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Re Artù:La verità oltre la leggenda

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mercoledì 1 dicembre 2021

Le Druidesse Celtiche: Sagge Sacerdotesse dell’Antica Religione.

Le Druidesse Celtiche:
     Sagge Sacerdotesse dell’Antica Religione.
Cominciamo col dire che, le Druidesse Celtiche erano parte integrante dell'antico Ordine Druidico, e quindi, in quanto tali, tenute in altissima considerazione, e neanche separate come avviene nel cristianesimo per sesso, dai religiosi di sesso maschile.

Ognuno di noi conserva in se un’immagine leggendaria dei Druidi. Al ricordo lontano di chi fossero questi vecchi saggi, e di chi e cosa si nascondesse dietro la leggendaria figura di Morgana la domanda è una: chi erano le Druidesse?

La parola druido (saggio delle querce) essendo neutra e priva di valenza di genere non ci viene in aiuto. Per ricondurci all’esistenza delle druidesse dobbiamo fare appello alle antiche testimonianze ascrivibili alla tradizione classica e medioevale che raccontano di antiche comunità sacerdotali esclusivamente femminili. L’esistenza di queste sacerdotesse fu testimoniata anche da diverse iscrizioni rivenute in Francia ad Arles, a Metz, o a Le Prugnon durante gli scavi archeologici. Ciò nonostante in epoca medioevale alcuni studiosi tentarono di metterne in dubbio tale esistenza per negare alle donne un ruolo attivo come guide spirituali.
I druidi e le druidesse non furono solo figure leggendarie. E a discapito di quanto si creda, nel mito irlandese le sacerdotesse celtiche non si limitarono ad essere solo ed esclusivamente profetesse e veggenti, ma furono anche donne sagge, guaritrici, poetesse, maghe ed erboriste.


L’Esistenza delle Druidesse

Che le Druidesse esistettero è quasi certo. Ciò che non è chiaro è se fossero delle profetesse, delle sacerdotesse o delle guerriere. Le fonti infatti non aiutano a coglierne pienamente il ruolo che appare alquanto complesso. Inoltre, bisogna considerare che la società celtica tenne sempre nascosti gli ambiti del proprio sapere sacerdotale al popolo greco.
L’assenza di fonti dirette non aiuta a sbrogliare l’enigma e ci porta a pensare che l’iniziazione delle sacerdotesse passasse attraverso lo sviluppo di diverse abilità che affascinarono e suggestionarono i popoli con cui entrarono in contatto.

Le Donne Celtiche

Sebbene la libertà della donna in epoca greca e romana fosse assai limitata non fu lo stesso per i celti. Il ruolo della donna nel popolo celtico era molto diverso nonostante la condivisione di simili origini.

Questa società era infatti di tipo gilanico e manteneva un sistema perfettamente equilibrato tra maschile e femminile, privo di gerarchia centralizzata.
Le donne presso i celti godevano di ampie libertà e assumevano ruoli di grande potere e responsabilità che facevano impallidire gli uomini di quelle società basate sull’asservimento femminile. 

Queste notizie ci arrivano dai romani stessi che furono sempre intimoriti da queste temibili figure femminili che ricoprivano ruoli di non poco conto non solo come regine ma anche come indomite guerriere.

Il Ruoli delle Donne Celtiche

Sacerdotesse

Seppur le prove siano sempre incerte sappiamo che vi furono presso i Celti delle Sacerdotesse chiamate in lingua irlandese Bandrui, del quale si ignora se appartenessero nello specifico all’ordine druido.
Nella tradizione irlandese infatti il sacerdozio celtico veniva suddiviso in varie figure di druidesse, a cui venivano assegnati diversi nomi:

Bandrui – donna-druido
Banfile – donna-poeta
Banfaith – donna-indovino

Dalle numerose fonti classiche pare che queste sacerdotesse celtiche Brandrui vivessero usualmente in isolette dove risiedevano nelle proprie comunità sacerdotali femminili il cui accesso era vietato agli uomini.
Similmente a quanto raccontato nel ciclo arturiano per l’isola di Avalon, l’isola mitica e invisibile immersa in una fitta nebbia, sono tantissime le testimonianze di questi luoghi dove pare si svolgessero cerimoniali sacri e iniziazioni in onore dell’Antica Dea.
Testimonianze di sacerdotesse

Furono molti gli autori latini e greci come Artemidoro, Strabone, Pomonio Mela, Tacito, Plutarco etc… che testimoniarono di queste isole e comunità di Donne Sacerdotesse e Profetesse.
LAMPRIDIO, Alexander Severus LIX, racconta che mentre si accingeva a partire, una profetessa druidica gli urlò in lingua gallica : “Va’, ma non sperare nella vittoria e non fidarti dei tuoi soldati”.
Altro racconto parla di Diocleziano, che militava ancora nei ranghi inferiori, ed era di stanza in Gallia nel paese dei Tungri, ebbene, egli si trovò in una locanda a fare i conti dei suoi costi giornalieri con una donna che era una druidessa. Questa a un certo punto gli disse: “Diocleziano, sei troppo avaro e spilorcio!”. Ed egli le rispose scherzando: “quando sarò imperatore, allora sì che largheggerò!”. E si dice che la druidessa avesse risposto : “Diocleziano, non scherzare, sarai infatti imperatore, dopo aver ucciso il cinghiale”.

Strabone, ad esempio, storico greco del I secolo, affermò l’esistenza di un’isola sulla foce della Loira dove risiedeva una comunità esclusivamente femminile appartenente alla tribù dei Namneti. Questo popolo gaelico-celtico è confermato dalla ricerca archeologica. Sempre secondo la fonte, le sacerdotesse di questa comunità si allontanavano dall’isola solo per incontrare i propri mariti.
Ancora, il geografo romano Pomponio Mela (nel De Chorographia) ci racconta di nove vergini sacerdotesse:

Sena, nel mare britannico, di fronte al litorale, presso gli Osismii, è degna di nota per l’oracolo della divinità gallica le cui sacerdotesse, si dice, sono nove vergini perpetue. Esse sono chiamate Gallisenae; pretendono di calmare, con i loro canti e con i loro singolari artifici, i mari in tempesta e i venti, e di trasformarsi in qualsivoglia animale. Sanno guarire quello che altri non riescono a guarire e sanno predire il futuro.
(Sia detto incidentalmente, qui Pomponio non sta facendo opera di fantasia né enuncia costumi latini. Parla di un'isola situata nel mare britannico, celebre per la presenza di un oracolo di una divinità gallica. Si tratta di tradizioni (traduntur) estranee al mondo latino, ma perfettamente conformi alla materia celtica.)
Profetesse

Queste donne quindi, non furono solo sacerdotesse. Si è parlato a lungo infatti del dono profetico delle druidesse, della veggenza e delle loro capacità divinatorie.

Vobisco nella Historia Augusta ad esempio, ci racconta vari episodi e narra come Diocleziano, Alessandro Severo e Aureliano avessero avuto rapporti con alcune druidesse.
Di Aureliano, ad esempio, ci racconta che consultò le druidesse di Gallia per sapere se il grande Impero sarebbe rimasto in mano ai suoi discendenti:
Aureliano un giorno consultò le druidesse di Gallia per chiedere loro se l’Impero sarebbe restato in mano ai suoi discendenti, ma quelle risposero che nessuno nello Stato avrebbe avuto un nome più eclatante di quello dei discendenti di Claudio.

Di questo dono profetico, come già accennato in precedenza, ne parla anche Lampride o Lampridio che dir si voglia, quando racconta che mentre Alessandro Severo stava per partire per la sua ultima battaglia, una druidessa gli urlò in gallico ammonendolo:

Puoi continuare il tuo viaggio, ma non sperare nella vittoria, diffida dei tuoi soldati.

Alesandro Severo fu assassinato in seguito proprio dai suoi soldati pretori.

Un’ulteriore testimonianza arriva da Tacito che ci parla della reputazione straordinaria del dono profetico delle druidesse che venivano spesso consultate dai romani. Proprio nelle Historiae (VI,65) ci narra di una völva della tribù dei Bructeri di nome Veleda, un’esperta divinatrice che divinava chiusa in una torre. Secondo Tacito, Velleda: esercitava una vasta autorità, secondo un’antica testimonianza germanica per cui s’attribuiscono a molte donne il dono della profezia e qualità divine.

È innegabile il dono profetico delle druidesse e dei druidi che utilizzavano un particolare metodo divinatorio: le rune. La parola Runa significava segreto e il saper interpretare questo linguaggio antico voleva dire essere molto potenti e temibili.

Di Fidelma, infatti, si parla non solo come profetessa (fhaid), ma anche, come Fili.
Fili ha, come significati più antichi, "espressi nei testi mitologici ed epici, quello di 'veggente, mago, indovino, storico, panegerista, satireggiatore, giudice, professore".

Guerriere

Proprio per la condizione gelianica della società celtica, la parità tra l’uomo e la donna poneva queste ultime nell’obbligo di assolvere al compito di andare in battaglia.
Molte di queste guerriere continuarono a combattere anche dopo la conquista dei romani fino a quasi l’anno 1000 come da tradizione. In Irlanda questa pratica obbligatoria venne abolita con l’arrivo del cristianesimo e l’attuazione dell’editto di Tara del VII secolo.

Non è escluso tuttavia che alcune druidesse partecipassero alla battaglia insieme ai druidi con le armi della magia, poiché Tacito ci narra di donne vestite di scuro che con i capelli lunghi e sciolti al vento agitavano fiaccole.
La fama delle guerriere celtiche passa attraverso la storiografia come racconta Tacito:

Le Donne Celtiche in Battaglia, incitano, urlano e si dimenano, al proprio esercito che si sfalda, denudandosi il petto nudo, rammentando ai propri Uomini, la schiavitù alla quale andrebbero incontro se lasciassero la battaglia.

Anche Plutarco parlando dello scontro di Aquae Sextiae (Aix-en-Provence, 102 a.C) ci lascia una testimonianza di queste guerriere coraggiose che cacciano non solo i romani ma anche i celti vigliacchi:

Nella battaglia, si scorgono Donne Guerriere Celtiche che in mischia tirano fendenti mortali con asce e spade, strappando ai Romani lo scudo a mani nude, respingendo i Carri Romani.
Ovviamente queste donne a cavallo armate e coraggiose alimentarono l’immaginario delle Amazzoni, che si confusero sempre di più con le donne del mito norreno delle Valchirie.

La storia delle druidesse è in parte legato alla storia della persecuzione femminile che sopraggiunse con l’arrivo del cristianesimo.
Le persecuzioni prima romane e poi cristiane non colpirono solo le druidesse ma anche i druidi. Quando la cristianità si accorse che il culto onorifico dell’antica Dea era ancora vivo, tentò con tutte le sue forze di distruggerlo disperdendo in parte ma non cancellando il sapere di questi antichi saggi.
Si può concludere che come è avvenuto in Sardegna così anche in Irlanda furono mantenuti intatti i tratti pagani. Molte tradizioni e santi assunsero pian piano i connotati e i caratteri degli antichi dei.

Questo suggestivo meccanismo di transfert oggi ci permette di conoscere parte di quelle tradizioni orali e di quei saperi. Una sapienza i cui templi non erano fatti di pietra ma erano i boschi stessi, e dove il Dio e la Dea erano in piedi, uguali, l’uno accanto all’altro. Un equilibrio straordinario dove Madre Terra stava al centro perfetto, in quell’eterno punto di incontro tra la preda e il suo predatore.

DRUIDESSE
Antiche Sacerdosse di un ordine che si perde tra le nebbie del tempo.

Nel mondo Celtico, come abbiamo visto ci sono diversi resoconti che ci parlano di figure femminili che hanno ricoperto ruoli di spicco, Guerriere, Veggenti, Profetesse, Curatrici, e Diplomatiche.
Sebbene, la controversa questione , che Riguarda le Druidesse e il loro preciso ruolo nella società Celtica, per molti studiosi sia ancora aperta, anche in questo caso non mancano però resoconti storici,come il Geografo romano Pomponio Mela che ci parla
ad esempio di nove vergini Profetesse che vivevano sull’Île de Sein.

In Irlanda, lo stesso termine Ban-Drui, (Donna Druida) ricorre soventemente in tantissime cronache e saghe, e proprio su questo termine, gli studiosi concordano che non si può che tradurre con “Druidesse”.
Un altro passo significativo della letteratura epica irlandese è relativo alle imprese giovanili di Finn, futuro capo dei Fianna, allevato dalla Druidesse Bodhmall e Liath Luachra nella foresta di Slieve Bladhma. Raggiunta l’età’ adatta, Bodhmall e Liath Luachra lo introdussero ai sacri precetti: “poi gli insegnarono tutti i segreti delle arti druidiche: le virtù delle erbe, le abitudini degli animali, del bosco, e la loro voce, i nomi e le posizioni delle stelle nel cielo”.

La Druidessa Fedelm, la più nota, viene così descritta nella tradizione celtica:

Aveva capelli gialli, indossava un mantello variegato trattenuto da un fermaglio d’oro, una tunica col cappuccio dai ricami rossi, e sandali con fibbie d’oro. La fronte era ampia, la mascella stretta, le sopraciglia nere come la pece, con delicate ciglia scure che ombreggiavano metà del viso fino alle guance. Le labbra sembravano adorne di rosso scarlatto. Tra le labbra i denti erano simili a una chiostra di gioielli. I capelli erano divisi in tre trecce: due legate sopra il capo, la terza che le ricadeva sul dorso, fino a sfiorare le caviglie.
La fanciulla intrecciava una frangia con una bacchetta di elettro intarsiata d’oro tenuta nella mano destra. Gli occhi avevano una triplice iride. Era armata, e due cavalli neri conducevano il carro.

Altro personaggio femminile associato al druidismo, pur in epoche più tarde e già sotto l’Impero Romano, è Veleda, nome che dà Tacito ad una Profetessa dei Bructeri che, ai tempi di Vespasiano, era onorata come una Divinità e che molto probabilmente era una vera e propria Druidessa, fino ad arrivare alla più nota forse delle Druidesse Guerriere, presente anch'essa in svariate Cronache Irlandesi, e più precisamente in quelle che raccontano di gesta compiute contro " l' Invasore Esercito Romano. Parliamo della Druida Boudicca. La Guerriera, colei che da sola terrorizzò un intero esercito di soldati romani
Boudicca:
La Druidessa Guerriera che faceva paura ai romani

Li odiava perché l'avevano spogliata di tutti i suoi averi, frustata pubblicamente e violentato le sue figlie. Alla testa di duecentomila uomini, li affrontò, ma non riuscì a sconfiggerli.
Siamo nel 60-61 dopo Cristo all'Isola di Mona (l'odierna Anglesey), nel mare d'Irlanda. Donne vestite di nero corrono tra le file dell'esercito nemico, brandendo fiaccole accese come Erinni, mentre i druidi, sacerdoti celti, intonavano canzoni con voce cavernosa. I legionari romani al seguito del comandante Svetonio Paolino rimangono paralizzati dal terrore. Hanno attraversato il canale fra la terraferma e l'isola grazie a pontoni galleggianti e hanno un momento d'incertezza, vedendo ciò che si para loro davanti.
Si fanno forza, però, e attaccano. Mentre le cose sembrano volgere al meglio per loro, giuge la notizia che è divampata una tremenda rivolta fra popolazioni britanniche che fino a quel momento sono sempre state tranquille: gli Iceni e i Trinovati, che hanno come roccaforte l'antica Camulodunum, oggi Colchester, diventata una colonia romana. Incredibile a dirsi, li guida una donna: di statura imponente, capelli rossi che le giungono fino ai fianchi, occhi fiammeggianti e un'oratoria travolgente. Il suo nome è Boudicca.
Boudicca è una principessa nata a Camulodunum. A sette anni ha lasciato la sua famiglia d'origine per essere allevata in un'altra, com'è costume, per altrettanti anni. Apprende le tradizioni e la religione del suo popolo, i canti e le antiche mitologie, le arti belliche, l'equitazione e l'uso della lancia e della spada. Appena raggiunta 'età giusta per il matrimonio, va sposa a Prasutago, il potente e ricco sovrano degli Iceni, popolazione che abita la regione sudorientale dell'isola, prossimi ai Trinovati. Poiché dalla loro unione nascono due bambine, il re Prasutago, che è già in buoni rapporti con i Romani, per proteggere la sua famiglia stringe un patto con loro, nominando l'allora imperatore Nerone co-erede assieme a sua moglie e alle sue discendenti dei territori e di tutto ciò che ha. Quando muore, le autorità romane considerano nullo l'accordo e s'impadroniscono di ogni cosa, trattando gli aristocratici come schiavi. Poiché Boudicca protesta, viene spogliata e frustata in pubblico e poi costretta ad assistere allo stupro delle sue giovani figlie. Fanno un grave errore i Romani a non ucciderla perché da quel giorno la regina guerriera, arsa da un odio e un furore folle, riunisce un armata e combatte contro di loro e contro gli alleati, massacrandoli. Rade al suolo il capoluogo di Camulodunum e passa per le armi tutti quelli che si sono rifugiati nel tempio del divo Claudio. Poi muove alla volta di Londinium (Londra).
Qui accorre Svetonio Paolino, ma visto che è impossibile difendere la città, l'abbandona al suo destino. Londinium viene messa a ferro e fuoco e la popolazione massacrata. La situazione arriva a un punto tale che l'Imperatore Nerone sta per ordinare di abbandonare la provincia.
L'armata di Boudicca rasenta i 200mila uomini e la fierissima regina ritiene sferra il colpo decisivo. Alla testa dei suoi guerrieri, va in cerca di Svetonio Paolino lungo la Watling Street, ma il generale si è attestato in cima al colle, attendendo l'attacco in formazione chiusa. Nonostante la sproporzione delle forze sia enorme e resti a tutt'oggi difficile capire come il piccolo esercito romano abbia sbaragliato una simile moltitudine, la posizione vantaggiosa, la tecnica, l'armamento e la disciplina dei Romani hanno la meglio sulle ragioni dei Britanni. Alla fine della giornata 80mila guerrieri celtici giacciono sul campo e Boudicca fugge, La sua fine è avvolta nel mistero.



fonti Bibliografiche

Cerinotti, A. I Celti. Alle origini della civiltà d’Europa, Giunti Editore, 2005
G. Le Scouezec, Leggende della Bretagna misteriosa, Arcana, 2001
Institut Historique de France, Journal de l’Institut Historique, Volume I, 1854 [1],
Jean-François de La Croix, Dizionario storico de’culti religiosi, tomo III, [2]
Perini,S., Simboli e riti delle donne celtiche. Regine e dee al tempo di Artù, Edizioni Ester, 2013
Rutherford, W., Tradizioni celtiche, la storia dei druidi e la loro eredità culturale, Tea, 2000
Taraglio, R., Il vischio e la quercia, spiritualità celtica nell’Europa druidica, Età dell’aquario, 2014

Il druidismo e il femminile di Andrea Romanazzi, www.acam.it – Associazione culturale archeologia misteri

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