sole e del vento. La visione si annebbia, e voi vi trovate nuovamente nel vostro corpo. Non scordate di chiamare il vostro cavallo come guida la prossima volta che viaggiate tra i mondi!
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ANGUS OG (Angus il Giovane)
Dio della giovinezza

Nella mitologia celtica, Angus Og è il dio della bellezza, della giovinezza, dell'amore e dell'ispirazione poetica,
Tradizionalmente descritto come "il sempre giovane" colui che, rappresenta la bellezza e la giovinezza appunto,ritenuto il signore dell'amore, della musica, della canzone, esso viene raffigurato come un bellissimo, e ammaliante uomo, dai lineamenti delicati, quasi femminili, e lunghi capelli biondi.
La leggenda lo vuole possessore delle Quattro Chiavi, che permettevano l’ingresso negli Altri Mondi: Faerie ed i Regni dei Morti, e che possedesse la facoltà di terrorizzare gli animali.

La leggenda inoltre, ci dice che fosse un membro dei Túatha Dé Danann, che viveva a Newgrange presso il fiume Boyne, che suo padre era Il Dio Dagda, e sua madre la Dea Danu

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OGME
Dio dell'Eloquenza e della Conoscenza

Figlio di Brigit, inventore della scrittura e della magia;


Nella mitologia celtica, Ogmios (noto anche come: Ogma, Oghma, Ogmé, Ogmé, Ogmia), era il dio primordiale che univa gli esseri umani con gli dei, oltre a ciò, è considerato il dio della conoscenza, della letteratura e dell’eloquenza, è anche accreditato con la creazione dell’alfabeto di Ogham e la scrittura.



Tra le sue tante altre attribuzioni c’è quella di essere il dio del cielo notturno e soprattutto dei giuramenti, essendo il dio dell’eloquenza unito il mago con le parole date, che costituivano una base più grande per la punizione dello spergiuro che era una minaccia sociale per gli antichi Celti.



Rappresentazione di Ogmios

Questa divinità è descritta come un uomo anziano calvo che indossa una pelle di leone e che porta un macis, arco e faretra tra le altre armi.


Egli è anche raffigurato come un vecchio che tira centinaia di uomini per le orecchie attraverso piccole catene d’oro che sono anche legati alla lingua trafitta del dio.

È comunemente associato con altri dèi romani come Ercole ed Ermete.

Come il dio della conoscenza, era considerato il dio preferito dei druidi, in quanto rappresentava il potere della parola.

Per gli antichi Druidi, la lingua e l’oratorio contenevano un grande potere, quindi erano considerati esoterici e troppo importanti per essere insegnati a chiunque. Come divinità simbolo di eloquenza, fu invocato prima di una battaglia per incoraggiare e accendere i soldati, che dà a Dio una natura guerriera.

Rappresentava il potere della parola, era il garante dei giuramenti e puniva coloro che facevano voti vani.

Egli era anche colui che univa l’umanità con gli Dei per il potere delle parole rituali ed è stato sotto il suo nome che ha pregato per le benedizioni e la fortuna per gli amici così come i cattivi propositi e le maledizioni per i nemici.


DIANCECHT
Dio della Guarigione e della Medicina


Diancecht era il dio della guarigione e della medicina nella cultura celtica durante l'età del bronzo in Irlanda.
Diancecht era il figlio di Dagda, "il buon dio dei Celti irlandesi", ed era il medico del Tuatha Dé Dannan, il popolo magico d'Irlanda,il clan dominante degli Dei. Anche suo figlio, Miach, era un guaritore, ma durante la guarigione preferiva usare gli incantesimi e le erbe che erano in contrasto con i metodi chirurgici di suo padre.

Secondo la leggenda fu proprio Diancecht che realizzò la mano d'argento per suo fratello il grande Re Nuada,Re dei Tuatha dè Dannan che durante una battaglia perse appunto l'arto,e così la facoltà di regnare,poiché al tempo,secondo le leggi celtiche,un re,per regnare doveva essere fisicamente integro,allora come detto,a quel punto Diancecht gli costruì una mano d'argento ,gliela attaccò all'arto mutilato e così facendo gli permise di riprendersi il trono,che intanto per l'infortunio ricevuto aveva momentaneamente ceduto Bress.

Ma questa vicenda,secondo la leggenda ebbe anche un tragico risvolto.
A costruire ed attaccare la mano d'argento a Nuada restituendogli di nuovo l'integrità fisica fu appunto Diancecht,ma a farla diventare di carne,fu suo figlio Miach per mezzo di un incantesimo,contravvenendo a tutti gli insegnamenti,e le regole del padre.
Dunque quel gesto di Miach,fece infuriare Diancecht,che lo punì colpendolo alla testa con una spada, tagliando la pelle fino alla carne, ma Miach guarì per mezzo delle proprie arti magiche. Allora Diancecht lo colpì di nuovo tagliando la carne fino all'osso, ma Miach si guarì ancora. Diancecht colpì ancora per la terza volta arrivando alla membrana del cervello, e ancora una volta Miach rigenerò la propria ferita. Allora a quel punto Diancecht colpì nuovamente tagliando in due il cervello, ferita che era impossibile da curare per le arti magiche dei druidi, e Míach a quel punto morì.
Diancecht fu anche colui che durante la prima battaglia combattuta dai Tuatha dé Dannan contro i Fomori a Mag Tuired-(la pianura dei pilastri)per la supremazia e il controllo dell'Irlanda,insieme ai figli incantarono la sorgente di Slane,permettendo a tutti i guerrieri dei Tuatha dé Dannan feriti,di guarire immergendosi nella suddetta fonte d'acqua,che appunto gli procurava all'istante una completa guarigione.
Unica volta in cui,Diancecht violò le sue stesse regole,sui gli incantesimi di guarigione,giustificando il tutto,come parte di un bene superiore. 

L'avversione di Diancecht per le erbe,e gli incantesimi di guarigione,lo portò a distruggere 365 erbe che,secondo la leggende furono generate dalle lacrime di sua figlia Airmed,per la morte di suo fratello Miach.Erbe che Airmed non fece mai in tempo a catalogare e sperimentare,erbe che,quindi,i cui usi,poteri e benefici curativi ,rimasero sconosciuti sia Airmed,che all'intero genero umano.Anche se,alcuni resoconti,suggeriscono che Diancecht conoscesse benissimo quelle erbe,e i loro benefici curativi,poiché erano proprio le erbe che aveva usato per incantare la fonte della salute della quale abbiamo parlato prima.

Un'altra leggenda legata a Diancecht è quella che lo vede da prima liberare il figlio di Morrigan,la dea della guerra,e in seguito poi ucciderlo,perché convinto che fosse un essere malvagio,La storia narra che che gli aprì il torace,e al suo interno trovò tre serpenti,in grado di uccidere qualsiasi essere vivente,sia umano,che animale.

I tre serpenti furono distrutti da Diancecht che gettò le ceneri in un fiume. Ogni essere vivente morì nel fiume che, di conseguenza ribollì. Si dice che il fiume Barrow, che significa "fiume bollente", prenda il nome proprio da questa leggenda.

Diancecht,fu anche il primo a sostenere che le parti lese dovessero in qualche modo essere risarcite,dando così vita al concetto di "risarcimento per danni fisici" 

Legge,che a oggi,è un punto fermo sia del codice civile,che di quello penale.


TEUTATES
Dio del cosmo

Dispensatore del soffio vitale, protettore dei padri di famiglia, dei capi, dei Re

“Toutatis” (pronuncia Tutatìs) era una Divinità della mitologia celtica, e soprattutto dei Celti che presso gli antichi Romani avevano nome “Galli“. I Galli (in francese Gaulois) erano gli antichi abitanti della Francia in epoca pre-medievale, prima cioè dell’arrivo dei Franchi, una tribù di origine germanica.

I Galli erano dediti al culto di varie Divinità, ma Toutatis era sicuramente la più importante in quanto divinità della Guerra, oltre che della ricchezza e della fertilità. Un altro suo nome era infatti Caturix (con l’accento sulla i), ovvero “Re della battaglia” (bisogna ricordare che la parola “rix“, nell’antica lingua gallica, significava “Re”, e veniva aggiunta in fondo al nome proprio del capo tribù, come accadde per il condottiero “Vercingetorìx“).

In realtà, Toutatis era conosciuto con moltissimi nomi, tra cui Toutates e Teutates, oppure Eutates. Col nome di “Teutates” era anche il Dio della medicina e della salute, ma, in quanto Dio della fertilità, veniva invocato anche per proteggere i campi ed il raccolto. A questo proposito occorre dire che, secondo gli storici, il nome “Teutates” potrebbe derivare dalla parola “teuta” (o theuda), che in celtico vuol dire “popolo, tribù ” ma anche “terra“, e quindi Toutatis potrebbe significare “dio della terra”, o, per estensione, “dio della terra di Gallia” o “del popolo di Gallia“.
La parola “teuta” era utilizzata anche presso gli antichi popoli germanici, e da essa sono derivati il sostantivo “Teutone” (che indica un antico abitante della Germania) e l’aggettivo “tedesco“, che si diversifica dal nome del Paese che si chiama invece “Germania“.

Giulio Cesare, nel suo capolavoro “De Bello Gallico” (La guerra gallica), cita Teutates col nome di Mercurio, e spiega che questi era la principale divinità dei Galli. Questo è un interessante parallelo con la figura di “Odino“, il padre degli dèi germanici e scandinavi, che veniva anch’esso identificato con il dio romano Mercurio. Nel “De Bello Gallico” viene infatti detto: “ Deum maxime Mercurium colunt….hunc viarum atque itinerum ducem, hunc ad quaestus pecuniae mercaturasque habere vim maximam arbitrantur” (“Degli dei venerano soprattutto Mercurio….considerano questo la guida delle vie e dei sentieri, e lo reputano avere massimo potere nella ricerca di guadagno e nei commerci”).

Poiché era la principale divinità dei Galli, Toutatis poteva essere identificato anche con Giove, padre di tutti gli dèi romani. E’ quindi possibile che il nome “Toutatis” derivi dalla parola latina “totus” (tutto), ossia “padre di tutte le cose”. Un altro suo appellativo ancora era infatti Albiorix (sempre con l’accento sulla i), vale a dire “re del mondo”.

In realtà, l’etimologia di “Toutatis” è ancora sconosciuta. Secondo alcuni, questa divinità poteva rappresentare anche il “dio del cielo“, dispensatore di pioggia per nutrire le terre coltivate, proprio come Giove o Zeus nella mitologia classica.

“Vercingetorige getta le sue armi ai piedi di Cesare”, dipinto di Lionel Royer del 1899, conservato al Musée Crozatier, Le Puy.
Il suo nome è divenuto famoso grazie al celebre fumetto francese “Asterix il Gallo“ (Astérix le Gaulois), nato nel 1959 da René Goscinny e Albert Uderzo, dove “Per Toutatis” è un’espressione ricorrente.

Assieme a lui, nel fumetto viene citato spesso anche Belenos (con l’accento sulla o), il dio gallico della luce. Il suo nome deriva da quello della divinità celtica della luce chiamata “Belanu” (da “Bel“, che significa appunto “luce“). Come Belenos, anche Belanu era lo sposo della dea del fuoco, Belisma, in cui si ritrova la radice “bel”.

Da questa radice è derivata inoltre la parola “Beltaine” o “Beltane“, col quale viene indicata una festa popolare celebrata il 1° maggio presso alcuni Paesi di origine celtica (soprattutto Irlanda) in ricordo delle usanze dei propri antenati. “Beltaine” è l’opposto di “Samhain“, il nome celtico della più famosa festività di Halloween, anch’essa di origine celtica: se infatti “Halloween”, festeggiato la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, rappresentava per i Celti il passaggio dall’estate all’inverno, Beltaine, festeggiato la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio, per questo popolo rappresentava il passaggio dall’inverno all’estate, e quindi la festa della luce.

Durante la celebrazione di Beltaine, è usanza bruciare il sacro fuoco, come usavano fare i druidi in epoca pre-medievale anche per la festa di Samhain, in segno di buon augurio per la nuova stagione e per il nuovo anno (il 1° novembre era infatti anche il capodanno celtico). Questo avvalora l’ipotesi che Benelos, sposo della dea del fuoco, abbia la stessa radice di Beltaine.

In realtà, secondo il poeta romano Marco Anneo Lucano (39-65 a.C.) nel poema “Pharsalia” (444-446), Toutatis si accompagnerebbe non tanto a Benelos quanto a Taranis (dio del tuono, il cui nome potrebbe derivare da quello del dio germanico “Thor“) e Hesus (entrambi i nomi hanno l’accento sull’ultima sillaba), e alle tre divinità sarebbero stati offerti spesso dei sacrifici umani per placarne l’ira o come forma di ringraziamento, come appunto era usanza presso tutti i popoli celtici. Se però in Irlanda le vittime venivano gettate nel fuoco, tra i Galli era invece usanza bollirle dentro a un calderone.

Oggi il nome di Toutatis è famoso anche per la scoperta, da parte dell’astronomo francese Christian Polla, di un asteroide che è stato battezzato come questa antica divinità, asteroide che nel 2004 è passato vicino al nostro pianeta senza scalfirlo.

HESUS

Dio della guerra protettore dei guerrieri

Hesus, Dio della guerra, che proteggeva i guerrieri, egli incarnava la vitalità maschile ed il seme fecondatore, e assumeva talvolta le sembianze di un grosso cane feroce.

Esus o Hesus era una delle divinità maggiori della mitologia celtica, che formava con Toutatis e Taranis la triade divina gallica. È nota principalmente per due statue colossali e per una citazione nella Pharsalia di Lucano. Alcuni lo assimilano al dio della guerra latino Marte, altri invece a Mercurio. Venivano effettuati in suo onore dei sacrifici umani: la vittima veniva appesa a un albero a morire dissanguato. Le due raffigurazioni che lo ritraggono sono la Stele dei Naviganti di Parigi e la Stele di Treviri; in entrambe è rappresentato con l'aspetto di un taglialegna nell'atto di abbattere un albero. In suo onore i Galli Senoni fondarono la città di Jesi (rinominata Aesis dai romani) sulle sponde del fiume Esino allora probabilmente navigabile in quanto il Dio Eso era considerato il protettore del commercio fluviale.


Marcello Empirico, scrittore di origine gallica e autore di un trattato medico intitolato De medicamentis considerato un'importante fonte di parole celtiche, incluse nella propria opera un incantesimo medico-magico per curare malattie della gola che è stato interpretato come una frase in lingua gallica, con la quale si invoca l'aiuto di Aisus, forse una forma alternativa del nome Esus


TARANIS
Dio delle Tempeste e delle Acque


Taranis, Dio delle tempeste e delle acque, protettore della navigazione, i cui simboli erano il fulmine e la ruota.

Taranis è uno degli Dei principali dei celtici.

La divinità Taranis rappresenta il tuono o in sé il rumore che esso produce, per alcuni è conosciuto come il tuono, ispira la paura della distruzione in quanto il suo ruggito è associato con i danni causati dalle tempeste.
Il culto del dio Taranis divenne più popolare in regioni come la Gallia, l’Austria e la Gran Bretagna romana. Soprattutto in Austria, il loro culto continua ad essere praticato in province come Taranes, Taranus, Tarano, Tarna e Toraño. 

Come è notevole il loro nome sono direttamente correlati nella loro origine con il dio Taranis. 
Nella mitologia celtica il nome di questo dio celtico deriva dalla parola “Taran”, che per loro significa tuono. Immagine Essendo considerato un dio guerriero e protettore, appare nelle immagini come un uomo con la barba, a piedi o a cavallo. 

Immagini più espressive di questa divinità aggiungono una ruota in una mano, come simbolo della ruota cosmica che controlla i giorni e le notti. D’altra parte una piccola asta che indica un piccolo fulmine, come il potere di provocare fulmini e tuoni in tempeste. 

Rappresentazione del dio Taranis 

Taranis de pie - Taranis 
Questa divinità rappresentava per i suoi seguaci vari significati o la associava a vari eventi. 

Per alcuni era conosciuto come il fulmine, cioè il significato attribuito ad esso dai suoni del tuono, così come la distruzione che accompagna le forti tempeste. 
Il rumore del tuono era un avvertimento di una terribile tempesta che avrebbe causato danni alla popolazione. 

Un altro significato attribuito a questa divinità è il rapporto con la luce e la ruota cosmica che controlla l’intero universo, gli dà il controllo di giorno e di notte e l’intero ciclo dell’universo. 

Taranis posizione e il culto si trova all’interno della triade di dèi celtici accanto a Eus e Teutates. Questa mitologia si riferisce al fatto che i saggi dell’epoca, noti anche come classe sacerdotale e grandi filosofi, offrirono sacrifici a Taranis. I sacrifici dovevano ingraziarsi Dio e calmare la sua rabbia. Hanno usato persone che di solito erano prigionieri di guerra. 

MAPONOS
Dio della Luce,e dell'Oscurità

 Maponos, Dio fluente di Luce e Oscurità
Cerchiamo di svelare la figura di una divinità ancora poco conosciuta in modo personale ma con l’ausilio della ricerca storica.

Un neo pagano che lavora in una particolare tradizione, ad esempio il neo druidismo, deve sempre essere coinvolto per abbinare l’esperienza presente a ciò che può essere recuperato dal passato che è ancora vibrante, insomma trovare il vecchio metodo per renderlo attuale e nuovo.

Il Dio Maponos è fonte di discussione, egli è spesso abbinato alla stagione del solstizio d’estate per la sua festività e la sua memoria, ma le divinità non possono essere fissati solo a stagioni particolari in quanto la loro natura si adatta a più periodi dell’anno in visione anche alla circolarità della triplicità del nostro cammino spirituale e religioso ma soprattutto si adattano in base a quando le loro qualità particolari assumono aspetti più evidenti.

Perché al Solstizio d’Estate e poi presente anche all’Equinozio d’Autunno?

Maponos è la forma britannica e gallica (Maponus in latino) del personaggio divino che poi divenne Mabon nei racconti medioevali gallesi. Mabon figlio di Modron nel racconto

Culhwch e Olwen è Maponos figlio di Matrona, o 'Figlio divino della Madre Divina’,il quale viene liberato da una prigione dal fiume Severn a Caerloyw, o il forte romano di Glevum (Gloucester). Viene scoperto lì quando il salmone, una delle più antiche creature viventi del mondo, conduce gli uomini di Arthur a combattere il forte mentre Cei e Bedwyr lo portano in salvo. Così metaforicamente viene portato fuori dall'oscurità nella luce.

Il gigante Ysbaddaden dice che Mabon "è stato preso da sua madre quando è di tre notti" che lo collega con Pryderi che è stato altrettanto strappato dalla madre Rhiannon (da * Rigantona o 'Divina Regina') poco dopo la sua nascita e riportato dall'oscurità come un ragazzo cresciuto alla luce della corte di suo padre da Teyrnon (da * Tigernonos, o 'Divino Signore'). Così Mabon o Maponos è il giovane divino, come Aengus mac Oc nella tradizione irlandese, ed era legato ad Apollo dei Romani per aspetti similari.

La sua storia in termini mitologici e simbolici rappresenta l’età di gioventù, di apertura primaverile all'estate, delle lunghe giornate estive, il tempo quando il sole sorge presto e tramonta tardi, portando vita vibrante in quanto tutto è al culmine della nuova crescita.

I suoi racconti sono ambientati in lussureggianti prati erbosi e boschi rigogliosi e frondosi egli si presenta come un suonatore di cornamusa o arpista, come cacciatore o boscaiolo tessitore che intreccia magicamente le lunghe giornate estive con il crepuscolo delle brevi notti di mezza estate un mediatore crepuscolare tra il tempo della luce e dell’oscurità.

Alcune delle forme britanniche dei nomi precedenti non hanno propriamente una fonte assodata sopravvissuta ma Maponos è registrato in diversi toponimi sia in Gran Bretagna che in Gallia.

Vi è una placca d’argento a forma di mezzaluna trovata a Vindolanda (UK) con l’iscrizione “ DEO MAPONO”, vi sono diverse dediche per “ Apollo Maponus” trovate nei pressi del Vallo di Adriano ed in altri luoghi della Gran Bretagna.

Nella Cosmografia Ravennate si riferisce ad un “locus Maponi” una sorta di centro del suo culto ubicato a Loch Maben in Scozia, sede anche di Clochmaben Stone un monumento megalitico che lo ricordano insieme ad alcuni registri medievali che riportano anche la dicitura De Mabono spring che suggerisce una possibile posizione del culto di Maponos in una fonte sacra.

E’ quindi ben attestato sia in antica tradizione che nei racconti medievali ( Mabon o Prideri/Prydain) ed altri riflessi letterari che la figura di Maponos risplende in figure di storia, folklore e aneddoti, una di queste è la storia raccontata da Henry Vaughan, poeta metafisico gallese del XVII sec, circa un pastore che narra:

“ La nel periodo estivo guardando le pecore e i loro agnelli, cadde in un sonno profondo e sognando vide un giovane bellissimo con una ghirlanda di foglie verdi sulla testa e un falco sul suo pugno, una faretra colma di frecce sulla sua schiena che andava verso di lui fischiando diversi motivi musicali sino a quando lascio volare il falco verso di lui che si diresse verso la bocca del pastore e nel suo interno. Improvvisamente il pastore si svegliò con grande paura e costernazione ma qualche cosa era mutato in lui e si sentì posseduto da una grande vena poetica tanto che abbandonò le sue pecore e divenne il più famoso Bardo della sua contea”

Così Maponos è il figlio Divino, segnato dalla discesa matrilineare della Madre Divina, musicista ed arpista nei suoi diversi aspetti è Mabon, in Culhwch e Olwen ( racconto medievale gallese del ciclo arturiano) - viene rilasciato dalla sua prigione buia per unirsi alla caccia di Twrch Trwyth per prendere dal re dei cinghiali dei simboli ( un pettine e delle forbici)che ha tra le sue orecchie e che sono necessari a Culhwch per sposare Olwen.
Il gigante , padre di Olwen, dice che la caccia non può avvenire senza di lui e così anche il matrimonio in quanto avrebbe decretato la sua stessa morte.
Nel racconto Culhwch rappresenta simbolicamente il ragazzo divino che deve superare le prove lungo il ciclo stagionale della vita e lo stesso Olwen che è la controparte della donna divina che attende il suo sposo. Entrambi crescono nella parte luminosa dell’anno, così lui è Maponos dell’estate quando il sole è all’apice massimo e partecipe e benedice le feste nuziali, il maestro e mago che fluisce nei vari ruoli perché tale è la natura del mito. Egli non è il Dio solare ma si comporta similmente, non è il Dio della vegetazione ma ha sempre un suo ruolo in esso e sebbene sia certamente il Dio che suona la melodia più dolce, non ci chiede di giudicare, ma di ascoltare e imparare. La storia che Apollo e Pan avevano una concorrenza su chi fosse il migliore musicista, un contesto vinto da Apollo, è stato rappresentato come il dio in concorrenza con il suo sé più anziano.Lo scrittore irlandese James Stephens ha fatto buon uso di questa idea nel suo romanzo The Crock of Gold, in cui Pan viene in Irlanda e gareggia con Aengus Og e c’e’ qualche cosa di fondamentale in opposiziovne tra il suonatore di siringa dei boschi e la Musa della canzone; con il cacciatore e le sue frecce e lo spirito della poesia con la sua lira; con il Dio delle selve ed il signore delle baldorie. Maponos li comprende tutti.

Egli è l’Awen, lo spirito dell’estate, la gioventù che si trasforma in consapevolezza ma rimanendo sempre giovane, l’ispirazione e l’espirazione della Musa che suona la sua musica in quello che sembra un giorno senza fine. Il suo discorso non è prosa ma poesia, il senso della sua canzone è l’Estate, nel suo inizio e nella sua fine.

Spesso sembra che ogni dio abbia un alter ego, anche un’antitesi e come tante altre divinità la natura di Maponos è diversa e lo possiamo capire dalla tavoletta gallica di Chamelieres dalle parole un po' oscure ma interpretabili con questo senso:

“Maponos del profondo
grande Dio
io vengo a te con la mia richiesta:
Portaci gli spiriti dell’aldilà
per ispirare noi
che siamo davanti a te”

Analizzando lo scritto possiamo considerare come una sorta di chiamata/invocazione a Maponos il quale riveste il ruolo di guida e guardiano del portale dell’aldilà similare alla visione romana in cui Apollo è visto patrono della Sibilla Cumana, profeta, custode e voce del portale degli spiriti.

Pertanto possiamo chiedere a lui l’aiuto per invocare i poteri dell’altro mondo creando un legame adeguato nell’incarnazione del potere ispiratore e profetico come nell’ awenyddion, tradizionale metodo più moderno di trans sciamanica di origine gallese, che attraverso l’estasi di un sonno mantico, conferisce un’oscura ispirazione poetica.

Così mentre riceviamo i doni della luce dell’estate possiamo ricevere anche l’ispirazione del lato oscuro, rappresentato dal personaggio che è posto a guardia del portale dell’Aldilà o del Solstizio invernale dove sua madre Matrona, porta la luce dall’oscurità.

Con l’Equinozio d’autunno Maponos riveste il ruolo di una sorta di Persefone al maschile dove nella figura di Arawn e Pwyll si contendono il regno di luce del mondo visibile e quello oscuro dell’aldilà per una anno da equinozio ad equinozio.

Ossian


BELENUS
 Dio della Luce,e del Fuoco

Belenus è una delle divinità celtiche conosciute come il Dio della Luce, e del Fuoco. I celti quindi,,tenuto conto del suo rapporto con il Sole,e con il Fuoco, gli attribuirono anche il grande potere della rigenerazione,e della purificazione, associandolo quindi anche alla guarigione. Il 1° maggio nella tradizione celtica si festeggiava la festa di Beltane proprio in suo onore,durante tale ricorrenza si ballava e si indossavano costumi colorati per accogliere la primavera che stava per venire.
Conosciuto anche come Belenus, Beltayne, per sua associazione al Sole e al Fuoco, egli veniva paragonato al Dio greco Apollo.
Allo stesso modo, fu confuso con il dio Grannus “Il Brillante“, che rigenera le sorgenti, i minerali e il Sole.
Va notato che Belenus non sfugge di avere al suo fianco una compagna, cioè Belisama, Dea del fuoco, entrambi considerati come i Luminosi e Splendenti per il loro legame con la fiamma.
A Belenus gli fu affidata la responsabilità di prendersi cura delle pecore e dei bovini.


BELISAMA
Belisama, dea del Fuoco e della Saggezza
Belisama, il cui nome deriva dalla radice protoindoeuropea "bel" = "luce" e significherebbe "estate brillante", era la Dea gallica e ligure del fuoco, della saggezza, della forgiatura e dell'artigianato, moglie di Bel/Belenus/Belanu Dio della Luce e del Fuoco, uno dei maggiori e più antichi Dei europei, associata ad Atena/Minerva, anche lei come Brighid viene spesso raffigurata con un serpente e una scrofa bianca (antichi animali legati alla Dea Madre) e condivide con lei la radice del nome e le caratteristiche tanto da poter affermare che siano la stessa divinità. Il fatto che venga spesso rappresentata con dei serpenti fra le mani, sta ad indicare che era una dea della saggezza e della guarigione. Belisama era anche la Dea delle acque, signora dei fiumi, dei ruscelli e delle fonti sacre a scopo curativo e legato alla fertilità. Altre varianti del nome sono: Belisana, Belisna, Belisma, Belasama, Belesana. Iscrizioni con il suo nome sono state rinvenute dalla Gallia Cisalpina e Transalpina, a sud, sino alle isole britanniche, a nord. La sua pianta sacra era il biancospino e con questo, secondo la leggenda, avrebbe indicato a Belloveso il luogo di fondazione della città di Milano. Secondo una leggenda nei profondissimi sotterranei del Duomo ci sarebbe un lago, un grande lago circondato da arcate e sulla cui riva ci sarebbe un tempio dedicato a Belisana o alla Grande Madre. Belisama e il suo consorte vengono festeggiati a Beltane, il primo maggio.


Il primo santuario

La storia della piazza del Duomo non può andare disgiunta da quella del medhelan, “centro di perfezione” o “terra sacra di mezzo”, ossia del grande santuario celtico presumibilmente fondato nel primo quarto del VI sec. a.C., da cui derivò il nome latino di Mediolanum e quello odierno di Milano. 

Un medhelan era un bosco sacro che si trovava, più o meno casualmente, al centro di una serie di coordinate terrestri e astrali, che facevano di esso il luogo ideale per il raduno dei druidi e della popolazione in particolari momenti celebrativi.

Il nostro santuario, destinato alla confederazione insubre, doveva presentarsi come uno spiazzo erboso circondato da alberi che formavano un’ellisse con gli assi di m 443 x m 323 ed era situato intorno a piazza della Scala, lasciando piazza del Duomo a meridione. L'accesso al santuario era garantito da un sistema di sentieri il cui tracciato venne mantenuto anche in età romana e si trasmise fino al XIX secolo; tra i tracciati viari quello che correva immediatamente a meridione del santuario condizionò l'orientamento dei posteriori edifici romani e per conseguenza l'orientamento di quella che sarebbe diventata la nostra piazza del Duomo. Questo tracciato è identificabile con l’attuale corso Vittorio Emanuele, piazza Duomo, Cordusio e via Broletto, il cui andamento curvilineo è ancora evidente, nonostante lo stravolgimento dell'orientamento operato per la realizzazione della piazza in età sabauda.

Il santuario di Belisama-Minerva

Le costruzioni più antiche rinvenute nell'area di piazza Duomo risalgono a due secoli dopo la fondazione del santuario, quando con la seconda ondata di Galli, conosciuta come invasione guidata da Brenno nel 390 a.C., al medhelan si affiancò il centro della confederazione insubre, secondo la leggenda col nome di Alba. Nonostante manchino reperti per stabilire la qualità delle abitazioni, nell’area di Palazzo Reale e della retrostante via Rastrelli sono stati fatti ritrovamenti databili tra la fine del V sec. e gli inizi del IV sec. a.C. Gli scavi nell’angolo SW di Palazzo Reale hanno restituito a - 5 m di profondità una piccola fornace del V sec. a.C. oltre a tracce di abitazioni non meglio definite.

Da Polibio sappiamo che gli Insubri avevano un tempio dedicato a Minerva, corrispondente alla celtica Belisama o Brigida, la “Luminosa”, che custodiva le insegne dette “inamovibili”. La tradizione locale identifica questo tempio con una piccola cella a base quadrata e forse circondata da un portico rinvenuta da Mario Mirabella Roberti all’interno della cattedrale estiva, con delle misure che si aggirano sui m 17 di lato. 

La cittadella

Il medhelan continuò a sussistere accanto ad Alba e venne più tardi trasformato in cittadella, ossia circondato da un terrapieno rinforzato da palizzate, affinché la popolazione potesse trovarvi riparo nelle emergenze o vi si radunasse in occasione di feste o cerimonie. Aveva pur sempre carattere sacro, finché dall'imperatore Augusto in poi, dopo il divieto dei culti peculiari dei Celti, tale funzione venne gradualmente meno. Nell'antico medhelan si poté allora costruire (sono state trovate tracce di abitazione intorno a S. Fedele), ma avanzava ancora ampio spazio per i raduni, per cui rimase nella memoria collettiva a partire dal medioevo come arengo; il vocabolo pare essere di origine germanica e derivare da "ring" ossia "cerchio", forse per l'abitudine di disporsi intorno a chi parlava, ma nei documenti si chiama anche arenario, chiaramente per la presenza di terra battuta. 

(Passo tratto da http://www.storiadimilano.it/citta/Piazza_Duomo/duomo_celti.htm) 

"...E' una delle potenti Matres e quale rappresentazione del potere femminile è intimamente legata al sottosuolo, gli inferi, il grande ventre della Madre da cui nascono tutte le sorgenti. Da citare è la sorgente di Herse ( Francia ) situata nella foresta di Belleme, ovvero Belisama, in cui un'iscrizione latina rivela che era dedicata agli "Dei Infernali" ( da intendere nel senso pagano del termine ). Tra le rappresentazioni più interessanti, alcune statuette votive in cui viene raffigurata come una nobile donna ( elemento generatore - Terra - Acqua ) ornata di corona ( Fuoco - Luce - Regalità ) e coperta da una lunga veste. Il braccio destro è disteso lungo il corpo con la mano aperta, palmo rivolto in avanti. Il sinistro è invece piegato a livello del bacino con la mano semichiusa a forma di coppa. L'intera figura poggia sulla schiena di un uccello simile ad un anatra ( Aria - Acqua )...."



EPONA
Epona, la Dea protettrice dei cavalli e dei cavalieri


Epona (la giumenta divina) dea celtica dei cavalli e della fertilità, divenne popolare tra i soldati della cavalleria romana di stanza in Gallia e, unica divinità celtica, accolta nel pantheon romano (tra il I sec e il III sec d.C.).
Raffigurata come una donna a cavallo alla maniera delle Amazzoni, accompagnata da un puledro o da un cane, o seduta con due puledri che si nutrono dalla patera appoggiata sulle ginocchia o con una cornucopia o un mazzo di chiavi in mano, è chiaramente una Grande Madre dea della fertilità.
L'areale in cui sono state rinvenute sue statuette votive, bassorilievi (soprattutti tombali) e statuette greco-romane di varie dimensioni, spazia con baricentro la Gallia dalla Spagna alla Germania e fino alla Bulgaria, ma anche in Gran Bretagna.

Si suppone che dalle province danubiane quale divinità tribale (gli Edui) il suo culto si diffuse in Gallia e nel Nord d'Italia per passare attraverso il culto romano in tutto il Mediterraneo. La sua protezione veniva in particolare invocata nelle stalle come ci narra Apuleio nella sua opera “Asinus aureus” (L’asino d’oro) in cui descrive un piccolo saccello dedicato ad Epona inghirlandato da rose appena colte (la varietà selvatica della rosa gallica). Nell'opera Epona è assimilata ad Iside e questo potrebbe far supporre un culto misterico associato alla dea di cui però non si è conservata traccia. Di certo la dea non è una dea della guerra bensì dea ctonia accompagnatrice di anime, una dea che custodiva i suoi devoti durante questa vita e nel mondo seguente.
In un dipinto parietale a Pompei (di cui rimane solo una riproduzione in disegno) mostra,le due dee (Iside è riconoscibile per il sistrum e il copricapo). Probabilmente entrambe tengono in mano una cornucopia.
Custode delle chiavi della vita e della morte
La Dea è simbolo di abbondanza e di fertilità, propizia alla vita e alla guarigione ed è connessa al potere curativo delle acque termali ma anche portatrice di fortuna.
Nella mitologia celtica, il cavallo era associato all'Altrove, accompagnatore delle anime dei morti nell’oltretomba, la terra delle fate, personificazione della Grande Madre.
Per i Celti era un animale sacro, simbolo della regalità e attributo di varie divinità in particolare delle dee-giumente. Simbolo di ricchezza (portafortuna) e seppellito insieme al suo padrone (o degno di una sepoltura rituale se caduto in battaglia) era allevato se di manto bianco dai druidi e utilizzato per i vaticini e i riti propiziatori (animale sacrificale).
Animale totemico per molte tribù celtiche che ne riprendono il nome, la sua carne era tabù tranne che in particolari momenti rituali. continua
Inevitabile l'accostamento di Epona con Rhiannon dea gallese che sposa il Signore degli Inferi e con Macha moglie di re Conchobar
RHIANNON
Da Il tempo dei celti. Miti e riti: una guida alla spiritualità celtica di Alexei Kondratiev
Rhiannon (“Grande Regina”) appare per la prima volta al marito, il nobile Pwyll, cavalcando nello stile tipico di Epona. Ella stessa viene degradata ad un ruolo equino quando il figlio appena nato, Pryderi, viene rapito dai poteri dell’Altromondo, ed è quindi accusata di averlo ucciso. La sua condanna consiste nello stare davanti all’entrata del suo castello e di offrire agli ospiti di portarli in groppa all’interno di esso, dopo aver raccontato in che modo ha ucciso il proprio figlio. Nel Terzo Ramo, quando sia lei che Pryderi (ora adulto) sono prigionieri della fortezza dell’Altromondo di Llwyd ap Cil Coed, sono costretti a indossare gioghi da cavallo intorno al collo. È implicito in entrambi gli episodi che la Dea e suo figlio (il neonato Pridery viene riportato indietro da Teyrnon in compagnia di un puledro magicamente rapito) vengono realmente trasformati in cavalli; e questo è un fatto confermato dalle varianti della tradizione orale, specialmente in Bretagna. La ragione precisa di questa involuzione allo stato animale non viene mai chiarita (eccetto finora nella struttura generale della narrazione, secondo cui riflette la vendetta di Gwawl su Rhiannon e sulla sua famiglia, usando Lwyd ap Cil Coed come agente), ma se, come suggerito da Caitlìn Matthews, Rhiannon e Pryderi rappresentano qui Modron e Mabon (Matrona e Maponos), la Grande Madre e il grande Figlio, la trasformazione potrebbe essere spiegata con la sua funzione nel più ampio contesto mitologico e rituale. La nascita del Figlio della Luce (che diverrà Maponos, il giovane e vigoroso dominatore della metà samos dell’anno) avviene quando l’aspetto materno e umanamente attraente della Dea Terra è addormentato, sostituito dalla Scrofa, la Megera, la Dea nel suo aspetto ostile (forse rappresentata nel Primo Ramo dalle serve che architettano l’umiliazione di Rhiannon). È l’ascesa della Megera a produrre in effetti l’eclissi della Madre, espressa dalla perdita delle facoltà umane quando il personaggio assume caratteri animali (natura animale = giamos; natura umana = samos). Il volto umano e orientato verso la Tribù della Dea tornerà soltanto quando l’anno si avvicinerà alla sua metà luminosa. Llwyd (la “Grigia”) è la figura che possiede la chiave dei cambiamenti. 
Considerando nuovamente il nostro rituale del Solstizio [hoodening] alla luce di quanto sopra, ci si rende conto che, nella stagione invernale, Mari Lwyd è una madre che è stata separata dal figlio. Questo porta immediatamente alla mente molte figure di altre mitologie, Dee-Madri che vagano in lacrime su una terra deserta in cerca di un amore perduto (figlio o consorte) collegato al potere della fertilità: Demetra e Persefone, Iside e Osiride, Nanna e Balder, Leminkäinen e sua madre… Nel caso di Demetra e Iside, le dee vaganti acquisiscono un seguito di compagni che assumono essi stessi significato individuale nei miti. Forse che il racconto di Rhiannon, o dell’archetipo da lei rappresentato nel sapere celtico, contenesse un tempo proprio questo elemento, sopravvissuto fino ad oggi nel rituale che ha ispirato? È il proprio il puledro che la Giumenta Grigia o la Grande Giumenta cerca una casa dopo l’altra, e gli strani personaggi che l’accompagnano, suonando campanelle e violini e sventolando nastri, sono gli aiutanti dell’Altromondo che la sostengono nel suo esilio; le loro identità ci sono sconosciute in questo contesto specifico, ma senza dubbio sono molto vicine a quei “compagni magici” così comuni nella tradizione popolare. Ovviamente, nonostante la possibilità di tali associazioni, la cerimonia funge ancora chiaramente da rituale “cavallino” mirato a ripristinare la fertilità o riattivare i poteri della generazione: anche in esilio, incapace di manifestarsi apertamente nella natura, la Dea-Terra può ancora trasmettere la sua “energia equina” (eoghus) a coloro che ne hanno bisogno, e lo fa con la tipica turbolenza di un “cavallino”.

Epona la strega
In epoca altomedievale, Epona fu anche assimilata a Hera, divinità celtica a cui sono state rinvenute iscrizioni in Svizzera e in Gallia Cisalpina. In Hera, Era o Haerecura "l'antico nucleo funerario che è stato individuato nell'omonima Hera greca riaffiorava in maniera duratura. Ancora al principio del '400 i contadini del Palatinato credevano che una divinità di nome Hera, portatrice di abbondanza, vagasse volando durante i dodici giorni tra Natale e Epifania" (G. Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Torino 1989. pag. 81). Hera, legata a Diana, da cui Herodiana (in seguito trasformata in Erodiade) era la dea notturna per eccellenza che soprintendeva al noto "Corteo di Diana" in cui le donne perverse votate a Satana cavalcavano "certe bestie" al seguito della dea dei pagani. E così il cerchio si chiude: la "Diana paganorum dea" immaginata e poi raffigurata sempre a cavallo di animali lanciati al galoppo espressione più concreta della demonizzazione cristiana del culto precedente, deve essere intesa come "un'interpretatio romana di Epona, o di qualche sua equivalente locale (...). Ora, le più antiche testimonianze sulla cavalcata di Diana provengono da Prum, da Worms, da Treviri, ossia da una zona in cui è stata rinvenuta una gran quantità di raffigurazioni di Epona, a cavallo o accanto a uno o più cavalli " (G. Ginzburg, Op. Cit., pag. 82).

Le attribuzioni degli dei maschili non erano fisse, ma cambiavano tra le varie tribù; per esempio, Teutates veniva indicato da alcuni come un equivalente celtico di Giove, da altri come Marte.

Per quel che riguarda le Divinità femminili, molti studiosi sono d'accordo sul fatto che le innumerevoli Dee dai nomi diversi altro non fossero che molteplici attribuzioni di un'unica Dea: la Grande Madre Terra. 

Keridwen era la Dea Madre nella sua funzione di protettrice delle forze della natura, delle foreste, delle montagne


 Rosmerta custodiva il focolare domestico, le tradizioni, le cose sacre

 Idunna rappresentava il pensiero creatore, la conoscenza, le opere intellettuali

L'ALTROMONDO CELTICO

Altrove è la terra della felicità eterna dove vivono gli uomini dopo la vita sulla terra: dove non ci sono peccati da espiare o buone azioni da premiare come per i Cristiani; dove vivere una vita piena e perfetta e non una non-vita come quella immaginata dai Greci e dai Romani. Altrove è anche la terra dove vivono gli antichi dei, ovvero è il Regno delle Fate.(Elfland).

Sebbene Altrove si raggiunga solo con la morte, alcune leggende e poesie celtiche narrano di poeti, eroi semi-divini o semplici visitatori che ci sono arrivati in vita, alcuni sono imram ovvero racconti di avventure per mari inesplorati, altri rientrano nel vasto tema popolare del rapimento fatato.

Così nella narrazione di Thomas of Erceldoune (Ercildoune) riportato nel Thornton Manuscript, (vedi) viene descritto un reame dell'abbondanza dove dame e cavalieri si dilettano con musica, danze e canti, schermaglie amorose e giochi cortesi (senza omettere sontuosi banchetti)

48

In-to þe haulle sothely scho went,

Thomas foloued at hir hande;

Than ladyes come, bothe faire and gent,

With curtassye to hir knelande.

49

Harpe and fethill bathe þay fande,

Getterne, and als so þe sawtrye;

Lutte and rybybe bothe gangande,

And all manere of mynstralsye.

50

Þe most meruelle þat Thomas thoghte,

Whene þat he stode appone the flore;

Ffor feftty hertis in were broghte,

Þat were bathe grete and store.

51

Raches laye lapande in þe blode,

Cokes come with dryssynge knyfe;

Thay brittcned þame als þay were wode;

Reuelle amanges þame was full ryfe.

52

Knyghtis dawnesede by three and three,

There was revelle, gamene and playe;

Lufly ladyes, faire and free,

That satte and sange one riche araye.

TRADUZIONE ITALIANO

48

Entrò con passo lieve nella sala

E Thomas lo fece insieme a lei.

Poi dame vennero ed erano gentili

E a lei per cortesia si inginocchiarono.

49

Arpa e violino suonarono allegri

E con essi la cìtara e il salterio

E si unirono il liuto e la ribecca

E menestrelli presero a cantare.

50

Ma la cosa che fu più straordinaria,

Pensò Thomas intento a riguardare,

Furono i cervi, cinquanta, lì imbanditi,

Ed erano tutti grandi e ben pasciuti.

51

Il sangue i cani stavano lappando

E i cuochi vennero con i coltelli

E presero a tagliare come matti

E parevano in preda a frenesia

52

Cavalieri danzavano a tre a tre;

C'era baldoria, c'era festa e gioco;

Belle dame raccolte in lieta schiera

Ben abbigliate cantavano in coro.

(tratto da Hugh Mynne, La via delle Fate, Sperling & Kupfer, Milano 1998, traduzione dall’inglese di Francesco Saba Sardi)


INNO A TIR NA NOG
I guerrieri celti non temevano la morte in battaglia perché i loro druidi insegnavano che l’anima avrebbe conservato immutate le proprie sembianze umane, come pure i propri bisogni e necessità e avrebbe ancora vissuto nell’AltroMondo: un’isola meravigliosa o una grande pianura dentro i tumuli preistorici, dove corrono i cavalli, i frutteti sono rigogliosi, la musica è soave, il tempo eternamente sereno, ricchezza e bellezza, donne fiabesche, bevande divine.

Tir na nog agus tir na mbeo
tir gan bran ar bith
ta'si i gcein san iar tharbui
ar cho'adach na Mara goirme
ta' curach luath de christal agam
mach bhfaca suil bha'smar go deo
iochaimid go tir sin raimh titim na ha'che
i mo churaigh luaith ghil
tiochaimid go cladach na tire grianmha ire sin
gan draoithe's gan deazmhain chom maith
go tir na nog, son iar thar bui
ar chladach na mara goirme
tir aoibhinn a bhfuil gleannta naine inti
sruthanna gela's ma'msa fe'armhara
tir shitheach sha'mh gan bla's is gan timmeas
mar a bhfuil samhradh ann go deo.
TRADUZIONE ITALIANO
Terra di giovinezza e terra di vita
terra priva di dolore
lontana nell'occidente dorato
sulla riva del mare azzurro
possiedo una barca di cristallo veloce
come occhi mortali non videro mai
noi andremo verso quella terra
prima che cada la notte
sulla mia barca veloce e splendente
Andremo verso la riva di quella terra assolata
verso la terra della giovinezza,
nell'occidente dorato
sulla riva del mare azzurro
la terra dalle valli verdeggianti
ruscelli chiari e pianure fitte d'erba
una terra di pace, serena,
priva di morte e di dolore
dove è sempre estate.

Verso quest’isola meravigliosa si dirigono in vita gli eroi, un’isola che simbolicamente si trova ad Ovest: cibo e bevande sono inesauribili è la terra dell’abbondanza, della pace e dell’armonia.
L’Altro Mondo è di difficile accesso, esso è invisibile agli occhi umani e il cammino è pericoloso e pieno di insidie. Solo agli eroi o agli iniziati riescono a raggiungerlo da vivi. Sono coloro che vengono rapiti dalle fate come il barcome il bardo scozzese  Thomas the Rhymer (Tommaso il Rimatore) vedi oppure Oisin il poeta e guerriero dei Fianna, rapito nientemeno che dalla figlia del dio del Mare Manannan vedi. Un'altra ballata molto popolare è inoltre quella dell'elfo Tam Lin che un tempo era stata un umano di cui la regina delle fate si era invaghita 

Anche le donne erano rapite dalle fate (soprattutto le più belle e spesso proprio nel giorno del loro matrimonio!!) così Etain è rapita dal dio Midir e la lirica è stata messa in forma di canzone da Angelo Branduardi nel suo "Donna di Luce" vedi
(Cattia Salto, novembre 2013)




FONTI


http://ontanomagico.altervista.org/oiw.html
https://ontanomagico.altervista.org/epona.html
http://www.epona.net/depictions.html
http://markhedsel.blogspot.it/2014/12/lasino-doro.html


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