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Re Artù:La verità oltre la leggenda

il Sabba delle streghe

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Festività e Celebrazioni Celtiche

FESTIVITA’ CELTICHE E CALCOLO DEL TEMPO



Il tempo era scandito secondo avitici rituali e regolato sulla base delle fasi del sole e di quelle della luna, che i Celti consideravano patrona della fecondità della terra e delle donne. L’anno era così contraddistinto a mezzo di due tipi di croci, che simboleggiavano i cicli solari e lunari; mentre il ciclo solare era associato ad una croce a bracci ortogonali, quello lunare era rappresentato dalla croce di S. Andrea. Le festività solari erano legate allo scorrere delle stagioni (solstizio d’inverno, equinozio di primavera, solstizio d’estate, equinozio d’autunno), quelle lunari erano collegate al mondo bucolico e pastorale. Ed è qui che si compie il meglio della tradizione celtica. L’anno celtico era diviso in due metà, quella invernale e quella estiva, ciascuna delle quali era caratterizzata da due festività principali, le antiche Samhain (che cadeva tra 31 ottobre e 1° novembre) e Beltane (30 aprile/1° maggio), che erano le più importanti anche perché, oltre che scandire la divisione dell’anno in due parti, segnavano la divisione tra la metà oscura e quella luminosa (inverno ed estate). Le festività legate ai cicli della natura e delle sue stagioni erano SamhainImbolcBeltane e Luchnasadh, tutte celebrate a partire dal tramonto del sole poiché i Celti ritenevano che il giorno iniziasse al tramonto del sole. Il Samhain, conosciuto anche come Capodanno Celtico, segnava l’inizio dell’anno nel calendario celtico e il tempo della fine dell’estate, quello della semina e quello in cui cominciava la metà oscura dell’anno. Si tramanda che a Samhain si aprissero le porte di collegamento tra il mondo terreno e l’altromondo, l’aldilà fatato in cui risiedevano i defunti. Era proprio durante la notte del Sahmain che le barriere cadevano e vivi e morti potevano passare dall’uno all’altro dei regni. Imbolc, che per tradizione si celebra tra 31 gennaio e 1° febbraio, segnava l’arrivo della primavera. Detta anche “festa del latte”, poiché la celebrazione coincideva con il primo fiorire del latte, questa festività segnava il ritorno della fertilità, il rifiorire della vita sulla terra e, quindi, la necessità di avviare un nuovo ciclo di attività.Beltane, tra 30 aprile e 1° maggio, scandiva il tempo della fine dell’inverno e l’inizio della metà luminosa dell’anno; durante il Beltane, festività dedicata ai riti di fertilità, venivano spenti tutti i fuochi dentro le case, fuochi che venivano riaccesi grazie alla fiamma del grande falò rituale che era preparato per l’occasione. Il Lughnasad, infine, si celebrava tra il 31 luglio e il 1° agosto ed era l’ultima grande festività a chiudere il ciclo del calendario celtico. Festa di ringraziamento per il raccolto, il Lughnasad  era chiamato anche “festa del grano” perché questo era il periodo di raccolta dei cereali per i Paesi celtici del nord Europa.

Mabon.Equinozio d'autunno




Il Cerchio della Luna propone per Imbolc una serata aperta di celebrazione biodanzante
“Nel mese del Passaggio
nel difficile varco fra i mondi
l'augurio di custodire
mentre il buio avanza
la memoria della luce ...

Con Settembre arriva l'Equinozio d'Autunno, 

Mabon, la prima delle Festività del semestre oscuro.
Nel tempo dei Misteri Eleusini l'equinozio d'autunno era il momento della discesa di Persefone nell'Ade e del dolore di Demetra.
La separazione tra innamorati (o quella tra madre e figlia) è uno dei temi dominanti di questo sabbat.
Dopo aver sacrificato la propria essenza vitale alla Madre Terra, il Dio si trova ora alle soglie degli Inferi diventando il simbolo del passaggio dalla vita alla morte.
Sacrificandosi in lei, egli impregna il suo grembo della propria essenza e si trattiene dentro di lei come promessa, poiché egli è la vita.

Nell'antica tradizione, durante questo periodo di "incubazione" il Dio viene chiamato Mabon - figlio della Madre - dall'autunno sino alla Dodicesima Notte, ovvero il 6 di Gennaio.

Mabon (" Grande Figlio ") è un Dio gallese. Era un grande cacciatore con un agile cavallo e uno splendido cane da caccia. Probabilmente è la mitologizzazione di un grande condottiero del tempo. Mabon fu rapito dalla madre, Modron (Grande Madre), quando aveva solo tre giorni, ma fu salvato da Re Artù (altre leggende raccontano che fu salvato da un gufo, un'aquila ed un salmone). Durante questo tempo, Mabon vive, prigioniero felice, nel mondo magico di Modron -- il suo grembo. Grazie a ciò egli può rinascere.
La luce di Mabon è stata portata nel mondo, raccogliendo la forza e la saggezza, in maniera tale da trasformarsi in un nuovo seme.
In questo senso, Mabon è la controparte maschile di Persefone, nonchè il principio maschile fertilizzante. Modron invece corrisponde a Demetra.

Mabon è la festività dell'equinozio, il giorno che si trova a metà fra i due solstizi; è un tempo di equilibrio, quando luce e buio sono uguali e astronomicamente dà inizio all'autunno.
È celebrato alla fine del periodo più faticoso dell'anno in cui viene effettuato il secondo raccolto.
Il ciclo produttivo e riproduttivo è concluso, le foglie cominciano ad ingiallire e gli animali iniziano a fare provviste in previsione dell'arrivo dei mesi freddi.
Generalmente inizia il periodo della caccia. Molte specie migratorie - come le rondini - avviano il loro lungo viaggio verso sud.
Il cigno è l'uccello dell'Equinozio in quanto simbolo dell'immortalità dell'anima e guida dei morti nell'aldilà.

E' tempo di bilanci: abbiamo sotto gli occhi ciò che abbiamo seminato durante l'anno, e possiamo constatare quali frutti abbiamo raccolto.
In occasione di questo periodo e dell'aratura dei campi erano effettuati un gran numero di riti locali e regionali con il comune denominatore del ringraziamento e della supplice preghiera di mitezza per la difficile stagione in arrivo.

Il periodo dell'equinozio d'autunno veniva chiamato anche Michaelmas o Michael Supremo, il giorno dedicato all'arcangelo di fuoco e di luce alter-ego di Lucifero.
Il mese di settembre era anche il periodo in cui si svolgevano i Grandi Misteri di Eleusi, basati sul simbolismo del grano.
Inoltre è il tempo per la fabbricazione del vino, dalla raccolta delle uve alla pigiatura e sino alla sua chiusura nel buio delle botti.
Il processo della fermentazione delle uve avveniva con procedure che un tempo venivano accompagnate da rituali ben specifici ed era visto come simbolo della trasformazione spirituale che ha luogo durante le iniziazioni e i riti misterici, nel buio dei santuari sotterranei.
Mabon va vista in effetti come una festa iniziatica, rivolta alla ricerca di un nuovo livello di consapevolezza.
E' tempo di volgersi all'interiorità: nella parte declinante della Ruota dell'Anno si viaggia dentro noi stessi, entriamo nel tempo del buio per riflettere sui misteri della trasformazione attraverso la morte.

Celebrare Mabon

Il tema è bilanciare le polarità, quindi il suggerimento è di fare qualcosa che riguardi l'equilibrio nella vostra vita. Gli elementi maschili e femminili della vostra personalità hanno bisogno di uguale rispetto ed espressione. La notte di Mabon, quando le ore di luce e le ore di oscurità sono equivalenti, è una notte per onorare l'equilibrio della Dea e del Dio (magari invocando Persefone e Dioniso) e l'armonia della materia e dello spirito, celebrando non solo la vita spirituale del mondo prossimo, ma anche la fisica di questo mondo.
È anche tempo per fermarsi a riflettere, rilassarsi e apprezzare i frutti dei propri personali raccolti.
È un periodo per porre fine ai vecchi progetti mentre ci si prepara al periodo dell'anno in cui è bene esplorare la propria interiorità.
Il lavoro magico dovrebbe essere di protezione, prosperità, sicurezza e fiducia in sé stessi.

Mabon è considerato tempo dei misteri. È il momento di onorare le divinità anziane e lo Spirito. Le divinità vengono ringraziate per i loro doni, auspicando il futuro ritorno dell'abbondanza per gli anni successivi, ricordandoci di lasciare una parte del nostro banchetto per la Terra e le sue creature: tutto ciò che di commestibile abbiamo messo sulla tavola di Mabon per adornarla e ciò che è avanzato dal banchetto, verrà portato all'aperto ed offerto ad animali ed uccelli in segno ulteriore di ringraziamento verso la Grande Madre Terra che ci ha elargito i suoi doni.

Gli incensi per l'equinozio d'autunno includono benzoino, mirra, pino, salvia, ibisco e petali di rose.
I petali di rosa e la salvia possono essere messi anche sulla tavola, a patto che non siano freschi.
Le erbe associate con questa festività sono il grano, le foglie di vite e di quercia.
Si possono bruciare i cardi (il significato è che il divino si trasforma nel suo aspetto di Donna Saggia e Cacciatore).
Le decorazioni tipiche di questo periodo dell'anno includono anche la cornucopia, ovvero il corno dell'abbondanza, ricolmo e straripante dei frutti dell'anno, a significare in modo simpatetico l'abbondanza dei doni della Madre.

Durante il rituale si possono invocare gli elementi singolarmente e riconoscerli, ringraziandoli, per le loro influenze benefiche.
Salutateli innalzando il calice per ognuno di essi:

“Alla Terra: per la stabilità, per l'aiuto nel mantenere la casa, la salute, il lavoro ed il benessere
All'Aria: per l'ispirazione che aiuta nella conoscenza e nella comprensione
Al Fuoco: per l'energia che aiuta a sostenere la spinta dell'ambizione di cui necessitiamo per portare a termine i nostri progetti
All'Acqua: per lo scorrere gentile che aiuta a mantenere la calma e l'equilibrio emotivo nei rapporti.“

La Dea appare in veste di Madre dell'Abbondanza, Madre della Terra e Regina del raccolto. Il Dio è visto come Mabon, il Padre del Cielo, Re del Grano e Signore del raccolto.
Il Signore e la Signora regnano sulle celebrazioni del ringraziamento che inizia al tramonto e perdura per tutta la notte.

La tavola, imbandita con tovaglia e tovaglioli di colori autunnali, con candele rosse o marroni, può essere decorata con erbe secche, castagne, noci, more, ghiande, mais, fiori di girasole e foglie autunnali. Non devono mancare biscotti di farina di avena, mandorle e vino per ringraziare gli antenati.
Pietanze tradizionali sono il pane di grano, i fagioli, le patate e le zucchine al forno.
Il fuoco viene acceso con le foglie secche che si raccolgono in giardino.

Sono molto indicati in questo periodo gli esercizi di rilassamento e di meditazione. Se ne avete la possibilità, concedetevi una breve vacanza con l'esclusivo scopo di riposare.
L'equinozio d'autunno è il periodo ideale per passeggiate ed escursioni in campagna e in collina, per salutare la Natura che si prepara al suo riposo invernale.




*Poesia di Rosa Carotti




Tratto e liberamente adattato da:

Il Calendario delle Streghe 2001 http://digilander.iol.it/grayelf/home.htm

http://www.bethelux.it/mabon.htm
http://www.streghedilot.altervista.org/lezione_festivit%E0.htm




Samhain-la festa celtica d'inverno

Samain o Samahin, Samhain letteralmente "la fine dell'Estate" era la festa celtica che celebrava l'inizio della Stagione Invernale e l'inizio del nuovo anno. Era una festività dedicata agli Antenati e ai sacrifici rituali.

La Festa dei Defunti

A Samhain i vivi accoglievano i loro antenati e li nutrivano con un banchetto. L'antica usanza si è tramandata nella veglia per i morti ancora praticata negli anni del secondo dopoguerra: tutti raccolti intorno al fuoco di casa a mangiare castagne bollite e a bere vino; prima di andare a letto, si lasciavano le candele accese e sul tavolo pane, patate o ceci bolliti, castagne lesse o arrostite, oppure la “minestra dei morti” (riso o orzo cotto nel latte) ma anche vino e sidro, latte o semplicemente l'acqua, per i revenants, i morti che tornavano a fare visita alle loro case durante la notte.
Pratiche molto simili sono state documentate dagli studiosi di folklore un po' in tutta Europa così  il Sèbillot (1908) scrive "nei Vosgi si lascia acceso il fuoco perché possano riscaldarsi; nella Bassa Bretagna vi si depone per loro il "ceppo dei morti". In Tirolo le anime del purgatorio vengono nelle casa e prendere il sego che cola dalla "Candela delle Anime" che è stata accesa presso il focolare per calmare le sofferenze causate dal fuoco del purgatorio, e si cura che la stanza sia ben riscaldata perché i morti possano passare la notte al riparo dal freddo; in Irlanda si mettono accanto al fuoco delle sedie destinate a loro e si tiene accesa la lampada; nelle Asturie si fa un fuoco più vivace del solito perché le anime trovando la casa riscaldata possano mettersi intorno al focolare a chiacchierare e rievocare i loro ricordi"
Nella notte di Samhain

un passaggio dischiude:

occhi antichi tra le fronde

si riaprono a guardare

voci spente si rinnovano

come argento sorprendente.

Ora i morti disciolgono

dai giacigli della terra:

mani chiare si additano

il passaggio da solcare

per saldare la ferita

tra i morti e i viventi.


(Fryda Rota)


A-SOULING

Anticamente era consuetudine passare di casa in casa durante le celebrazioni della Vigilia di Ognissanti con una piccola processione di persone mascherate guidate dall’"ambasciatore dei defunti" per chiedere la donazione di cibo rituale per il banchetto dei Morti e per il banchetto con cui tutta la comunità avrebbe festeggiato la ricorrenza.
Nel Medioevo in Irlanda e Gran Bretagna si sviluppò l’usanza di preparare un dolce dei morti di forma rotonda, come offerta per saziare la fame dei defunti che si credeva visitassero i vivi durante Samhain: per tenerli buoni per tutto l’anno a venire, le massaie preparavano dei dolcetti speciali, che ben presto finirono per saziare gli appetiti molto più terreni e voraci dei poveri! Erano distribuiti in beneficenza oppure dati ai soulers.
Anche in certe regioni d’Italia (Emilia Romagna, o la Sardegna e più in generale nel Sud Italia) era diffusa tra i poveri e i bambini l’usanza della questua del cibo: “Ceci cotti per l’anima dei morti”, cantavano armati di cucchiai e scodelle, davanti alle case dei signorotti. Consuetudini tra cibo e commemorazioni dei morti consolidate da antiche tradizioni più in generale del Mondo Mediterraneo oltre che Nordico.
In cambio delle torte, spesso chiamate anime (in inglese soul), i questuanti promettevano di recitare delle preghiere per i defunti. Più prosaicamente si diceva che ogni torta mangiata rappresentava un’anima che si liberava dal Purgatorio. L’usanza è spesso vista come l’origine della moderna “Trick or Treating” (in italiano “dolcetto o scherzetto”) dei bambini mascherati da fantasmi o mostri che suonano alle porte delle case chiedendo dei “dolcetti buoni da mangiare”. Già alla fine del 1800 la tradizione di preparare il dolce si era affievolita, e dove ancora sopravviveva l’usanza della questua, si dava ai bambini delle mele o delle monetine.
La questua poteva essere diurna ma anche notturna, a seconda delle consuetudini locali e i soulers andavano di casa in casa cantando una canzoncina
Soul! soul! for a soul-cake;
Pray, good mistress, for a soul-cake.
One for Peter, two for Paul,
Three for Them who made us all.
Soul! soul! for an apple or two;
If you’ve got no apples, pears will do.
Up with your kettle, and down with your pan;
Give me a good big one, and I’ll be gone.
An apple or pear, a plum or a cherry,
Is a very good thing to make us merry.

Con il nome di Soul Cake si indicano molte varianti di dolcetti tradizionali che vanno dal panino dolce alla torta di frutta secca. Un dolce tipico nel Lancashire e nello Yorkshire è il Parkin cake, un tipico ginger bread della tradizione anglosassone
Soul-mass Cake


https://crumpetsandco.wordpress.com/2013/11/05/parkin-per-la-notte-dei-falo-parkin-for-bonfire-night/​
http://oakden.co.uk/harcake-soul-mass-cake/
http://oakden.co.uk/yorkshire-parkin/



Una ricetta per i biscotti rotondi che arriva dall'America è come piace a me, con le quantità ad occhio!


 http://www.greenchronicle.com/recipes/soul_cake_recipe.htm
In Italia la tradizione è basata principalmente sui biscotti che ricordano vagamente le ossa dei morti o le dita delle mani. In Piemonte sono gli "ossa d'mort", a base di mandorle, tra la meringa e l'amaretto, ma possono anche essere una variante delle offelle con fichi secchi, mandorle e uva sultanina (Lombardia e Toscana) o dalla forma di cavalli (Trentino Alto-Adige).
La tradizione del Sud è un'esplosione di colori e di sapori: il torrone napoletano, il marzapane siciliano, la colva o colua pugliese con grano bollito, cioccolato, noci e mandorle, melograno e vino cotto. Anche la consistenza di questi dolci può essere diversissima da morbidi a croccanti o spacca denti.

I REVENANTS

In francese la parola revenant conserva un duplice significato quello primario è di «anima che torna dall’altro mondo sotto un’apparenza fisica», l'altro è «fantasma» «apparizione di un morto». Possiedono quindi una duplice natura e si presentano come entità corporee (con le stesse sembianze che avevano in vita o anche di qualche animale o sotto forma di scheletri) oppure incorporee come fantasmi.
Nel folklore europeo i revenats sono anime che mantengono la loro forma materiale, la personalità e i sentimenti di quando erano in vita. E' una concezione materiale delle anime dei morti che si manifesta nelle credenze e usanze funerarie di buona parte d'Europa. I revenants sono per lo più anime in pena, compresi quanti son deceduti di morte violenta o accidentale (assassinati, annegati...) o richiamate dall'affetto dei vivi che li piangono troppo. In alcune tradizioni tuttavia i revenants sono anime dannate come i vampiri e i non-morti ovvero schiere infernali e demoniache. 
Una leggenda irlandese riferisce che, tutte le persone morte l’anno precedente, tornavano sulla terra in cerca di nuovi corpi da possedere per l’anno prossimo venturo. Così nei villaggi si spegneva ogni focolare per scoraggiare gli spiriti maligni, o più propriamente per espellere le forze malvagie: una evidente testimonianza nel folclore di un antico rito del fuoco sacro delle popolazioni celtiche. Il Fuoco Sacro sull’altare del santuario era spento a Samhain e poi riacceso il mattino seguente, e tutte le tribù celtiche riaccendevano il fuoco del Nuovo Anno da una sorgente comune, il Sacro Fuoco Druidico.
Sempre per disorientare i revenants la gente si travestiva scurendosi il volto e faceva forti schiamazzi per allontanare i morti.

Il Fuoco Sacro
E quelli (eroi, donne, bambini)

che vita avara ha sospinto dentro

l’ombre- che rovi hanno stretto

in un abbraccio, torneranno ad esigere

di avere ancora braccia- e mani, avere

un corpo e ricomporsi sopra il cranio

chiaro sorrisi schivi e intensi come fiori.

Chi non vuole sia colto il corpo suo

da quelle ombre che hanno mani forti

spenga nella capanna vivo il fuoco

 (nemmeno resti parvenza di brace)

poi sopra l’ara pugni di terra

facciano reclinare il fuoco sacro

-così nessuno spirito maligno

fenderà il buio per avvicinarsi.

Ma il nuovo fuoco domani qui arderà:

dall’altare lo coglierà il druido

per farne parte ad ogni focolare.

Anno nuovo nel fuoco consacrato

e con il fuoco rinnovata vita.


(Fryda Rota)


LA CROCE DI BRIGID

Per proteggere la casa dai fairies (gli spiriti) in Irlanda si fabbrica un amuleto-talismano in giunco o paglia: è una croce a quattro bracci  con un nodo vincolante centrale, che agisce come una barriera allo spirito del male. Nella forma più semplice si realizza un unico nodo centrale in quella più complessa come nell'immagine dopo aver realizzato il primo nodo semplice si prosegue con la tecnica dell'intreccio continuando ad aggiungere gli steli (in genere a gruppi di tre) sia a destra che a sinistra e in alto e in basso. 

DAGDA E MORRIGAN

La Festa di Samhan era celebrata in onore del dio della fertilità Dagda e della sua sposa Morrighan.
Il Dagda il cui nome significa Dio benevolo era conosciuto come il Padre di Tutti, oppure come il Signore della Conoscenza o di Tutte le Scienze (il druida). 
La mazza da guerra del Dagda poteva abbattere nove uomini con un sol colpo e mentre da una parte uccideva, dall’altra generava la vita; il suo magico calderone non era mai vuoto perché dispensava il cibo (e l’immortalità) a tutti i guerrieri. La musica della sua arpa era particolarmente soave come il “sussurro del dolce albero di mele”, anzi era una musica che racchiudeva tutte le melodie.
Morrigan è la faccia oscura della Grande Dea, dea guerriera ma anche dea della fertilità che nel matrimonio rituale con il Dagda, nel giorno di Saman, si unisce con il dio protettore della tribù. Il dio Dagda la incontra come “lavandaia del guado” che predice la morte ai guerrieri, lavandone le armi e armature nel fiume. La dea incarna il volto oscuro della femminilità che è tutt’uno con la figura di madre e amante.

IL SACRIFICIO DEL SANGUE

Per propiziare il nuovo anno i Druidi immolavano vittime sacrificali agli dei, il loro sangue era offerto per ottenere i loro favori. Al posto dei sacrifici umani si uccidevano animali dai poteri magici come il toro, il cavallo e il cinghiale. Da questi oscuri rituali emerge la figura dell'hooden natalizio: un uomo nascosto da un mantello, portava un teschio di cavallo per diffondere la buona sorte nel paese, i bambini cercavano di montare il cavallo e tutti gettavano dolci o monete nella bocca dell'animale.
La caccia dello scricciolo è un rituale pan-celtico invernale sopravvissuto nell'Irlanda sud-occidentale: secondo la tradizione celtica lo scricciolo era il simbolo di Lugh, Figlio della Luce trionfante e il suo sacrificio, un tributo in sangue agli spiriti della Terra nel Solstizio d'Inverno, era una supplica per ottenere favori e fortuna agli abitanti del villaggio.

LA DANZA INTORNO AL FUOCO

Grandi fuochi erano accesi sulle colline e la gente ci ballava intorno. Erano semplici girotondi con il verso in senso orario come il cammino del sole e anche i danzatori tenevano in mano delle fiaccole.Tra le danze la farandola è probabilmente la più antica così legata ai primigeni riti agrari: è la danza del labirinto con le sue figure a chiocciola e del serpente, la danza intorno al fuoco centro sacro della vita del villaggio. E’ una danza antica con un unico passo base (per lo più saltellato), in cui il capo fila sceglie i cambi di direzione determinando le serpentine e gli intrecci più fantasiosi: annoda e scioglie, fa e disfa proprio come le Norne con il filo del destino. E perciò la farandola è la danza rituale nelle celebrazioni di Samhain perché è la danza della morte: tutti devono percorrere lo stesso cammino abbandonandosi alla volontà di chi conduce la danza, a simboleggiare l’umanità incatenata che non può che seguire il percorso tracciato; una sorta di viaggio collettivo attraverso le esperienze della vita. 

HALLOWEEN VERSUS HOP-TU-NAA

La parola Halloween ha origine nella tradizione cattolica. Ogni santo ha un suo giorno personale, ma il primo novembre è dedicato a tutti i santi. La festività venne spostata nel Medioevo al 1° novembre ( e raddoppiata con la festività dei Morti) per inglobare i rituali ancora praticati dalla gente dei villaggi in omaggio a Samhain.
E' la festa di Hop-tu-Naa come viene ancora praticata nell'isola di Man il 31 ottobre, la vigilia di novembre (Oie Houney o Hollantide), i bambini travestiti e mascherati vanno di casa in casa a chiedere delle monetine e cantano la filastrocca di “Jinnie the Witch“. Illuminano il cammino con delle caratteristiche fiaccole ricavate dalle rape intagliate.

Hop tu naa, hop tu naa
Jinny the witch is in the house
Give us a penny we’ll chase her out
Hop tu naa, hop tu naa.
Esportata dagli irlandesi emigrati in America, la festa si è trasformata in un grande party a tema  "notte delle streghe e dei fantasmi". Una moda che dall'America è dilagata in tutta Europa.
Patron della festa è Jack O'Lantern, l'uomo della lanterna protagonista di una popolarissima ballata che ha come soggetto Jack e il Diavolo.
Il tema del Diavolo che cerca di portarsi all’inferno il peccatore è un classico dei racconti popolari di area celtica, reso esemplare nella storia di Jack O’Lantern: la notte di Halloween il Diavolo cammina sulla terra per reclamare le anime degli uomini (peccatori), ma Jack riesce ad ingannarlo, per ben due anni di seguito, con dei trucchetti. Alla fine il Diavolo per non continuare a fare brutte figure, rinuncia alla sua anima per altri dieci anni. Jack però ha poco da stare allegro, perchè comunque muore per i troppi vizi (il bere in testa) e sia il Paradiso che l’Inferno non hanno intenzione di accoglierlo. Il Diavolo tuttavia gli regala un tizzone per illuminare i suoi passi; da allora Jack continua a vagare per il Limbo in cerca di una dimora che non troverà mai, con la sua lanterna a forma di zucca (che in origine, prima che la storia sbarcasse in America, era una rapa)

ZUCCA VS MELA

La mela era il frutto per eccellenza della festa di Samhain, per giocare e per trarre auspici o divinazioni, un rituale antichissimo si pratica ancora oggi il 1 novembre a Plougastel in Cornovaglia il «Gwezenn an Anaon »
 


L'albero delle mele detto anche albero delle anime consiste in un ramo di tasso  o agrifoglio privato di corteccia su cui si conficcano delle mele che sarà venduto all'asta insieme al pane benedetto; prima di iniziare l'asta il proprietario del "melo" compie tre giri per mostrarlo alla gente: una volta chiusa l'asta  il precedente proprietario terrà per se la mela più in alto dell'albero e il nuovo proprietario distribuirà le mele tra i bambini presenti. Il ricavato dell'asta è offerto alla chiesa parrocchiale affinché siano dette le messe per i defunti durante l'anno.




Yule - Solstizio d'inverno 

Regina del Sole, Regina della Luna

Regina dei corni, Regina dei fuochi


Portaci il Figlio della Promessa.


E' la Grande Madre che Lo crea


E' il Signore della Vita che è nato di nuovo!


L'oscurità e la tristezza vengono messe da parte


quando il Sole si leva di nuovo!


Sole dorato, delle colline e dei campi,


illumina la Terra, illumina i cieli,


illumina le acque, accendi i fuochi!!


Questo è il compleanno del Sole,


io che son morto, oggi son di nuovo vivo.


Il Sole bambino, il Re nato in inverno!



(canto tradizionale tratto da "La danza a spirale" di Starhawk)


Il Cerchio della Luna propone per Imbolc



Mentre l'anno volge al termine, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno del Solstizio invernale, il 21 dicembre. II respiro della natura è sospeso, nell'attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi. E' uno dei momenti di passaggio dell'anno, forse il più drammatico e paradossale: l'oscurità regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali. 


Dopo il Solstizio, la notte più lunga dell'anno, le giornate ricominciano poco alla volta ad allungarsi. 
Come tutti i momenti di passaggio, Yule è un periodo carico di valenze simboliche e magiche, dominato da miti e simboli provenienti da un passato lontanissimo. 
Il Natale e' la versione cristiana della rinascita del sole, fissato secondo la tradizione al 25 dicembre dal papa Giulio I (337 -352) per il duplice scopo di celebrare Gesù Cristo come "Sole di giustizia" e creare una celebrazione alternativa alla più popolare festa pagana. Sin dai tempi antichi dalla Siberia alle Isole Britanniche, passando per l'Europa Centrale e il Mediterraneo, era tutto un fiorire di riti e cosmogonie che celebravano le nozze fatali della notte più lunga col giorno più breve. 

Due temi principali si intrecciavano e si sovrapponevano, come i temi musicali di una grande sinfonia. Uno era la morte del Vecchio Sole e la nascita del Sole Bambino, l'altra era il tema vegetale che narrava la sconfitta del Dio Agrifoglio, Re dell'Anno Calante, ad opera del Dio Quercia, Re dell'anno Crescente. 


Un terzo tema, forse meno antico è nato con le prime civiltà agrarie, celebrava sullo sfondo la nascita-germinazione di un Dio del Grano... Se il sole è un dio, il diminuire del suo calore e della sua luce è visto come segno di vecchiaia e declino. Occorre cacciare l'oscurità prima che il sole scompaia per sempre.


Le genti dell'antichità, che si consideravano parte del grande cerchio della vita, ritenevano che ogni loro azione, anche la più piccola, potesse influenzare i grandi cicli del cosmo. Così si celebravano riti per assicurare la rigenerazione del sole e si accendevano falò per sostenerne la forza e per incoraggiarne, tramite la cosiddetta "magia simpatica" la rinascita e la ripresa della sua marcia trionfale. 


Presso i celti era in uso un rito in cui le donne attendevano, immerse nell'oscurità, l’arrivo della luce-candela portata dagli uomini con cui veniva acceso il fuoco, per poi festeggiare tutti insieme la luce intorno al fuoco.
Yule, o Farlas, è insieme festa di morte, trasformazione e rinascita. Il Re Oscuro, il Vecchio Sole, muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall'utero della Dea: all'alba la Grande Madre Terra dà alla luce il Sole Dio. 
La Dea è la vita dentro la morte, perché anche se ora la regina del gelo e dell'oscurità, mette al mondo il Figlio della Promessa, il Sole suo amante, che la rifeconderà riportando calore e luce al suo regno. Anche se i più freddi giorni dell'inverno ancora devono venire, sappiamo che con la rinascita del sole la primavera ritorna.



La pianta sacra del Solstizio d'Inverno è il vischio, pianta simbolo della vita in quanto le sue bacche bianche e traslucide somigliano allo sperma maschile. Il vischio, pianta sacra ai druidi, era considerata una pianta discesa dal cielo, figlia del fulmine, e quindi emanazione divina. Equiparato alla vita attraverso la sua somiglianza allo sperma, ed unito alla quercia, il sacro albero dell'eternità, questa pianta partecipa sia del simbolismo dell'eternità che di quello dell'istante, simbolo di rigenerazione ma anche di immortalità. Ancora oggi baciarsi sotto il vischio è un gesto propiziatorio di fortuna e la prima persona a entrare in casa dopo Farlas deve portare con se' un ramo di vischio. Queste usanze solstiziali sono state trasferite al gennaio, il Capodanno dell'attuale calendario civile. 
una pratica rilassante e al tempo stesso simboleggiante le acque uterine da cui vogliamo rinascere per l'anno a venire. Purtroppo tutto congiura contro un salutare riposo solstiziale. Infatti questo periodo dell'anno, per l'accumularsi di celebrazioni, feste e acquisti di regali può portare a stress e ansia. La forzata allegria, la routine quotidiana, il consumismo esasperato, sono tutti elementi che possono condurre a sentimenti di depressione e isolamento. Sarà la minor quantità di luce solare, sarà l'essere costretti a mostrare un aspetto felice, ma questo è uno dei periodi dell'anno con il più alto picco di suicidi...
Tuttavia, se ricordiamo che questo tempo è quello in cui siamo più lontani dal sole e contemporaneamente anche consapevoli della sua rinascita, possiamo provare a trattenere questa piccola luce in noi. Il Solstizio può essere per noi un momento molto calmo e importante, in cui nella silenziosa e oscura profondità del nostro essere, noi contattiamo la scintilla del nuovo sole. Questa è anche una opportunità per gioire e abbandonarci a sentimenti di ottimismo e di speranza: come il sole risorge, anche noi possiamo uscire dalle tenebre invernali rigenerati. 


Ci sono tanti modi per celebrare a livello spirituale questa festa: possiamo decorare la nostra casa con le piante di Farlas oppure fare un albero solstiziale. Non un solito albero natalizio, bensì un albero decorato con tante piccole raffigurazioni del sole.

O ancora possiamo alzarci all'alba e salutare il nuovo sole. Si possono accendere candele o luci per rappresentare la nascita delle nostre speranze per il nuovo anno.

Possiamo anche compiere una celebrazione più rituale, con l'accensione del ciocco. Anche se non abbiamo un caminetto in casa possiamo accenderlo nel nostro giardino, o in un prato insieme ai nostri amici. Si prende un grosso pezzo di legno di quercia e lo si orna con rametti di varie piante: il tasso (a indicare la morte dell'anno calante), l'agrifoglio (l'anno calante stesso), l'edera (la pianta del dio solstiziale) e la betulla (l'albero delle nascite e dei nuovi inizi). Si legano i rametti al ciocco usando un nastro rosso. Se abbiamo celebrato questo rito anche l'anno precedente e abbiamo un pezzo non combusto del vecchio ciocco, accenderemo il fuoco con questo, Si dice: "Come il vecchio ciocco è consumato, così lo sia anche l'anno vecchio". Quando il ciocco prende fuoco si dice: "Come il nuovo ciocco è acceso, così inizi il nuovo anno". Una volta che il fuoco è acceso osserviamo le sue fiamme e meditiamo sulla rinascita della luce e sulla nostra rinascita interiore. Accogliamo le nostre speranze, i nostri sogni per il futuro e salutiamo questa luce dicendo: "Benvenuta, luce del nuovo sole!". Brindiamo con vin brulè e consumiamo dolci, lasciando una parte del nostro festino per la Madre Terra. Più tardi le ceneri del ciocco potranno essere sparse nel nostro giardino o nei vasi delle piante che teniamo in casa per propiziare la salute e la fertilità della vegetazione.

Un altro modo per celebrare Farlas è quello del ramo dei desideri, un rituale della tradizione celtica bretone. Nove giorni prima del Solstizio occorre procurarsi un ramo secco di buone dimensioni, pitturarlo con vernice dorata e appenderlo nell'anticamera della propria abitazione, con un pennarello e alcune strisce di carta rossa da tenere lì vicino. Chiunque entri in casa se vuole, potrà scrivere un proprio desiderio su una striscia di carta, che verrà ripiegata per garantire la segretezza del desiderio e legata al ramo con un nastrino colorato. Quando nove giorni dopo si accende il fuoco del Solstizio (nel caminetto di casa o in un falò nel giardino o nel campo) il ramo viene sistemato sulla legna da ardere e i desideri che sono appesi ad esso bruciando saliranno col fumo sempre più in alto, finché verranno accolti da entità celesti e chissà, forse esauditi. Per quanto riguarda il cibo, gli alimenti tradizionali sono le noci, la frutta come mele e pere, i dolci con il cumino dei prati, bagnati col sidro. Le bevande adatte sono il Wassil, il Lambswool, il té di ibisco o di zenzero.

Olio per Yule 

5mL di olio di pino
5mL di olio di cannella
5mL di olio di oliva
1 cucchiaio di radice di zenzero rotta a piccoli pezzi
3 cucchiai di sale marino
Usatelo per ungere le candele (la cannella irrita la pelle!)


Il vischio
Era molto importante per i Gallo-Celti. Le consuetudini sull'uso del vischio come elemento apportatore di buona sorte derivano in effetti in buona parte dalle antiche tradizioni celtiche, costumi di una popolazione che considerava questa pianta come magica (perché, pur senza radici, riusciva a vivere su un'altra specie) e sacra. Lo poteva raccogliere infatti solo il sommo sacerdote, con l'aiuto di un falcetto d'oro. Gli altri sacerdoti, coperti da candide vesti, lo deponevano (dopo averlo recuperato al volo su una pezza di lino immacolato) in una catinella (pure d'oro) riempita d'acqua e lo mostravano al popolo per la venerazione di rito. E per guarire (per i Celti il vischio era "colui che guarisce tutto; il simbolo della vita che trionfa sul torpore invernale) distribuivano l'acqua che lo aveva bagnato ai malati o a chi, comunque, dalle malattie voleva essere preservato. I Celti consideravano il vischio una pianta donata dalle divinità e ritenevano che questo arboscello fosse nato dove era caduta la folgore, simbolo della discesa della divinità sulla terra. Plinio il Vecchio riferisce che il vischio venerato dai Celti era quello che cresceva sulla quercia, considerato l'albero del dio dei cieli e della folgore perché su di esso cadevano spesso i fulmini. Si credeva che la pianticella cadesse dal cielo insieme ai lampi. Questa congettura - scrive il Frazer nel suo "Ramo d'oro" - è confermata dal nome di "scopa del fulmine" che viene dato al vischio nel cantone svizzero di Argau. "Perché questo epiteto - continua il Frazer - implica chiaramente la stessa connessione tra il parassita e il fulmine; anzi la scopa del fulmine è un nome comune in Germania per ogni escrescenza cespugliosa o a guisa di nido che cresca su un ramo perché gli ignoranti credono realmente che questi organismi parassitici siano un prodotto del fulmine". Tagliando dunque il vischio con i mistici riti ci si procura tutte le proprietà magiche del fulmine.

Le leggende che considerano il vischio strettamente connesso al cielo e alla guarigione di tutti i mali si ritrovano anche in altre civiltà del mondo come ad esempio presso gli Ainu giapponesi o presso i Valo, una popolazione africana.
Inoltre queste usanze, chiamate anche druidiche (i sacerdoti dei Celti erano infatti i Druidi), continuarono (specie in Francia) anche dopo la cristianizzazione. La natura del vischio, la sua nascita dal cielo e il suo legame con i solstizi non potevano infatti non ispirare ai cristiani il simbolo del Cristo, luce del mondo, nato in modo misterioso. "Come il vischio è ospite di un albero, così il Cristo - scrive Alfredo Catabiani nel suo "Florario" - è ospite dell'umanità, un albero che non lo generò nello stesso modo con cui genera gli uomini".


tratto da:http://gazzettino.quinordest.it:80/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Udine&Codice=3610683&Pagina=AMBIENTE%20%26%20NATURAL'albero Solstiziale e l'albero di Natale


Sono origini molto antiche, quelle che collocano il famoso abete nelle feste del Solstizio d’inverno, ovvero il Natale.
I popoli germanici, lo usavano nei loro riti pagani, per festeggiare il passaggio dall'autunno all'inverno. In seguito era usanza bruciarlo nella stufa, in un rito di magia simpatica (secondo cui il simile attira il simile), in modo che con il fuoco si propiziasse il ritorno del sole.
Fu scelto l’abete perché è un albero sempre verde, che porta speranza nell'animo degli uomini visto che non muore mai, neppure nel periodo più freddo e difficile dell’anno.
Era un simbolo fallico, di fertilità ed abbondanza associato alle divinità maschili di forza e vitalità. Ecco che addobbarlo, prendeva quindi i connotati di un piccolo rito casalingo che portava fortuna ed abbondanza alla famiglia.
Il Solstizio d’inverno, è il momento in cui la divinità maschile muore, per poi rinascere in primavera. Questo ciclo di morte-nascita, lo si ritrova in moltissime culture, oltre quella cristiana. E’ presente in Egitto, con la morte di Osiride e nel mito di Adone che si evirò proprio sotto ad un pino.

Addobbare l’albero di Natale con le luci, accendendolo di mille riflessi, ricorda il rituale del grande falò dell’abete, che spesso si prolungava fino all'attuale festa della Befana. In alcune popolazioni europee, con il fuoco dell’abete, si bruciava simbolicamente le negatività del passato, e le streghe leggevano nel fuoco i presagi per il futuro.
La tradizione dell’albero prese piede in Italia nel 1800, quando la regina Margherita, moglie di Umberto I, ne fece allestire uno in un salone del Quirinale, dove la famiglia reale abitava. La novità piacque moltissimo e l’usanza si diffuse tra le famiglie italiane in breve tempo.

Molte leggende cristiane sono poi nate nel tempo attorno all'albero di Natale, come quella americana che racconta di un bambino che si era perso in un bosco alla vigilia di Natale si addormentò sotto un abete. Per proteggerlo dal freddo, l’abete si piegò fino a racchiudere il bambino tra i suoi rami. La mattina i compaesani trovarono il bambino che dormiva tranquillo sotto l’abete, tutto ricoperto da cristalli che luccicavano alla luce del sole. In ricordo di quell'episodio, cominciarono a decorare l’albero di Natale.


di Michela Brandino, segnalato in wiccanews e tratto da:
http://www.grandain.com/informazione/dettaglio.asp?id=14594 

IMBOLC, LA FESTA CELTICA DELLE CALENDE DI FEBBRAIO

La festa di Fine Inverno, dedicata a rituali di purificazione dei campi e della casa, era celebrata dai Celti alle Calende di Febbraio; nel Calendario di Coligny è segnata come IMBOLC - AMBIVOLCIOS.
Imbolc, Oimelc o Imbolg è un termine dall'origine incerta: Imbolc potrebbe derivare da Imb-folc, cioè “grande pioggia’ e in molte località dei paesi celtici questa data è chiamata anche “Festa della Pioggia” (sia perchè segna l'inizio della "stagione delle piogge" sia la lustrazione ritualmente praticata per liberarsi dalle impurità invernali). Invece Oimelc significa “nel latte” (essendo questo il periodo in cui nascono i nuovi agnelli e verrebbe a dire anche i figli di Beltane) mentre Imbolg ovvero ‘nel sacco” è il grembo della Madre Terra e il termine richiama i semi che stanno germinando sotto la terra e che spunteranno appena arriveranno le prime piogge.
Ambivolcios infine è un termine latino-gallico che significa "attorno al lavatoio" è sta a indicare l'antica cerimonia di purificazione mediante lavaggio o aspersione d'acqua (benedizione). Anche per gli antichi romani, febbraio era il mese preparatorio all'avvento della primavera, dedicato ai riti della purificazione dei campi e degli armenti e anche le case erano soggette a pulizie particolari.

LA FESTA DELLE NASCITE

Imbolc è la festa che si trova a metà tra il Solstizio d'Inverno e l'Equinozio della Primavera ed è la prima festa della Primavera, quando spuntano i primi bucaneve e i crochi e quindi inizia a manifestarsi il rinnovamento della Natura.

A Imbolc la vita riprende timidamente a rifiorire, sono gli agnelli nuovi nati (la luna piena di Febbraio) a stimolare la produzione di latte, simbolicamente sono i bambini generati a Beltane, sono i primi bulbi a spuntare dalla brulla terra. Per i contadini è il mese del riposo dal lavoro nei campi, dedicato alle attività "ricreative" come la riparazione o costruzione di attrezzi e attrezzature, e in particolare la costruzione di cesti o i lavoretti d'intaglio del legno. Era un mese critico perché nell'orto si riusciva a trovare poco o niente e l'unica frutta disponibile era quella conservata dall'autunno, mele, pere, castagne, noci e nocciole e le aspre nespole. E perciò latte, farina e uova costituivano la fonte primaria dell'alimentazione invernale.
E' la festa dedicata alla dea Brigid, la triplice dea del fuoco
FESTA DI IMBOLC
Mentre galoppano i destrieri della neve e la notte sembra senza fine,

nel chiuso delle capanne a bassa voce si preghi perché Brigid

dai tre volti benevola rinnovi nel suo grembo traccia di luce.

E quella moltiplicata tante volte risvegli fuoco nel cuore della terra

così che l’erba annerita dal ghiaccio superi la prova dell’inverno

e si rinnovi ai piedi degli agnelli –

poi ridestati gli alberi dormienti tornino ai brusii nella foresta.

E usciranno gli uomini dal chiuso

per intonare canti di vittoria

-liberate dal freddo le membra,

il buio annientato dall’azzurro.


(Fryda Rota)

I PRONOSTICI: L'ORSO DELLA CANDELORA

Un tempo era fondamentale riuscire a prevedere con precisione l'arrivo della primavera, per sapere quando iniziare le semine, e un proverbio così recita: "Candelora dell'inverno semo fora, ma se piove e tira vento, dell'inverno semo drento" Così se il 2 febbraio il tempo è brutto lo resterà per almeno un altro mese. Un perfetto barometro del tempo era l'orso della Candelora (in America e in Canada la marmotta) . Secondo la tradizione dell’Europa medioevale alpina, nella notte tra il primo e il due di febbraio, l’Orso (o in Piemonte il Tasso) si risveglia dal suo letargo invernale, ed osserva il cielo. Se lo trova “chiaro” (plenilunio) rientra nel suo giaciglio, perché l’inverno durerà ancora quaranta giorni. Se invece il cielo è “scuro” (novilunio), allora l’Orso uscirà dal suo riparo ad annunciare l’inizio della primavera. 
Nel Fenland (Inghilterra) nei primi di gennaio si celebra ancora oggi “Il giorno dell’Orso di Paglia” (Straw bear Day). Sebbene limitata a una piccola area ai confini della Huntingdonshire e Cambridgeshire con questa festa si celebra l’inizio dell’anno agricolo in Inghilterra. Un uomo coperto dalla testa ai piedi dalla paglia, va di casa in casa, per propiziare un buon raccolto con la danza dell’Orso, ricevendo in cambio denaro, cibo o birra. Più che orsi queste figure rivestite di paglia sembrano  spiriti del grano e spesso finiscono bruciate. 
I Carmina Gadelica, una raccolta di miti, proverbi e poemi gaelici di Scozia, raccolti e trascritti alla fine dell’800 dal folclorista scozzese Alexander Carmichael, riportano la seguente filastrocca:
“La mattina del Giorno di Bride
Il serpente uscirà fuori dalla tana
Non molesterò il serpente
Né il serpente molesterà me”
Il serpente appare come uno degli animali-totem di Brigit. In molte culture il serpente o drago è simbolo dello spirito della terra e delle forze naturali di crescita, decadimento e rinnovamento. 
Nel giorno di Bride il serpente si risveglia dal suo sonno invernale e i contadini ne traevano il presagio della fine imminente della cattiva stagione. Il serpente è uno dei molti aspetti dell’antica Dea della terra: la muta della sua pelle simboleggia il rinnovamento della Natura e anche la sua dualità 
Così da noi "i giorni della merla" sono per tradizione i giorni più freddi dell’anno e si ricavano pronostici: se i giorni della merla sono davvero freddi, la Primavera sarà bella; se sono caldi, la Primavera arriverà in ritardo. I giorni della merla non sono però ben delimitati possono essere gli ultimi tre giorni di Gennaio ma anche i primi tre di Febbraio. Ipotesi astruse e leggende sono sorte per giustificare il proverbio, la più diffusa risale al Medioevo e spiega il colore della livrea grigio cenere della merla (che si è sporcata con la fuliggine del camino dentro cui era riuscita a ripararsi per sopportare il gelo) 

FONTE
http://www.sacred-texts.com/neu/celt/cg1/cg1074.htm

LE CERIMONIE D'INIZIAZIONE

La festa di Imbolc prevedeva molto probabilmente delle cerimonie di iniziazione per i bardi e per i giovani guerrieri, ovviamente non abbiamo conoscenza di tali cerimonie. Pure i riti più antichi celebrati dalle donne in onore a Brigid ci restano sconosciuti, e tuttavia la tradizione popolare ha tramandato gesti e parole che ancora oggi vengono ripetuti.

RITI TRADIZIONALI DI IMBOLC

I riti di Brigid celebrati a Imbolc ci sono stati tramandati dal folklore scozzese e irlandese. Nella festa celebrata in onore a Brigid le donne preparavano dei talismani: la croce di Brigid (ovvero la ruota solare), il mantello di Brigid, una striscia di stoffa che si lasciava fuori nella notte della festa per assorbire il potere della dea e che veniva poi utilizzata sia come protezione che nei rituali di guarigione, oppure una bambolina come la fanciulla del grano o ancora il letto di Bride, una sorta di culla in miniatura in cui si poneva l'effige stilizzata della Dea.
Brigida dal mantello, avvolgici,
signora degli agnelli proteggici,
custode del focolare, illuminaci,
sotto il tuo manto raccoglici
e rendici alla memoria

SLOINNTIREACHD BHRIDE
On Bride's Eve the girls of the townland fashion a sheaf of corn into the likeness of a woman. They dress and deck the figure with shining shells, sparkling crystals, primroses, snowdrops, and any greenery they may obtain. In the mild climate of the Outer Hebrides several species of plants continue in flower during winter, unless the season be exceptionally severe. The gales of March are there the destroyers of plant-life. A specially bright shell or crystal is placed over the heart of the figure. This is called 'reul-iuil Bride,' the guiding star of Bride, and typifies the star over the stable door of Bethlehem, which led Bride to the infant Christ. The girls call the figure 'Bride,' 'Brideag,' Bride, Little Bride, and carry it in procession, singing the song of 'Bride bhoidheach oigh nam mile beus,' Beauteous Bride, virgin of a thousand charms. The 'banal Bride,' Bride maiden band, are clad in white, and have their hair down, symbolising purity and youth. They visit every house, and every person is expected to give a gift to Bride and to make obeisance to her. The gift may be a shell, a spar, a crystal, a flower, or a bit of greenery to decorate the person of Bride. Mothers, however, give 'bonnach Bride,' a Bride bannock, 'cabag Bride,' a Bride cheese, or 'rolag Bride,' a Bride roll of butter. Having made the round of the place the girls go to a house to make the 'feis Bride,' Bride feast. They bar the door and secure the windows of the house, and set Bride where she may see and be seen of all. Presently the young men of the community come humbly asking permission to honour Bride. After some parleying they are admitted and make obeisance to her.
Much dancing and singing, fun and frolic, are indulged in by the young men and maidens during the night. As the grey dawn of the Day of Bride breaks they form a circle and sing the hymn of 'Bride bhoidheach muime chorr Chriosda,' Beauteous Bride, choice foster-mother of Christ. They then distribute fuidheal na feisde,' the fragments of the feast--practically the whole, for they have partaken very sparingly, in order to have the more to give--among the poor women of the place.
A similar practice prevails in Ireland. There the churn staff, not the corn sheaf, is fashioned into the form of a woman, and called 'Brideog,' little Bride. The girls come clad in their best, and the girl who has the prettiest dress gives it to Brideog. An ornament something like a Maltese cross is affixed to the breast of the figure. The ornament is composed of straw, beautifully and artistically interlaced by the deft fingers of the maidens of Bride. It is called 'rionnag Brideog,' the star of little Bride. Pins, needles, bits of stone, bits of straw, and other things are given to Bride as gifts, and food by the mothers. 
Customs assume the complexion of their surroundings, as fishes, birds, and beasts assimilate the colours of their habitats. The seas of the 'Garbh Chriocha,' Rough Bounds in which the cult of Bride has longest lived, abound in beautiful iridescent shells, and the mountains in bright sparkling stones, and these are utilised to adorn the ikon of Bride. In other districts where the figure of Bride is made, there are no shining shells, no brilliant crystals, and the girls decorate the image with artistically interlaced straw.
The older women are also busy on the Eve of Bride, and great preparations are made to celebrate her Day, which is the first day of spring. They make an oblong basket in the shape of a cradle, which they call 'leaba Bride,' the bed of Bride. It is embellished with much care. Then they take a choice sheaf of corn, generally oats, and fashion it into the form of a woman. They deck this ikon with gay ribbons from the loom, sparkling shells from the sea, and bright stones from the hill. All the sunny sheltered valleys around are searched for primroses, daisies, and other flowers that open their eyes in the morning of the year. This lay figure is called Bride, 'dealbh Bride,' the ikon of Bride. When it is dressed and decorated with all the tenderness and loving care the women can lavish upon it, one woman goes to the door of the house, and standing on the step with her hands on the jambs, calls softly into the darkness, 'Tha leaba Bride deiseal,' Bride's bed is ready. To this a ready woman behind replies, 'Thigeadh Bride steach, is e beatha Bride,' Let Bride come in, Bride is welcome. The woman at the door again addresses Bride, 'A Bhride! Bhride thig a stench, tha do leaba deanta. Gleidh an teach dh’an Triana,' Bride! Bride, come thou in, thy bed is made. Preserve the house for the Trinity. The women then place the ikon of Bride with great ceremony in the bed they have so carefully prepared for it. They place a small straight white wand (the bark being peeled off) beside the figure. This wand is variously called 'slatag Bride,' the little rod of Bride, 'slachdan Bride,' the little wand of Bride, and 'barrag Bride,' the birch of Bride. The wand is generally of birch, broom, bramble, white willow, or other sacred wood, 'crossed' or banned wood being carefully avoided. A similar rod was given to the kings of Ireland at their coronation, and to the Lords of the Isles at their instatement. It was straight to typify justice, and white to signify peace and purity--bloodshed was not to be needlessly caused. The women then level the ashes on the hearth, smoothing and dusting them over carefully. Occasionally the ashes, surrounded by a roll of cloth, are placed on a board to safeguard them against disturbance from draughts or other contingencies. In the early morning the family closely scan the ashes. If they find the marks of the wand of Bride they rejoice, but if they find 'long Bride,' the footprint of Bride, their joy is very great, for this is a sign that Bride was present with them during the night, and is favourable to them, and that there is increase in family, in flock, and in field during the coming year. Should there be no marks on the ashes, and no traces of Bride's presence, the family are dejected. It is to them a sign that she is offended, and will not hear their call. To propitiate her and gain her ear the family offer oblations and burn incense. The oblation generally is a cockerel, some say a pullet, buried alive near the junction of three streams, and the incense is burnt on the hearth when the family retire for the night.

tratto da qui in Carmina Gadelica, Alexander Carmichael


LA CANDELORA

La festa della Candelora (dal tardo latino "candelorum", per "candelaram", benedizione delle candele) era celebrata nella Chiesa romana il 2 di febbraio in ricordo della presentazione di Gesù al tempio e della purificazione rituale di Maria (per gli ebrei, dopo il parto di un maschio, la madre era considerata impura per un periodo di 40 giorni): avendo la Chiesa romana stabilito la Nascita di Gesù al 25 dicembre, la festa finì per coincidere con il mese dedicato nella Roma pagana a Iunio Februata (Giunone purificata). In Francia si dice La Canelière, in Bretagna Candlemas, in Germania Lichtmesse e in Italia Candelora. 
Durante la festa si portavano candele e torce accese in solenne processione, alle quali a partire dall’XI secolo si aggiunse la benedizione delle candele per gli altari e per i fedeli. I ceri benedetti erano distribuiti durante la benedizione pasquale delle case  (e si ricambiava con le uova) e venivano accesi per invocare la benevolenza divina, durante i violenti temporali, nell'attesa di una persona che non tornava o che si pensava fosse in grave pericolo, accanto ad un moribondo, durante le epidemie o i parti difficili.   
Dal Vangelo di Luca 2,22-40
E quando furono giunti i giorni della loro purificazione, secondo la legge di Mosè, lo portarono a Gerusalemme per presentarlo al signore “Ogni primogenito maschio sarà consacrato al Signore” sta scritto, e per offrire il sacrificio prescritto dalla Legge del Signore, d’un paio di tortore o di due piccioni.
Ancora nel Medioevo la cerimonia di purificazione della puerpera avveniva con la conduzione in chiesa della donna che indossava il suo abito da sposa ed entrava in chiesa reggendo una candela accesa, il sacerdote che l’accoglieva le faceva il segno della croce, la benediva con l’acqua santa e recitava un salmo poi la invitava dicendo :”Entra nel tempio di Dio, adora il Figlio della santa Vergine Maria, che ti ha concesso la benedizione di essere madre
Fino a quando la cerimonia non veniva celebrata, la donna era considerata impura e non poteva fare il pane e servire il cibo. 
"La mattina si fa la benedizione delle candele, che si distribuiscono ai fedeli, la qual funzione fu istituita dalla Chiesa per togliere un antico costume dei gentili, che in questo giorno in onore della falsa dea Februa con fiaccole accese andavano scorrendo per le città, mutando quella superstizione in religione e pietà cristiana". Da "Lunario Toscano" 1805
I romani pagani festeggiavano alle calende di febbraio Giunone purificata (guarda caso protettrice delle partorienti) e la Giunone Salvatrice andando in giro per la città con torce accese affinchè il fumo purificasse l'aria. 

ATTIVITA' A IMBOLC

Fare e accendere candele, fare il sapone, piantare bulbi, preparare da sole il burro, lo yogurth o del formaggio fresco. Cucinare il pane dandogli la forma di treccia, o meglio ancora le crepes che in Bretagna sono tradizionali della Candelora, e si preparano nella Francia nord occidentale con la farina di grano saraceno (galette). In Piemonte sono tradizionali delle cialde molto simili alle varianti bretoni chiamate variamente "miacce" nella Valsesia, "amiasc" nella Valle Vighezzo o "miassa" nel Canavesano. Più spesso queste "cialde" sono farcite con ripieni salati, ma non mancano le varianti dolci. 
LE MIACCE DI SAN BIAGIO
“Stinchett”, “Runditt” e “Amiasc” sono i vari nomi con cui vengono chiamate nelle vallate ossolane queste cialde, ovvero un pane azzimo che si prepara, a seconda della ricetta locale, con farina di grano, grano saraceno oppure mais e acqua. L'importante è fare l'impasto il giorno prima e cuocerlo su dei ferri arroventati (detti variamente "testi", cocci") o sulla pietra ollare (tipica delle valli ossolane). La sottile sfoglia così cotta si imburra per bene (con burro di malga) si sala e si piega in quattro per mangiarla con le mani.
Ricette simili sono state trovate anche in Sardegna e in Bretagna, e si può pertanto pensare ad un’antica origine celtica. Del resto la preparazione è antichissima, perché per ottenere il primo pane probabilmente si schiacciarono i chicchi tra due pietre e con l'aggiunta di acqua si cossero in strati sottili su delle pietre piatte poste sul fuoco. 
FONTI





Oestara - Ostara, Equinozio di Primavera

... il Suo potere è aprire le porte della rinascita

la sua promessa non può mai venire meno



Lei risveglia tutti i semi dormienti,

L'arcobaleno è il suo simbolo,

Adesso il potere dell'inverno ha ceduto il passo,

Con la forza dell'amore, tutte le catene sono state spezzate

Tutto ciò che è stato perduto viene ritrovato
in una nuova forma, in un nuovo modo...*

Il Cerchio della Luna propone per Imbolc una serata aperta di celebrazione biodanzante

E' la magia del nuovo inizio, nel meraviglioso equilibrio di luce e buio dell'Equinozio di Primavera (da equum nocti, uguale alla notte). Siamo al Mattino del Mondo, nella luce crescente e chiara che rende i giorni del buio un ricordo che inizia ad annebbiarsi.

Nell'equilibrio, nell'armonia di luce e buio, luna e sole, maschile e femminile, ci viene incontro un mondo nuovo, ricco di promesse, di fertilità, di apertura, di possibilità e colori. La Primavera, stagione di espansione, di creatività e di danza gioiosa. 


La natura ci viene incontro nella grazia e nella vitalità della sua fanciullezza e tradizionalmente le feste legate all'equinozio celebravano dee fanciulle come Persefone-Kore, dea greca dal duplice volto di fanciulla e regina degli inferi:




Kore dall'Acropoli



Io sono Kore: la giovinezza, l’innocenza, la leggerezza.

Sono la Dea del Fiore, una stagione nella natura e nella vita di ogni donna.
Io ho conosciuto l’oscurità dell’Ade, ho assaggiato i chicchi della melagrana
ritrovando così il mio nome: Persefone, la Terribile,
Silenziosa Signora del Regno dei Morti.
Solo dopo aver varcato la soglia del buio,
traversato il mondo delle ombre, posso risalire alla luce
tenendo fra le mani la sacra melagrana,
simbolo dell’eterno ritorno.** 

E accanto alla Dea Fanciulla, si festeggiava il Dio fanciullo, come Pan: 

Pan in bronzo, Metropolitan Museum of Art, 4° a.C.

Musa cantami il caro figlio di Ermes, bicorne,
dai piedi di capra, amante del frastuono, che vaga
per le valli boscose in compagnia con le Ninfe danzatrici:
esse amano percorrere le cime delle rupi scoscese,
invocando Pan, il dio dei pascoli, dai capelli lucenti,
irsuto, che frequenta tutte le alture nevose
e le cime dei monti e i sentieri pietrosi.
...
... al tramonto,
tornando da caccia, intona sulla zampogna una dolce
melodia: non lo vince nel canto
l'uccello che a primavera effonde un lamento
con voce di miele tra i fiori e le foglie.
Allora si uniscono al suo canto le Ninfe montane
dalla limpida voce, danzando con passi rapidi presso la fonte
profonda, e l'eco risuona dalla vetta del monte.
Il dio ora danza in tondo, ora entra nel mezzo,
con rapidi passi - porta sul dorso una fulva pelle
di lince - e si esalta nel cuore a quel canto ritmato,
sul tenero prato dove il croco e il giacinto
odoroso si mescolano all'erba, fiorendo in gran copia. 



E dunque Ostara, l'Equinozio di Primavera, è anche il momento dell'incontro della Dea e del Dio fanciulli e della loro danza. E' infatti per tutti il momento in cui si esce dall'interiorità del lungo inverno e avviene il primo incontro con l'Altro, con l'avventura e la magia della scoperta di ciò che non è noi, con l'innamoramento e la trasformazione. 
E' il primo incrociarsi degli sguardi, il sorriso che scaturisce, la luce di quello che è già un nuovo mondo.

E’ il momento adatto per aprirsi ai sentimenti e viverli nella loro totalità, per rinascere con la Natura e fondersi con la Madre Terra, celebrarla e gioire della Vita che sboccia e si manifesta in tutte le sue forme.


Se vogliamo celebrare l'Equinozio, possiamo farlo con semplici azioni, ricordando che la Primavera ci porta verso il mondo e l'azione concreta in esso. Possiamo ad esempio, in sintonia con l’energia di Oestara:

Svuotare i cassetti, eliminando tutto ciò che non serve e che fa ristagnare l’energia nella stanza.
Camminare nella natura per riconoscere i cambiamenti della Terra mentre si risveglia. 
Circondarsi di fiori per ricordare la nostra appartenenza alla natura.
Stendere sulla tavola una tovaglia verde e candele color pastello.
Piantare dei semi in giardino o nei vasi: prendersi l’impegno di crescere le piantine con amore.
Aprire le finestre all'aria di primavera.
Imparare a creare qualcosa con le mani.
Fare un cerchio di arance che rappresentino il sole, pensando a tutto quello che il sole ci dona.
Dipingere delle uova con i simboli del sole e della luna o con delle qualità e di seguito mangiarle per incorporare l’energia del simbolo. Queste uova sono “semi spirituali” che vengono piantati al nostro interno e che germoglieranno durante l’anno.
Meditare sull'immagine dei semi.
Meditare sugli inizi, sull'aria, sull'alba.
Regalare alla Terra del miele, un cristallo o una monetina.
Comprare un libro su una materia completamente nuova che ci affascina e leggerlo.
Fare qualcosa di nuovo, di mai fatto prima …
Aspettare l’alba davanti ad un piccolo falò con amici. 





@Testo di Anna Pirera per www.ilcerchiodellaluna.it, febbraio 2007

Si ispirazione, fra le altre, di un testo raccolto da Rosa Carotti



* da: La Danza a Spirale, Starhawke, Macro edizioni

** di Rosa Carotti

*** Inno a Pan, dagli Omerici a cura di Giuseppe Zanetto ed. Bur





Imbolc: la festa della luna crescente
 

Siamo piene di grazia.
piene di grazia come una donna
che ha appena partorito,
o come l'alba che partorisce il sole.
piene di grazia
per illuminare di bello ciò che ascoltiamo,
e ciò che ci ascolta.
lentamente, verso il Nuovo

(valentina, barbara, noemi)

E' l'energia di Imbolc: grazia, purezza, luce e rinascita.

Il Cerchio della Luna propone per Imbolc una serata aperta di celebrazione biodanzante
Imbolc
La luce che è nata al Solstizio di Inverno comincia a manifestarsi all'inizio del mese di febbraio: le giornate si allungano poco alla volta e anche se la stagione invernale continua a mantenere la sua gelida morsa, ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando. Le genti antiche erano molto più attente di noi ai mutamenti stagionali, anche per motivi di sopravvivenza. Questo era il più difficile periodo dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano a scarseggiare. Pertanto, i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con uno stato d’animo che oggi, al riparo delle nostre case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica ad immaginare.

Se sovrapponiamo la Ruota dell’Anno al nostro moderno calendario, la prima festa che incontriamo cade l’1 febbraio.

Presso i Celti l’1 febbraio era Imbolc (pronuncia Immol’c) detta anche Oimelc o Imbolg. L’etimologia della parola è controversa ma i significati rinviano tutti al senso profondo di questa festa. Infatti Imbolc pare derivare da Imb-folc, cioè “grande pioggia’ e in molte località dei paesi celtici questa data è chiamata anche “Festa della Pioggia”: ciò può riferirsi ai mutamenti climatici della stagione ma anche all’idea di una lustrazione che purifica dalle impurità invernali.
Invece Oimelc significa “lattazione delle pecore” mentre Imbolg vorrebbe dire ‘nel sacco” inteso nel senso di “nel grembo” con riferimento simbolico al risveglio della Natura nel grembo della Madre Terra e con un riferimento più materiale agli agnelli, nuova fonte di cibo e di ricchezza, che la previdenza della Natura e degli allevatori avrebbe fatto nascere all'inizio della buona stagione.
L’allattamento degli agnelli garantiva un rifornimento provvidenziale di proteine. Il nuovo latte, il burro, il formaggio costituivano spesso la differenza tra la vita e la morte per bambini e anziani nei freddi giorni di febbraio.

Imbolc è una delle quattro feste celtiche, dette “feste del fuoco” perché l’accensione rituale di fuochi e falò ne costituiscono una caratteristica essenziale. In questa ricorrenza il fuoco è però considerato sotto il suo aspetto di luce, questo è infatti il periodo della luce crescente. Gli antichi Celti, consapevoli dei sottili mutamenti di stagione come tutte le genti del passato, celebravano in maniera adeguata questo tempo di risveglio della Natura. Non vi erano grandi celebrazioni tribali in questo buio e freddo periodo dell’anno, tuttavia le donne dei villaggi si radunavano per celebrare insieme la Dea della Luce (le celebrazioni iniziavano la vigilia, perché per i Celti ogni giorno iniziava all’imbrunire del giorno precedente).

Brigid 
Nell'Europa celtica era infatti onorata Brigit (conosciuta anche come Brighid o Brigantia), dea del triplice fuoco; infatti era la patrona dei fabbri, dei poeti e dei guaritori. Il suo nome deriva dalla radice “breo” (fuoco): il fuoco della fucina si univa a quello dell’ispirazione artistica e dell’energia guaritrice.
Brigit, figlia del Grande Dio Dagda e controparte celtica di Athena-Minerva, è la conservatrice della tradizione, perché per gli antichi Celti la poesia era un’arte sacra che trascendeva la semplice composizione di versi e diventava magia, rito, personificazione della memoria ancestrale delle popolazioni.

La capacità di lavorare i metalli era ritenuta anche essa una professione magica e le figure di fabbri semi-divini si stagliano nelle mitologie non solo europee ma anche extra-europee; l’alchimia medievale fu l’ultima espressione tradizionale di questa concezione sacra della metallurgia.

Sotto l’egida di Brigit erano anche i misteri druidici della guarigione, e di questo sono testimonianza le numerose “sorgenti di Brigit”. Diffuse un po’ ovunque nelle Isole Britanniche, alcune di esse hanno preservato fino ad oggi numerose tradizioni circa le loro qualità guaritrici. Ancora oggi, ai rami degli alberi che sorgono nelle loro vicinanze, i contadini appendono strisce di stoffa o nastri a indicare le malattie da cui vogliono essere guariti.

Sacri a Brigit erano la ruota del filatoio, la coppa e lo specchio.
Lo specchio è strumento di divinazione e simboleggia l’immagine dell’Altro Mondo cui hanno accesso eroi e iniziati.
La ruota del filatoio è il centro ruotante del cosmo, il volgere della Ruota dell’Anno e anche la ruota che fila i fili delle nostre vite.
La coppa è il grembo della Dea da cui tutte le cose nascono.

Cristianizzata come Santa Bridget o Bride, come viene chiamata familiarmente in gaelico, essa venne ritenuta la miracolosa levatrice o madre adottiva di Gesù Cristo e la sua festa si celebra appunto l’1 febbraio, giorno di Santa Bridget o Là Fhéile Brfd.
Riguardo questa santa, di cui è tanto dubbia l’esistenza storica quanto certa la sua derivazione pagana, si diceva che avesse il potere di moltiplicare cibi e bevande per nutrire i poveri, potendo trasformare in birra perfino l’acqua in cui si lavava!
A Santa Bridget fu consacrato il monastero irlandese di Kildare, dove un fuoco in suo onore era mantenuto perpetuamente acceso da diciannove monache. Ogni suora a turno vegliava sul fuoco per un’intera giornata di un ciclo di venti giorni; quando giungeva il turno della diciannovesima suora ella doveva pronunciare la formula rituale “Bridget proteggi il tuo fuoco. Questa è la tua notte”. Il ventesimo giorno si diceva fosse la stessa Bridget a tenere miracolosamente acceso il fuoco. Il numero diciannove richiama il ciclo lunare metonico che si ripete identico ogni diciannove anni solari.
Inutile ricordare come questa usanza ricordasse il collegio delle Vestali che tenevano sempre acceso il sacro fuoco di vesta nell’antica Roma, ma più probabilmente la devozione delle suore di Kildare si ricollega alle Galliceniae, una leggendaria sorellanza di druidesse che sorvegliavano gelosamente il loro recinto sacro dall'intrusione degli uomini e i cui riti furono mantenuti attraverso molte generazioni.
Allo stesso modo, nel monastero di Kildare solo alle donne era concesso di entrare nel recinto dove bruciava il fuoco, che veniva tenuto acceso con mantici, come ricorda Geraldo di Cambria nel 120 secolo. Il fuoco bruciò ininterrottamente dal tempo della leggendaria fondazione del santuario, nel 60 secolo, fino al regno di Enrico VIII, quando la Riforma protestante pose fine a questa devozione più pagana che cattolica.

Riti tradizionali di Imbolc
I riti di Brigit celebrati a Imbolc ci sono stati tramandati dal folklore scozzese e irlandese.

Il letto di Bride
Nelle Isole Ebridi (che forse devono il loro nome proprio a Brigit o Bride) le donne dei villaggi si radunano insieme in qualche casa e fabbricano un’ immagine dell’antica Dea, la vestono di bianco e pongono un cristallo sulla posizione del cuore. In Scozia, la vigilia di Santa Bridget le donne vestono un fascio di spighe di avena con abiti femminili e lo depongono in una cesta, il “letto di Brid”, con a fianco un bastone di forma fallica. Poi esse gridano tre volte “Brid è venuta, Brid è benvenuta!”, indi lasciano bruciare torce e candele vicino al “letto” tutta la notte.
Se la mattina dopo trovano l’impronta del bastone nelle ceneri del focolare, ne traggono un presagio di prosperità per l’anno a venire. Il significato di questa usanza è chiaro: le donne preparano un luogo per accogliere la Dea e invitano allo stesso tempo il potere fecondante maschile a unirsi a lei. Anche nell'isola di Man veniva compiuta una cerimonia simile, chiamata Laa’l Breesley. Nell’Inghilterra del Nord, terra dell’antica Brigantia, la ricorrenza veniva denominata “Giorno delle Levatrici”.

La croce di Brigid
In Irlanda, si preparano con giunchi e rametti le cosiddette croci di Brigit, a quattro bracci uguali racchiusi in un cerchio, cioè la figura della ruota solare (che è simbolo appropriato per una divinità del fuoco e della luce); lo stesso giorno vengono bruciate le croci preparate l’anno prima e conservate fino ad allora.La fabbricazione delle croci di Brigit deriva forse da un’antica usanza precristiana collegata alla preparazione dei semi di grano per la semina.

Questi oggetti simbolici, confezionati con materiale vegetale, ci ricordano tra l’altro che la luce ed il calore sono indispensabili alla vegetazione che si rinnova in continuazione, anno dopo anno. Le spighe di avena (o grano, orzo, ecc.) usate per fabbricare le bambole di Brigit, provengono dall'ultimo covone del raccolto dell’anno precedente. Questo ultimo covone, in molte tradizioni europee è chiamato la Madre del Grano (o dell’Orzo, dell’Avena, ecc.) e la bambola propiziatoria confezionata con le sue spighe è la Fanciulla del Grano (o dell’Orzo, dell’Avena, ecc.).Si credeva cioè che lo spirito del cereale o la stessa Dea del Grano risiedesse nell'ultimo covone mietuto: come le spighe del vecchio raccolto sono il seme di quello successivo, così la vecchia divinità dell’autunno e dell’inverno si trasformava nella giovane Dea della primavera, in quella infinita catena di immortalità che è il ciclo di nascita, morte e rinascita. E Brigit rappresenta appunto la giovane Dea della primavera.

Una leggenda
Un antico codice irlandese, il Libro di Lisrnore, riporta una curiosa leggenda. Si narra che a Roma i ragazzi usavano giocare ad un gioco da tavolo in cui una vecchia megera liberava un drago mentre dall'altra parte una giovane fanciulla lasciava libero un agnello che sconfiggeva il drago. La megera allora scagliava un leone contro la fanciulla, la quale però provocava a sua volta una grandine che abbatteva il leone. Papa Bonifacio, dopo aver interrogato i ragazzi e aver saputo che il gioco era stato insegnato loro dalla Sibilla, lo proibì.
La megera non è altro che la Vecchia Dea dell’Inverno sconfitta dalla Giovane Dea della Primavera. Essendo questa leggenda stata raccolta in un ambito culturale celtico, si può supporre che la Vecchia altri non era che la Cailleach a cui si contrappone Brigit. Il riferimento all'agnello è un altro simbolo del periodo di Imbolc, anche se i commentatori medievali lo considerarono l’emblema di Gesù Cristo.
In realtà è la Vecchia Dea che si rinnova trasformandosi in Giovane Dea, così come il Vecchio Grano diviene il nuovo raccolto. I Carmina Gadelica, una raccolta di miti, proverbi e poemi gaelici di Scozia, raccolti e trascritti alla fine dell’800 dal folclorista scozzese Alexander Carmichael, riportano la seguente filastrocca:

“La mattina del Giorno di Bride
Il serpente uscirà fuori dalla tana
Non molesterò il serpente
Né il serpente molesterà me”

Il serpente appare come uno degli animali-totem di Brigit. In molte culture il serpente o drago è simbolo dello spirito della terra e delle forze naturali di crescita, decadimento e rinnovamento. Nel giorno di Bride il serpente si risveglia dal suo sonno invernale e i contadini ne traevano il presagio della fine imminente della cattiva stagione. Il serpente è uno dei molti aspetti dell’antica Dea della terra: la muta della sua pelle simboleggia il rinnovamento della Natura e anche la sua dualità Infatti in gaelico “neamh” (cielo) è simile a “naimh” (veleno), provenendo entrambi dalla radice “nem”. La Vecchia Dea e la Giovane Dea sono la stessa persona! (nelle fiabe l’eroe che coraggiosamente bacia una vecchia megera si ritrova di fronte una bellissima fanciulla...)

La Dea Februa
In un’altra area culturale europea, nell'antica Roma, i primi giorni di febbraio erano sacri alla dea Februa o a Giunone Februata. “Februare” in latino significa purificare, quindi febbraio è il mese delle purificazioni (anche la febbre è un modo di purificarsi usato dal nostro corpo!).
Processioni in onore di Februa percorrevano la città con fiaccole accese, simbolo di luce e allo stesso tempo, di purificazione. 
La Candelora
Un’altra usanza, legata anche a rituali di fertilità erano i Lupercali: i Luperci, sacerdoti di Fauno, correvano per le strade vestiti solo con una pelle di capra e con una frusta (anche essa fabbricata con strisce di pelle di capra) con la quale battevano le giovani spose per propiziarne la fertilità (e quindi la capacità di partorire).
La Chiesa, per combattere queste usanze, istituì processioni con candele, alle quali a partire dall’11° secolo aggiunse la benedizione delle candele per gli altari. Col nome di Candelora o Candlemas (nei paesi anglosassoni) è nota la festa cristiana del 2 febbraio, denominata “Presentazione del Signore al Tempio”. Ma è evidente che la nuova religione non ha potuto modificare il significato autentico della festa, un significato che è profondamente incarnato nella Natura e nello spirito umano.
Il legame della festa con le candele, la purificazione e l’infanzia, sopravvisse nell'usanza medievale di condurre le donne in chiesa dopo il parto a portare candele accese.

L’idea di una purificazione rituale in questo periodo è rimasta forte nel folklore europeo. Ad esempio le decorazioni vegetali natalizie vengono messe da parte e bruciate alla Candelora per evitare che i folletti che in esse si sono nascosti infestino le case.

Il concetto di purificazione è presupposto di una nuova vita: si eliminano le impurità del passato per far posto alle cose nuove. Alcuni gruppi neo pagani europei festeggiano Imbolc accendendo candele che sporgono da una bacinella di acqua. Il significato è quello della luce della nuova vita che emerge dalle acque del grembo materno, le acque lustrali di Imbolc che lavano via le scorie invernali. Un antico detto celtico ricordava come fosse una buona cosa lavarsi mani e viso a Imbolc!

La pianta sacra di Imbolc è il bucaneve. E’ il primo fiore dell’anno a sbocciare e il suo colore bianco ricorda allo stesso tempo la purezza della Giovane Dea e il latte che nutre gli agnelli.


Celebrare Imbolc

Fisicamente è opportuno praticare una dieta più leggera, dopo che i banchetti delle feste invernali e la forzata sedentarietà trascorsa al chiuso delle nostre case, hanno appesantito il nostro fisico. Possiamo anche decidere di fare una bella pulizia in casa! E’ utile purificare la nostra casa e il nostro corpo con il fumo dell’incenso: vanno benissimo anche i bastoncini di incenso profumati che si trovano ovunque in commercio. Scegliamo pure l’aroma che ci piace di più e lasciamo che il fumo sottile pulisca i nostri corpi energetici.

Psicologicamente è il momento di purificare la nostra mente dai cattivi pensieri e dai sentimenti inadeguati. Una bella pulizia mentale, che ci consenta di fare entrare in noi la luce della Natura rinnovata e di partecipare al risveglio del cosmo dalla lunga notte invernale.

Spiritualmente può essere utile la celebrazione di piccoli rituali legati ai simboli della festa.

Qui di seguito vengono proposti tre riti che possono essere eseguiti per celebrare Imbolc.

Accendere una candela
Un rituale molto semplice può essere quello di accendere una candela bianca (colore di purificazione) dicendo “Accendo la fiamma di Brigit per illuminare il cammino della mia vita”.
Si mediti per un po’ di tempo sui significati della festa: sul nostro bisogno di purificazione, sulla necessità di abbandonare cose e aspetti della nostra vita che non ci piacciono più, sulle nuove cose che vogliamo portare nelle nostre esistenze.
Poi si porti la candela accesa nelle varie stanze della nostra abitazione, facendo il giro degli ambienti in senso orario (magicamente è la direzione propizia, che porta energia). Alla fine si spenga la candela dicendo “Spengo la fiamma di Brigit per farla vivere in me” e si visualizzi la luce della candela che entra in noi.

Festeggiare Brigid in una famiglia
Se si vuole compiere qualcosa di più tradizionale, gli uomini possono uscire dopo l’imbrunire della vigilia di Imbolc, per andare a raccogliere un dono per Brigit (pietra, conchiglia, penna di uccello) da riportare in casa. Le donne invece possono trascorrere la vigilia di Imbolc pulendo la casa e immaginando di ramazzare via le energie morte dell’inverno: la Vecchia dell’Inverno è cacciata fuori dall'uscio di casa con la scopa.
Poi, sempre le donne, con rametti raccolti in precedenza preparano un letto per Brigit dove depongono una bambola fabbricata con spighe tenute da parte per l’occasione, e danno il benvenuto alla Dea accendendo una candela bianca e meditando sulla nuova vita che sta tornando.
Anche gli uomini, ritornati in casa con il dono per Brigit possono accendere una candela bianca e meditare sul ritorno della luce e della buona stagione.

Accendere tre candele
Un rituale invece più complesso, che possono eseguire tutti, consiste nel procurarsi tre candele (sempre di colore bianco!), e disporle in un triangolo, con la punta rivolta verso nord. Nel centro del triangolo così disposto si pone un calice di acqua (simbolo della purificazione) o di latte (simbolo del nutrimento della nuova vita).
Dopo un breve rilassamento, seduti o in piedi, ci si muove verso la candela a nord, la si accende e si dice “Signora dell’Inverno, ti dico addio, la tua stagione è terminata”. Si visualizzi il gelido potere dell’inverno che si allontana. Dopo avere sostato un po’, ci si sposta alla candela di sud-est, la si accende e si dice “Signora della Primavera, ti offro un caloroso benvenuto, la terra è il tuo letto”. Si visualizzi il gioioso potere della primavera che si avvicina. Dopo un po’ si va alla candela di sud-ovest, la si accende e si dice “Signora dell’Estate, presto io ti chiamerò e risveglierò il tuo amante”. Si visualizzi il potere ancora lontano della bella stagione, desideroso di nascere e pulsante di vita nel sottosuolo.
Quando ci si sente pronti, si va al centro del triangolo, si raccoglie il calice e si dice “Io bevo il potere della Triplice Dea. Possa questo potere diffondersi su tutta la terra per segnare la nascita della primavera”. Si beve dal calice e si immagina il potere che fluisce in noi, attraverso di noi per risvegliare la Natura. A questo punto si può inserire qualche usanza ricordata in precedenza, cioè la fabbricazione del letto di Brigit o l’arsione delle decorazione vegetali delle feste invernali. Oppure si può semplicemente concludere la cerimonia andando a ciascuna delle candele, nell'ordine in cui sono state accese: si spengono dicendo mentalmente o ad alta voce “Va’ fuoco e caccia l’inverno, riscalda la terra e risveglia la primavera”. Ovviamente in tutti questi piccoli rituali le parole delle formule possono essere adattate e se lo desideriamo, possiamo utilizzare brevi frasi che noi stessi avremo composto, secondo le nostre capacità e la nostra sensibilità.


Tratto da: Roberto Fattore. Feste Pagane,
scaricabile all’indirizzo www.artewicca.it/zipfile/Ruota%20dell'anno.doc


Beltane.
La festa celtica del Maggio.


La primavera era per gli uomini antichi la stagione degli accoppiamenti rituali, delle nozze sacre in cui il Principio maschile e quello femminile si mescolavano per propiziare la fertilità. Per i Celti la Primavera aveva inizio a Imbolc, la festa che si trova a metà tra il Solstizio d'Inverno e l'Equinozio di Marzo, e con la festa di Beltane aveva inizio l'Estate! 




Invocazioni per Beltane 
Beltane di Helen Reed

Alla Dea


Dea dell'Amore

dai molti nomi

Afrodite, Freya, Yemanya,

Hathor, Inanna, Blodeweed.

Tu che sorridi,

Regina dei fiori,

profumo di miele,

riflessi di sole.
sii la benvenuta.


Al Dio

Dio dell'Amore,

dai molti volti,

Dioniso dai ricci ribelli,

Krishna dal flauto che incanta,

Kerumnus potenza del cervo,

profumo di muschio selvatico.

Presenza del dio

che non ammette recinti

e non conosce ostacoli.
sii il benvenuto.


Aria

salute a te, stella dell'est,

brezza del mattino, profumo di primavera.

Nel tuo regno,

il bianco volo dell'airone

disegna nello spazio dell'azzurro infinito

il suo segno di libertà.

Sole che sorge,

speranza che si apre

nei nostri cuori

sussurrando parole d'amore.


Fuoco

Salute a te, stella del Sud,

mezzogiorno di luce,

calore del cuore.

Nella tua savana assolata

con sovrana potenza il leone

scuote la fulva criniera,

e ruggisce, chiamando all'estate.

Arde il fuoco impetuoso

della passione d'amore

che tutto può e tutto vuole.


Acqua

Salute a te, stella dell'Ovest,

carezza dell'onda,

dolcezza dell'abbandono.

Nelle tue acque si lasciano scorrere

ondine e sirene dai lunghi capelli

e si ode quel canto che scioglie il cuore

e irresistibilmente attrae,

dimentichi di sé,

i marinai.

Profondo è il tuo regno

in quell'emozione

che ci fa innamorare.


Terra

Salute a te, stella del Nord,

sentore di terra e di erbe,

riposo al fine,

nell'Amore ritrovato.

Nel tuo regno

di rocce e di boschi

l'orsa e la lupa procedono

attente padrone del territorio

difesa dei cuccioli.

Nella sicurezza antica del tuo istinto

ha radici la sapienza delcorpo

nell'ora dell'Amore



©Invocazioni di Anna Pirera per

www.ilcerchiodellaluna.it




BEL E BELISAMA

Beltane significa letteralmente “fuoco di Bel”: è la festa del dio Bel o Beleno – Belino, Belano dio solare e luminoso, divinità venerata in Irlanda e nella Gallia. Il suo culto probabilmente risale all'epoca del megalitismo ed è una delle divinità più antiche, dio pastore, guaritore e protettore delle acque termali. Una divinità pan-celtica associata sia al fuoco che all'acqua, il dio della Rinascita.

PREGHIERA AL DIO BEL
Bel, dio luminoso, per te

alti brillano i fuochi

-per te, che reggi forza

vitale e trovi risposte

anche quando rimangono
le domande prigioniere

strette in spirali

di intenzione. Rimuoverai

se lo vuoi il dolore

dai corpi stremati:
è il tuo potere onda
benigna. Si erigano
per Bel lapidi votive:
là sciameremo in cerca
di rifugio quando si oscuri
il cielo profanato.


(Fryda Rota)

La Festa del Fuoco


La festa di Beltane  è chiamata in Irlanda la "na Beal tina" ossia il "giorno del fuoco di Beal", il falò è un incantesimo solare che rappresenta e assiste il sole, è il sole che risplende in tutta la sua forza: gli animali passavano tra dei grandi fuochi per essere purificati e benedetti, così si preservavano dalle malattie e si proteggevano dagli scherzi del Piccolo Popolo. Anche le giovani coppie saltavano attraverso il fuoco e auspici si traevano dalle braci incandescenti. E' in occasione di questa festa o forse in quella del solstizio d'estate che Giulio Cesare racconta di aver visto grandi figure di vimini bruciare con dentro delle vittime umane sacrificali (uomo di vimini, the wicker man).
Strabone, Geographica IV, 4, 198, 5  .. costruivano colossi di paglia e di legno, dove buttavano bestiame, animali selvatici ed esseri umani, che venivano arsi insieme.
Anche l'acqua riceveva maggior potere dal sole di Beltane. Si facevano pellegrinaggio alle sorgenti sacre e con l’acqua della sorgente si aspergevano i campi per favorire la pioggia. 
Il primo maggio non valeva la regola dell'ospitalità e se un vicino o un estraneo (avrebbe potuto essere una fata) chiedeva del fuoco, o del burro o anche una tazza d'acqua veniva guardato con sospetto perché di certo aveva cattive intenzioni. Per questo i pozzi erano sorvegliati dai contadini per tutta la notte della Vigilia. In Irlanda l'acqua del pozzo e il fuoco del focolare non erano mai chiesti o dati alla vigilia del Maggio, la prima acqua presa dal pozzo dal legittimo proprietario nel giorno di Maggio portava fortuna, protezione e guarigione. Se era rubata invece si portava via anche la buona sorte.
Ci si rotolava nell'erba per trarre beneficio dalla rugiada di maggio, nella convinzione che facesse bene alla pelle le ragazze la raccoglievano in un barattolo di vetro per usarla come tonico di bellezza  


La Festa della Fertilità

Un rituale celtico che doveva essere tipico a Beltane era quello della Caccia d'Amore, in cui la Regina del Maggio ossia la Dea Fanciulla, dea della Primavera incoronata dal biancospino e il Re del Maggio, l'Uomo Verde, il signore del Bosco Sacro, si univano per rinnovare la vita e la fertilità della Terra; in epoca medievale e per i paesi anglosassoni essi vennero rappresentati da Lady Marian e Robin Hood (Greenwood marriage). Nelle ballate celtiche è sempre a Maggio che le fanciulle sentono il richiamo del corno dell'elfo o si avventurano nei boschi per cogliere rose!!
La consuetudine è documentata ancora nella Scozia settecentesca, e nel Medioevo non era insolito assistere a questo rituale: i ragazzi vestiti di verde come elfi dei boschi si avventuravano nel green wood ossia il bosco sacro, suonando un corno di modo che le ragazze potessero trovarli: fare sesso nella notte di Beltane aiutava i campi ad essere fertili e quindi era di buon auspicio per il raccolto futuro. I nati da questa unione erano i merry-begot, i benvoluti, perché figli degli dei e nessuno del villaggio osava fare loro del male. 
La tradizione di nominare la regina del Maggio è perdurata fino a tutto l'Ottocento e in più in generale si eleggeva la Coppia Sacra che apriva la processione della questua primaverile con il ramo del Maggio. Nel Monferrato la coppia era rappresentata simbolicamente dagli "sposini" ovvero due ragazzi di sesso opposto di 12 anni circa vestiti da sposi. 

Il Palo del Maggio

L'alternativa "allegorica" alla caccia d'amore era invece la danza intorno al Palo del Maggio: un rito della fertilità in chiave arborea (le ghirlande infilate su un palo, sono un'evidente allusione alla sessualità e quindi alla fecondità della vegetazione) che è rimasto nelle tradizioni rituali del mondo contadino si può dire fino ai nostri giorni 

Credenze e Rituali

Tra le tante credenze e i rituali del 1° maggio è

 curiosa questa divinatoria: uscire prima

dell'alba e prendere la prima lumaca che si

 trova. Mettere la lumaca su un piatto cosparso

 di farina e lasciare una foglia di cavolo: nella

 sua deambulazione la lumaca scriverà il nome

 del futuro sposo! 
Le erbe raccolte prima del sorgere del sole nel giorno del Maggio hanno migliori proprietà curative specialmente per curare le verruche. Quando la produzione del burro era un procedimento casalingo effettuato con la zangola, il primo burro prodotto con il latte del 1° maggio era considerato il migliore per preparare unguenti e pomate.  
Un'altra usanza della vigilia era quella di sferzarsi con le ortiche e i bambini potevano andare in giro correndo con un mazzo di ortiche per colpire i compagni o i malcapitati passanti; il loro compito era quello di raccogliere i germogli delle ortiche da riportare a casa per la dispensa della cucina.  

Le Ricette

In omaggio al risveglio della natura 
il primo maggio si mangiano cibi verdi: pane
 con prezzemolo, insalate e frittate di erbette,
 spinaci, piselli, finocchi, mele verdi
 accompagnati da uno spumeggiante sidro di
 mele. 
Il Pane di Beltane 

Dalle testimonianze riportate da James Frazer in merito ai Fuochi di Beltane apprendiamo che ancora nel Settecento in Scozia era d'uso preparare un bonnach bea-tine ossia il Bannock di Beltane una specie di pane piatto a base di farina d'avena e cotto sulla pietra. La caratteristica di questo pane non lievitato è la sua facilità di preparazione perché è cotto sulla pietra (ovvero su una piastra in ghisa): nel tempo si è finito con l'aggiungere un po' di lievito (o bicarbonato) e strutto (o olio). In Italia la piadina romagnola fatta con la farina di grano e stesa sottile con il mattarello è l'equivalente del Bannock scozzese.

Sempre con lo stesso nome di Bannock vengono chiamate anche delle focaccine dolci fatte lievitare e arricchite con zucchero e uva sultanina, molto probabilmente sono le antenate degli scones!
L'ortica in tavola

Nota erba depurativa e disintossicante fin dall'antichità, l'ortica era utilizzata nella preparazione delle zuppe nel mese di Maggio. Nell'antica Roma l'ortica era un afrodisiaco comune. I suoi semi venivano usati per tutti i filtri d’amore. I monaci medievali conoscevano le proprietà curative dell'ortica per lenire i dolori reumatici. I germogli di maggio (le foglie più tenere) si preparano in insalata leggermente scottati (la cottura elimina l'acido formico e urticante), mescolati con gli spinaci (perché no anche questi selvatici) in frittata o zuppa, o nel solito risotto (iniziando come base con un soffritto-stufatura di cipolle o porri e qualche manciata di foglie d'ortica tagliate a striscioline)

Attività

Fare ghirlande con fiori gialli e biancospino, piantare il Maggio, cantare e danzare intorno al Palo del Maggio in una festa celtica. 






Il Cerchio della Luna propone per Imbolc una serata aperta di celebrazione biodanzante

Intorno al 21 giugno il sole celebra il suo trionfo, in quello che è il giorno più lungo dell'anno, ma che allo stesso tempo, rappresenta l'inizio del suo declino.
Infatti, dopo il Solstizio d'Estate, le giornate iniziano lentamente ma inesorabilmente ad accorciarsi fino al solstizio d'inverno, in quella che è la fase "calante" dell'anno.
Solstizio deriva dal latino solstat, "il sole si ferma", e, infatti, pare quasi che il sole indugi un po' in questa posizione prima di riprendere il suo cammino discendente. Il sole raggiunge la sua massima declinazione positiva rispetto all'equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso: inizia l'estate astronomica.

E' tempo in cui possiamo ricevere il massimo della potenza solare: la mistica forza che unisce cielo e terra è ora più forte.
Questa verità era conosciuta dagli antichi popoli che pare fossero a conoscenza del fatto che le "ley lines", le misteriose linee energetiche che solcano la superficie terrestre aumentano la loro carica energetica tramite la potenza solare. Anche monumenti come menhir, dolmen e cerchi di pietre erano forse focalizzatori artificiali del sistema energetico terrestre.
I cristalli possono essere potentemente caricati al solstizio e siccome il granito dei megaliti di Stonehenge contiene una grande quantità di quarzo, questo cerchio si attiva al Solstizio, generando un forte campo energetico. Non a caso la cerimonia del Solstizio d'Estate è la festa più elaborata e più famosa compiuta dai moderni ordini druidici, che la celebrano ogni anno appunto a Stonehenge (nel 1999 sono ripresi i rituali dopo una sospensione di dieci anni decretata nel 1988 dalle autorità britanniche per motivi di ordine pubblico).

Il Neo-Druidismo chiama il Solstizio d'Estate Alban Heruin, "Luce della riva". Infatti, la festa è al centro dell'anno, al suo volgere, così come la spiaggia è il luogo d'incontro di mare e di terra dove i due confini si uniscono. Nelle tradizioni antiche la "terra" era la zona astronomica al di sopra dell'equatore celeste e l' "acqua" quella inferiore. Il sole trovandosi nel loro punto d'incontro è come sulla riva del mare.

Mazzetti di erbe collocati sotto il cuscino favoriscono i sogni divinatori: le erbe giocano un ruolo di primo piano nelle tradizioni solstiziali e di San Giovanni. Si raccolgono piante aromatiche da bruciare sui falò solstiziali, piante che danno poco fumo e hanno un buon aroma, come timo, ruta, maggiorana. È comune credenza che moltissime piante raccolte in quest'epoca abbiano poteri quasi miracolosi.
Il vischio è una pianta solstiziale molto importante nella tradizione celtica: secondo lo scrittore romano Plinio pare che gli antichi Druidi raccogliessero questa pianta con un falcetto d'oro, strumento che univa la forma lunare al metallo solare. I rami di vischio al Solstizio d'Estate assumono un aspetto dorato, il famoso Ramo d'Oro dei miti.
Il sambuco tagliato la vigilia del Solstizio, sanguina nelle leggende britanniche.
Il seme di felce permetteva di trovare tesori nascosti, mentre il leggendario fiore di felce (che non esiste, al pari del seme, in quanto la felce è una pianta pteridofita, cioè che si riproduce tramite spore) rendeva invisibili i suoi fortunati raccoglitori.
In tutti i paesi europei si raccolgono erbe ritenendole impregnate di miracolose virtù: la verbena porta prosperità, mentre l'artemisia sacra ad Artemide sorella di Apollo, protegge dal malocchio.
Si riteneva in particolare che l'energia solare si raccogliesse in fiori come la calendula o l'iperico, la miracolosa "erba di San Giovanni".

Proprio tutte queste virtù magiche che terapeutiche attribuite alle piante, spiegano l'abbondare di leggende riguardanti coloro che più di ogni altra persona conoscevano le erbe magiche: le streghe.
L'usanza antica di certe donne di recarsi nude a raccogliere erbe ricorda antichi riti in cui le donne andavano nude nei campi per propiziare il raccolto, spesso danzando. Forse dietro le storie dei raduni di incantatrici e di fattucchiere nella notte di mezza estate, si cela anche il ricordo dei riti solstiziali celtico-germanici intorno ad un albero (il noce di Benevento!) o delle feste licenziose in onore della dea Fortuna nell'antica Roma che si tenevano appunto il 24 giugno: ricchi e poveri, liberi e schiavi, accorreva ai templi, banchettava e danzava.
Fortuna è la Dea della casualità assoluta, del caos benefico e rigeneratore. La somiglianza di queste feste con i Saturnali del Solstizio d'Inverno fanno del Solstizio Estivo una sorta di capodanno o di carnevale, un periodo "caotico" in cui il cosmo si rinnova e si ricrea, con conseguente rimescolamento dei ruoli sociali e capovolgimento delle norme morali. In questo benefico caos assumono rilievo i due elementi primordiali del fuoco e dell'acqua, contrapposti ma pur sempre complementari, dove il primo simboleggia i poteri della divinità maschile e la seconda quelli della divinità femminile (o, se si preferisce il Sole e la Luna).

L'acqua del Solstizio d'estate è direttamente collegata alla luna e al segno del Cancro: significativamente il glifo di questo segno zodiacale è composto da due segni spiraliformi che si oppongono in un simbolo simile allo Yin-Yang orientale, forse indicanti le due metà dell'anno che ora si incontrano.
Nelle celebrazioni solstiziali l'acqua è rappresentata dalla rugiada o "guazza di San Giovanni", cui sono attribuiti poteri miracolosi: fare ricrescere i capelli, ringiovanire la pelle o addirittura propiziare la fertilità. Non era raro che molte giovani donne si bagnassero nude nei prati con la magica rugiada la notte di San Giovanni.

Il fuoco viene simboleggiato dai falò accesi un po' ovunque in Europa nella notte solstiziale. Sono simboli solari e accenderli significa rafforzare l'energia dell'astro che d'ora in avanti va declinando. Un'altra interpretazione esalta il loro valore purificatorio, con cui vengono scacciati gli spiriti maligni e le malattie. Non bisogna dimenticare infatti che in questo periodo caotico, di "passaggio", così come gli esseri umani hanno libero accesso a regni e poteri soprannaturali, così anche le entità malefiche possono vagare indisturbate per il nostro mondo.
Nel folklore nord-europeo la vigilia di San Giovanni è una delle tre "notti degli spiriti" insieme alle vigilie di Calendimaggio e di Halloween/Samhain. Ad ogni modo tutte le tradizioni popolari europee vedono l'accensione di fuochi sulle colline, processioni notturne con fiaccole e ruote infuocate gettate lungo i pendii.
Si danza intorno ai falò e si salta sulle fiamme quando queste si abbassano.

In Scandinavia il falò del Solstizio era il "fuoco di Baldur". Baldur, figlio di Odino, era il giovane dio che veniva ucciso nel fiore degli anni e probabilmente nell'antichità si sacrificavano uomini per rappresentarne la morte. Forse Baldur era uno spirito della vegetazione, lo spirito della quercia celebrato da alcuni miti nordici e celtici. Infatti, le leggende narrano di una lotta eterna tra due opposte divinità, il Re della Quercia e il Re dell'Agrifoglio, dove il primo rappresenta il Dio dell'anno crescente (cioè della metà dell'anno in cui la luce solare prevale sulle tenebre notturne) e il secondo raffigura il Dio dell'anno calante (la metà dell'anno in cui la notte prevale sul giorno).
Se in inverno era il Re dell'Agrifoglio a soccombere, a Litha-Casmaran era il Re della Quercia a dover cedere di fronte all'avversario. E questo spiega perché i fuochi solstiziali erano alimentati con legno di quercia... la quercia fiorisce intorno a Casmaran e segna il passaggio tra anno crescente e anno calante.
La morte estiva del Re della Quercia aveva varie forme: bruciato vivo, accecato con un ramo di vischio o crocifisso su una croce a T.

L'idea di due divinità o di due re che combattono eternamente tra loro appare in molte culture. Ma se nelle mitologie più antiche il signore abbattuto risorgeva ogni anno, in modo che la luce e l'oscurità regnassero in equilibrio tra loro, in tutti questi miti più tardi, probabilmente per influenza dei culti solari legati alla regalità, la vittoria dei personaggi "luminosi" è sempre definitiva e la morte di quelli “oscuri” senza appello.
Nelle leggende riguardanti il duello eterno dei due re appare spesso una figura femminile che rappresenta la Dea, la quale non combatte, non si schiera e non soccombe ma costituisce un perno immobile tra le due figure, simbolo della Morte in Vita.
Infatti, anche se ora la terra è esuberante nella sua fertilità, è pur sempre uno zenith transitorio in cui la Natura presiede alla morte del Re della Quercia e all'insediamento del suo oscuro ma necessario gemello.

Litha (dal nome della dea sassone del grano affine a Demetra e a Cerere ) rappresenta anche il ciclo agricolo incentrato sui cereali. Nelle Isole Britanniche questo ciclo venne narrato nella storia di John Barleycorn (lo spirito dell'orzo) che vive dalla semina fino al momento della sua morte ad opera della falce, ma che poi rinasce dal suo stesso seme, in un ciclo senza fine ma con momenti ben definiti, caratterizzati da celebrazioni rituali. In questo ciclo il Dio muore e discende agli inferi dove la Dea della Terra lo soccorre e lo fa rinascere.

Litha non è una festa di carattere esclusivamente maschile: nella celebrazione del Solstizio d'Estate è uso onorare sia il Dio che la Dea.
Pare che in questo periodo i culti relativi alla Dea Diana, divinità strettamente legata alla luna, entrassero in grande fermento. Ad essa ed alle altre dee lunari era associata infatti la famosa rugiada che si raccoglieva all'alba del Solstizio d'Estate, liquido dalle grandi proprietà magiche.

Celebrare Casmaran - Litha 

Possiamo raccogliere le erbe del solstizio e conservarle come portafortuna. La pianta sacra del solstizio d'estate è l'iperico. L'iperico raccolto a mezzogiorno del solstizio era capace di guarire molte malattie, mentre le radici raccolte a mezzanotte cacciavano via gli spiriti maligni. L'iperico era appeso sulle porte per proteggere le abitazioni dagli spiriti malvagi, e il suo nome greco hyperikon significa appunto "proteggere" o "sconfiggere un'apparizione".
Com'è nella tradizione bruciare nove ceppi nei fuochi di Beltane, è anche costume tirare 9 tipi di erbe nel fuoco di Litha. E sono: Iperico, Ruta, Verbena, Vischio, Lavanda, Timo, Finocchio, Piantaggine e Artemisia.

In tutta Europa si traevano (e forse ancora si traggono) presagi ad opera delle ragazze nubili per sapere se si sarebbero sposate ed eventualmente acquisire indizi sull'identità del futuro sposo. Ad esempio col piombo liquefatto nelle padelle s'individuava, tramite le forme assunte dal metallo, il mestiere del futuro sposo. Altri metodi utilizzavano la chiara d'uovo versata nell'acqua o le fave sbucciate.
In Galles per trovare la propria anima gemella si camminava intorno ad una chiesa nove volte e si metteva alla fine di ogni giro un coltello nella serratura del portone, dicendo: "Qui c'è il coltello, dove è il fodero?" Il simbolismo è evidente...
Usanze logiche se si pensa che la Natura, al massimo del suo rigoglio, favorisce tutto ciò che riguarda l'amore e la fertilità.

E' il giorno delle divinazioni e delle magie domestiche, dei piccoli e grandi riti protettivi legati all'elemento fuoco.
Per celebrare Casmaran possiamo fare cose molto semplici. Ad esempio alzarci all'alba e osservare il sole che spunta, meditando sulle sue qualità e sul suo destino: la massima forza coincide con l'inizio del suo declino.
Possiamo bagnarci con la rugiada solstiziale oppure accendere un piccolo falò nel nostro giardino la vigilia del solstizio e organizzare un piccolo festino con i nostri amici.
Ma possiamo anche celebrare ritualmente questo momento con una veglia che cominci a mezzanotte, in fondo è la notte più breve dell'anno!
All'aperto si può tenere acceso un piccolo fuoco oppure si possono accendere candele rosse o dorate, meditare sui significati di questa festa, ascoltare o suonare musica, leggere poesie, magari in compagnia dei nostri amici.
Al momento dell'alba possiamo salutare il sole dicendo:

"Salute a te Sole nel giorno del tuo trionfo!"

Sentiamo l'energia solare che pervade il mondo.
Possiamo fare offerte di vino e di dolci. 


Fonti e riferimenti
http://digilander.iol.it/cortescontenti/feste2.htm" \l "casmaran"
http://digilander.iol.it/cortescontenti/feste2.htm#casmaranLitha
http://www.lollymagic.it/defaultxhtml/qs_Eventi/id_6/Solstizio+d'estate+(Litha).html


SOLSTIZIO D’ESTATE

Tra il 21 e il 22 giugno il sole "resta fermo" in cielo nel suo punto più alto (e ci resta per qualche giorno fino al 24) per poi iniziare il suo cammino discendente. E' per convenzione "il primo giorno d'estate" foriero del caldo di luglio e agosto, torrido alle latitudini mediterranee, appena alleviato dalle brezze marine o dai venticelli di montagna. Un momento significativo dell'anno celebrato nel mondo antico presso molti popoli, connesso con i simboli della porta e della luce solare. Strutture in pietra anche complesse furono erette da popolazioni del neolitico- età del bronzo e le loro connessioni con il movimento del sole e in particolare il solstizio d'estate sono ormai evidenti

Eppure poco si conosce del culto solare romanico-italico e ancor meno di quello celtico: alcuni studiosi sostengono che non si hanno prove certe dell'esistenza di feste celtiche durante i solstizi e gli equinozi. Così molte delle tradizioni di Beltane o di Lugnasad vengono traslate alla festa di mezz'estate.
Sono piuttosto i paesi scandinavi a celebrare ancora oggi la festa di Mezza Estate (Midsommar) con danze introno al palo decorato di fiori e erbe, tavolate all'aperto, bagni lustrali e notturni falò. In Italia invece si fa festa in nome di San Giovanni il Battista,  una festa a grande partecipazione popolare nella Roma di un tempo. 

LA NOTTE DI SAN GIOVANNI NELLA ROMA DEL BELLI

La vigilia della festa, nella notte del 23 giugno, i romani si davano appuntamento in San Giovanni in Laterano per pregare il santo ma soprattutto per una festa profana in cui si beveva vino in abbondanza e si mangiava lumache, un cibo simbolico, una sorta di scongiuro per annullare le avversità rappresentate dai "cornini"; mangiarle con i parenti e vicini era un modo per cancellare i dissapori e i rancori.
La notte era accesa da fiaccole, lanterne e falò, risate e allegria si accompagnavano ai canti e balli sfrenati al suono di mandole e tamburelli, ma anche tanto rumore con campanacci, petardi e fuochi d'artificio per allontanare gli spiriti del male e le streghe.
Ci si gettava nella fontana per un bagno lustrale e ci s'infrattava nei cespugli: "ma la gente esagerava, e i giovani non si limitavano a gettarsi nudi nelle fontane. Fin dal 1753 l’autorità ecclesiastica aveva proibito, ma senza risultati, "a qualsiasi persona dell’uno o dell’altro sesso, che in detta notte veruno ardisca accostarsi alle vasche, ai rigagnoli, alle fontane, togliendosi le brache ed accucciandosi sull’erba, pena gli uomini tre tratti di corda da darsi in pubblico e scudi 50 di multa, e per le donne tre colpi di frusta a posteriori in pubblico, e sia per gli uni come per gli altri senza alcuna remissione".
Ma con la scusa di andare alla salita degli Spiriti, appena fuori porta, i giovani e le coppie di fidanzati andavano "per fratte" a sbaciucchiarsi o ad accoppiarsi. "Sotto lo specioso pretesto di prendere il bagno, uomini e donne unitamente, si recano fuori le porte, in luoghi reconditi, celandosi tra i cespugli o dietro le siepi, e liberamente compiono atti osceni…" (da un editto del Cardinal Vicario, 1744).

Il "baccanale" finiva all'alba con lo sparo del cannone di Castello, il Papa celebrava la messa nella Basilica assiepata da autorità religiose e politiche e si affacciava alla loggia per dare la benedizione e per gettare monete d'oro e d'argento sul popolino.
 La festa del 24 giugno vista da Ettore Roesler Franz per la serie Roma sparita, la Roma di fine Ottocento, un acquerello che ne riunisce tutti i simboli: fiaccole e petardi, l'acqua e sullo sfondo e perfino la bandiera tricolore dell'Italia risorgimentale.

LE TRADIZIONI CONTADINE

Nella notte della vigilia di San Giovanni, la notte più breve dell'anno, in tutte le campagne del Nord Europa l'attesa del sorgere del sole era (è ?) propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poiché da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga le tenebre con le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi : le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell'aria scura promesse d'amore e di fortuna, il Male si dissolveva sconfitto dalla stessa forza di cui subiva alla fine la condanna la feroce Erodiade, la regina maledetta che ebbe in dono il capo mozzo del Battista. Nella veglia, tra la notte e l'alba, i fiori bagnati di rugiada brillavano come segnali; allo spuntar del sole si sceglievano e raccoglievano in mazzi per essere benedetti in chiesa dal sacerdote. Bagnarsi nella rugiada o lavarsene almeno gli occhi al ritorno della luce era per i fedeli cristiani un gesto di purificazione prima di partecipare ai riti in chiesa.
La rugiada ricordava il battesimo impartito dal Battista nel Giordano, le erbe dei prati e dei boschi riproponevano l'austera penitenza di Giovanni nel deserto prima della sua missione di precursore del Messia. 
Anche in Valsesia ritroviamo l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali. Non a caso, dunque, il precursore di Cristo, rappresentato con l'Agnello mistico e vestito da eremita, pastore del deserto, fu assunto dai pastori come patrono privilegiato fino dai primi secoli cristiani.

LA FESTA IN SVEZIA


Il 21 giugno è un giorno in Svezia dedicato al contatto con la natura, una trasferta vacanziera nelle baite in riva al lago, nei borghi rurali e della costa per radunarsi intorno al palo rivestito di ghirlande (detto majstang) e dedicarsi acanti e balli popolari, per indossare i costumi tradizionali o quantomeno le coroncine intrecciate con i fiori di campo, in particolare le margheritine bianche; il pic-nic all'aperto è d'obbligo con patate novelle e aringhe marinate, erba cipollina e panna acida, uova sode e fragole con la panna come dessert, innaffiato da tanta birra e seguito da innumerevoli cicchetti di grappa (la snaps). E' l'occasione per state in compagnia in allegria e cimentarsi in giochi campestri con tutta la famiglia come la corsa nei sacchi, il passa-passa o il tiro alla fune..
 

FUOCO E ACQUA

I riti agrari che si celebravano nell'antichità sono ancora praticati in Letgallia, regione agricola della Lettonia, piccola repubblica ex sovietica che si affaccia sul mar Baltico, l'ultimo lembo d'Europa ad essere cristianizzato nel XIII secolo. Il sole celebrato al solstizio si è fuso con san Giovanni, qui chiamato Janis, e il 23 giugno è festa nazionale della Lettonia. "Qui il santo imposto dalla Chiesa fu adattato alla tradizione locale: la festa della luce, al solstizio d’estate, c’era da molto prima che si parlasse di cristianesimo. In alcuni villaggi si fa ancora il 21 giugno, ma in genere la celebrazione è spostata al 23, festa nazionale di san Giovanni-Janis, senza che questa perda la sua origine pagana: tutti sanno che con il santo si festeggia in realtà il Sole"
Una cristianizzazione solo parziale del ceto dominante contrastata dai contadini devoti agli dei che continuarono a praticare la loro religione chiamata dallo storico lettone Ernests Brastinu agli inizi del Novecento Diev­turiba, da dievturis, coloro che ricevono Dievs (il Sole).
A Malpis, il 21 giugno la festa è incentrata sulla condivisione comunitaria di formaggio, pane, birra e fiori con una processione che si snoda di casa in casa per portare auguri di salute e fecondità, per la famiglia come per il bestiame e i raccolti. La tappa finale è una grande quercia per lasciare libagioni e intonare canti. Sull'altura sarà acceso il falò che brucerà tutta la notte, in cui si gettano le corone del solstizio dell'anno prima e si fanno offerte al fuoco, altre offerte sono poste su una zattera e lasciate alla corrente del fiume per Upes madre delle acque. Segue un bagno notturno nel lago con indosso la sola ghirlanda di fiori, intrecciata per l'occasione con fiori appena colti.  Viene incendiata una grande ruota e fatta rotolare dalla collina per propiziare abbondanza nei raccolti.

Una consuetudine ancora praticata dalle fanciulle è il lancio rituale della coroncina fiorita sulla grande quercia per conoscere l'anno delle future nozze: la corona deve restare impigliata tra le fronde ma tante volte ricade a terra altrettanti saranno gli anni di nubilato!
(Cattia Salto)


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