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Re Artù:La verità oltre la leggenda

il Sabba delle streghe

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venerdì 24 gennaio 2020

Beltane: La Festa Celtica del Maggio.

Beltane.
La Festa Celtica del Maggio.

Anticamente presso i Celti la Notte fra il 30 Aprile e il 1° Maggio segnava il passaggio alla Bella Stagione: era dunque una Notte di Veglia, una sorta di Capodanno Primaverile, durante la quale si celebrava la festa in onore di Beltane. Tali celebrazioni consistevano nell' abbandonarsi a danze e banchetti in un’atmosfera orgiastica, aspettando il nuovo giorno che segnava l’inizio del trionfo della luce sulle tenebre, da cui sarebbe derivato il Calendimaggio medievale.
Una notte sulla quale, in base al mito, si diceva, vegliasse la Grande Madre della fertilità che governava il destino dei viventi e dei morti.


Con la cristianizzazione dell’Europa centrale poi, la notte del 30 aprile subì una metamorfosi perché si raccontava che vi si dessero convegno spiriti inferi, streghe e stregoni che si dovevano espellere grazie all’intercessione di santa Valpurga: una monaca inglese (710-778), diventata badessa del monastero tedesco di Heidenheim presso Eichstatt, dove fu sepolta il 1° maggio 871 nella chiesa di Santa Croce, che ha ereditato le funzioni della Grande Madre e ha dato il nome alla notte, chiamata popolarmente «la notte di Valpurga».
Quindi la Chiesa Cristiana identificò la notte tra il 30 Aprile e il 1° Maggio come la notte in cui, le streghe uscivano dai loro rifugi per scatenarsi in canti e balli di ogni genere sul monte Brocken, la cima più alta della catena montuosa dell’Harz, il cui nome tradotto significa, pensate un po’, “pista da ballo delle streghe” e a proteggere la gente dei villaggi da queste entità maligne era appunto Santa Valpurga.

Ma andiamo per ordine.

Beltane è una celebrazione tra le più sentite nella tradizione celtica. Una ricorrenza, di origine Pagana, come le parallele festività magico-religiose che si svolgono durante l'anno, che affonda le proprie radici nella notte dei tempi e che costituisce una delle maggiori solennità esoteriche Dell'Anno Sacrale Celtico.
Beltane è una festa di origine gaelica che celebra la sacra unione degli Dei, affinché le terre siano feconde e abbondanti di frutti; essa segna anche l’inizio dell’estate, poiché gli antichi solevano dividere l'anno in due grandi stagioni. Beltane rappresentava dunque il momento in cui tradizionalmente avviene il cambio di un ciclo, un momento che segnava il cambio di stagione perché da quel momento in poi era consuetudine che il clima si stabilizzasse e diventasse più caldo, con meno sbalzi, insomma il momento in cui iniziava, davvero la primavera. Era il momento in cui si portava il bestiame fuori dalle stalle al pascolo ed essendo un momento molto importante anche questo veniva ritualizzato: si costruivano due pire enormi attraverso le quali veniva fatto passare il bestiame a scopo lustrativo
Origini
Ed Etimologia

La radice indoeuropea bhel- significa "brillante" e si trova nei nomi di Belisama e Belenus: gli dei celtici della luce, del fuoco e della guarigione. Tutto questo fa riferimento ai falò che gli antichi accendevano in occasione della festa stessa, per richiamare sulla Terra il potere vitale del Sole, la parte luminosa dell'anno.

Beltane significa quindi letteralmente “Fuoco di Bel”: è la festa del dio Bel o Beleno – Belino, Belano dio solare e luminoso, divinità venerata in Irlanda e nella Gallia. Il suo culto probabilmente risale all'epoca del megalitismo ed è una delle divinità più antiche, dio pastore, guaritore e protettore delle acque termali. Una divinità pan-celtica associata sia al fuoco che all'acqua, il dio della Rinascita . Divinità legata a Belinsama, Dea del Fuoco e della Saggezza.

La primavera tradizionalmente per gli antichi rappresentava la stagione degli accoppiamenti rituali, delle nozze sacre in cui il Principio maschile e quello femminile si mescolavano per propiziare la fertilità. Per i Celti la Primavera aveva inizio a Imbolc, la festa che si trova a metà tra il Solstizio d'Inverno e l'Equinozio di Marzo, e con la festa di Beltane aveva inizio l'Estate!
La celebrazione in onore di Beltane si tengono durante la notte tra il 30 Aprile 1° Maggio,e proprio in merito a questa celebrazione tale notte per i Celti era definita la notte dell'abbondanza, fertile e feconda: per i Celti durante tale momento, aveva luogo il sacro primo incontro tra la Dea Belinsama Dea del Fuoco e della Saggezza e il Dio Belenus,il Dio della Luce e del Fuoco, momento in cui le due Divinità si innamorano e celebrano l'estasi. Infatti è una notte particolarmente indicata per le magie di fecondità. Si dice che la rugiada della mattina di Beltane (1maggio) sia carica di magia e di poteri curativi.


Invocazioni per Beltane 
Beltane
(di Helen Reed)

Invocazione a Beltane
Alla Dea
Dea dell'Amore
dai molti nomi.
Tu che sorridi,
Regina dei fiori
profumo di miele
riflessi di sole.
sii la benvenuta.
Al Dio
Dio dell'Amore
dai molti volti
dai ricci ribelli
dal flauto che incanta
potenza del cervo
profumo di muschio selvatico.
Presenza del dio
che non ammette recinti
e non conosce ostacoli.
sii il benvenuto.
Aria
Salute a te, stella dell'est
brezza del mattino, profumo di primavera.
Nel tuo regno
il bianco volo dell'airone
disegna nello spazio dell'azzurro infinito
il suo segno di libertà.
Sole che sorge
speranza che si apre
nei nostri cuori
sussurrando parole d'amore.
Fuoco
Salute a te, stella del Sud
mezzogiorno di luce
calore del cuore.
Nella tua savana assolata
con sovrana potenza il leone
scuote la fulva criniera
e ruggisce, chiamando all'estate.
Arde il fuoco impetuoso
della passione d'amore
che tutto può e tutto vuole.
Acqua
Salute a te, stella dell'Ovest
carezza dell'onda
dolcezza dell'abbandono.
Nelle tue acque si lasciano scorrere
ondine e sirene dai lunghi capelli
e si ode quel canto che scioglie il cuore
e irresistibilmente attrae
dimentichi di sé
i marinai.
Profondo è il tuo regno
in quell'emozione
che ci fa innamorare.
Terra
Salute a te, stella del Nord
sentore di terra e di erbe
riposo al fine
nell'Amore ritrovato.
Nel tuo regno
di rocce e di boschi
l'orsa e la lupa procedono
attente padrone del territorio
difesa dei cuccioli.
Nella sicurezza antica del tuo istinto
ha radici la sapienza del corpo
nell'ora dell'Amore
(di Helen Reed)

PREGHIERA AL DIO BEL
Bel
Dio luminoso
per te alti brillano i fuochi
per te che reggi forza
vitale e trovi risposte
anche quando rimangono
le domande prigioniere
strette in spirali
di intenzione.
Rimuoverai.
se lo vuoi il dolore
dai corpi stremati
è il tuo potere onda
benigna.
Si erigano
per Bel lapidi votive
là sciameremo in cerca
di rifugio quando si oscuri
il cielo profanato.

(Fryda Rota)
©Invocazioni di Anna Pirera per
il cerchio della luna


Le Tre Onoranze Celebrative. Festa del Fuoco. Festa Della Fertilità. Palo del Maggio.

Le celebrazioni in onore di Beltane, consistevano in tre onoranze, cioè La Festa del Fuoco, La Festa Della Fertilità, e Il Palo del Maggio

La Festa del Fuoco



La festa di Beltane è chiamata in Irlanda la "na Beal tina" ossia il "Giorno del Fuoco di Beal", il falò è un incantesimo solare che rappresenta e assiste il sole, è il sole che risplende in tutta la sua forza: gli animali passavano tra dei grandi fuochi per essere purificati e benedetti, così si preservavano dalle malattie e si proteggevano dagli scherzi del Piccolo Popolo. Anche le giovani coppie saltavano attraverso il fuoco e auspici si traevano dalle braci incandescenti. E' in occasione di questa festa o forse in quella del solstizio d'estate che Giulio Cesare racconta di aver visto grandi figure di vimini bruciare con dentro delle vittime umane sacrificali (uomo di vimini, the wicker man).

Lá Bealtaine, ovvero il giorno dei fuochi sacri nella tradizione celtica, dà il nome all’intero mese di maggio, ovvero Mí Bhealtaine, il mese dei fuochi. Come già detto, questo giorno è situato a metà tra l’equinozio di primavera e il solstizio estivo, stando a significare che siamo esattamente nel punto centrale della bella stagione, nel quale il risveglio naturale è al suo culmine.
Dal colle sacro di Uisneach, centro del potere spirituale d'Irlanda, divampava il primo fuoco di Bealtaine, al quale poi avrebbero risposto tutti gli altri colli.

Anche l'acqua riceveva maggior potere dal Sole di Beltane. Si facevano pellegrinaggio alle sorgenti sacre e con l’acqua della sorgente si aspergevano i campi per favorire la pioggia.
Il primo maggio non valeva la regola dell'ospitalità e se un vicino o un estraneo (avrebbe potuto essere una fata) chiedeva del fuoco, o del burro o anche una tazza d'acqua veniva guardato con sospetto perché di certo aveva cattive intenzioni. Per questo i pozzi erano sorvegliati dai contadini per tutta la notte della Vigilia. In Irlanda l'acqua del pozzo e il fuoco del focolare non erano mai chiesti o dati alla vigilia del Maggio, la prima acqua presa dal pozzo dal legittimo proprietario nel giorno di Maggio portava fortuna, protezione e guarigione. Se era rubata invece si portava via anche la buona sorte.
Ci si rotolava nell'erba per trarre beneficio dalla rugiada di maggio, nella convinzione che facesse bene alla pelle le ragazze la raccoglievano in un barattolo di vetro per usarla come tonico di bellezza.


La Festa della Fertilità

Un rituale celtico che doveva essere tipico a Beltane, ma che traeva origini da riti ben più antichi era quello della Caccia d'Amore, in cui la Regina del Maggio ossia la Dea Fanciulla, dea della Primavera incoronata dal biancospino e il Re del Maggio, l'Uomo Verde, il signore del Bosco Sacro, si univano per rinnovare la vita e la fertilità della Terra; in epoca medievale e per i paesi anglosassoni essi vennero rappresentati da Lady Marian e Robin Hood (Greenwood marriage). Nelle ballate celtiche è sempre a Maggio che le fanciulle sentono il richiamo del corno dell'elfo o si avventurano nei boschi per cogliere rose.
La consuetudine è documentata ancora nella Scozia settecentesca, e nel Medioevo non era insolito assistere a questo rituale: i ragazzi vestiti di verde come elfi dei boschi si avventuravano nel green wood ossia il bosco sacro, suonando un corno di modo che le ragazze potessero trovarli: fare sesso nella notte di Beltane aiutava i campi ad essere fertili e quindi era di buon auspicio per il raccolto futuro. I nati da questa unione erano i merry-begot, i benvoluti, perché figli degli dei e nessuno del villaggio osava fare loro del male.
La tradizione di nominare la regina del Maggio è perdurata fino a tutto l'Ottocento e in più in generale si eleggeva la Coppia Sacra che apriva la processione della questua primaverile con il ramo del Maggio. Nel Monferrato la coppia era rappresentata simbolicamente dagli "sposini" ovvero due ragazzi di sesso opposto di 12 anni circa vestiti da sposi.


Il Palo del Maggio
L'alternativa "allegorica" alla caccia d'amore era invece la danza intorno al Palo del Maggio:
La Danza Della Ferilità, un rito della fertilità in chiave arborea (le ghirlande infilate su un palo, sono un'evidente allusione alla sessualità e quindi alla fecondità della vegetazione) che è rimasto nelle tradizioni rituali del mondo contadino si può dire fino ai nostri giorni


Credenze e Rituali
Uno dei rituali per celebrare Beltane consiste nell'accendere un fuoco e ballarci intorno tutta la notte.Tra le tante credenze e i rituali del 1° maggio è curiosa questa divinatoria: uscire prima dell'alba e prendere la prima lumaca che si trova. Mettere la lumaca su un piatto cosparso di farina e lasciare una foglia di cavolo: nella sua deambulazione la lumaca scriverà il nome del futuro sposo! Le erbe raccolte prima del sorgere del sole nel giorno del Maggio hanno migliori proprietà curative specialmente per curare le verruche. Quando la produzione del burro era un procedimento casalingo effettuato con la zangola, il primo burro prodotto con il latte del 1° maggio era considerato il migliore per preparare unguenti e pomate. Un'altra usanza della vigilia era quella di sferzarsi con le ortiche e i bambini potevano andare in giro correndo con un mazzo di ortiche per colpire i compagni o i malcapitati passanti; il loro compito era quello di raccogliere i germogli delle ortiche da riportare a casa per la dispensa della cucina.
Altra usanza durante la notte di Beltane è mettere fuori casa,o fuori la finestra, un fazzoletto di stoffa e all'indomani ritirarlo presto e passarlo sul viso,così la magia di questa festa si poserà su di voi.
Beltane è il momento per guardare avanti ,al futuro,tempo di amare!

Il Pane di Beltane

Dalle testimonianze riportate da James Frazer in merito ai Fuochi di Beltane apprendiamo che, ancora nel Settecento in Scozia era d'uso preparare un bonnach bea-tine ossia il Bannock di Beltane una specie di pane piatto a base di farina d'avena e cotto sulla pietra. La caratteristica di questo pane non lievitato è la sua facilità di preparazione perché è cotto sulla pietra (ovvero su una piastra in ghisa): nel tempo si è finito con l'aggiungere un po' di lievito (o bicarbonato) e strutto (o olio). In Italia la piadina romagnola fatta con la farina di grano e stesa sottile con il mattarello è l'equivalente del Bannock scozzese.

Sempre con lo stesso nome di Bannock vengono chiamate anche delle focaccine dolci fatte lievitare e arricchite con zucchero e uva sultanina, molto probabilmente sono le antenate degli scones!
L'ortica in tavola
Nota erba depurativa e disintossicante fin dall'antichità, l'ortica era utilizzata nella preparazione delle zuppe nel mese di Maggio. Nell'antica Roma l'ortica era un afrodisiaco comune. I suoi semi venivano usati per tutti i filtri d’amore. I monaci medievali conoscevano le proprietà curative dell'ortica per lenire i dolori reumatici. I germogli di maggio (le foglie più tenere) si preparano in insalata leggermente scottati (la cottura elimina l'acido formico e urticante), mescolati con gli spinaci (perché no anche questi selvatici) in frittata o zuppa, o nel solito risotto (iniziando come base con un soffritto-stufatura di cipolle o porri e qualche manciata di foglie d'ortica tagliate a striscioline)


Attività a Beltane

Fare ghirlande con fiori gialli e biancospino, piantare il Maggio, cantare e danzare intorno al Palo del Maggio
Le Ricette
In omaggio al risveglio della natura
il primo maggio si mangiano cibi verdi: pane
con prezzemolo, insalate e frittate di erbette,
spinaci, piselli, finocchi, mele verdi
accompagnati da uno spumeggiante sidro di
mele.
SIMBOLI DI BELTANE:
Pali di Maggio, Falò, Ankh
Divinità:
Belenus,Belinsama,Pan, Eros, Artemide, 
Diana, Afrodite, Bacco e tutti gli Dei della fertilità.
Colori
Rosso, Bianco, Rosa e Verde
Cibi tradizionali
Insalate, Frutti rossi, maiale e manzo, vino, farina d'avena o torte d'orzo. I cibi tradizionali sono anche i latticini e piatti come la crema di calendula ed il gelato alla vaniglia.
Erbe e Crescita
Pino, Biancospino, Rosmarino, Incenso, Mandorlo,
 Angelica, Calendula, Lillà, Campanula, Margherite.
Incenso
Lillà, Pino, Rosa
Cristalli
Smeraldo, Quarzo Rosa, Corniola, Zaffiro
Candele
Rosa, rosse, bianche
Rituali
Tutti quelli che coinvolgono la divinazione, per l'amore, la sensibilità, la spiritualità, l'apertura verso gli altri , la fertilità
e la purificazione.

Sul monte Brocken, la cima più alta della catena montuosa dell’Harz, il cui nome tradotto significa, pensate un po’, “Pista Da Ballo Delle Streghe S'Accende Un Fuoco
Il Fuoco Di Beltane.

Beltane è quindi un momento in cui le energie della luce e della vita si manifestano nel loro aspetto più gioioso e trionfale.
Questo è un tempo in cui celebriamo il ritorno dell'estate e della fertilità, periodo di scampagnate e feste all'aperto.
E' un periodo dell'anno in cui di solito ci sentiamo fisicamente bene, in cui i nostri bioritmi si sono adattati alle accresciute ore di luce e ci siamo lasciati alle spalle i momenti critici della fine dell'inverno e dell'inizio della primavera.
Quindi è il momento adatto per operare, per condurre a realizzazione le cose che ci siamo prefissati di compiere.
Beltane è dunque una notte speciale, la notte che, nella tradizione Celtica segnava il passaggio alla bella stagione, la stagione della luce, definita la notte della fertilità, dell'abbondanza, come già detto, una notte di veglia, una sorta di capodanno primaverile celebrato con danze e balli, a cui la gente dei villaggi si dedicava in maniera sfrenata, come anche nell' organizzazione di banchetti popolari ,e falò purificatori, dentro i quali, in maniera simbolica, venivano bruciate le cose vecchie dell’inverno per far spazio a quelle nuove della primavera.

La Tradizione Occidentale attribuisce a questo importante momento, particolari attributi di potenza e forza magnetica rivitalizzante, fecondatrice di prosperità, di sviluppo e nuova vitalità, legati all'impulso rigeneratore stesso della natura
E' il momento di passare più tempo con gli altri. E' anche tempo di stimolare la nostra creatività e la nostra fertilità interiore.
È tempo di purificazione, attraverso il sacro Fuoco, intorno al quale riunirsi, ballare, cantare, festeggiare, l'arrivo della luce che prevale sulle tenebre.
E' tempo di liberazione e di nuovi abbracci.

Beltane è spesso chiamato anche “May Day” in riferimento al primo giorno del mese, ma si tratta di una tradizione moderna, perché anticamente il calcolo per celebrare la festa era luni-stellare, dunque molto complicato e soprattutto variabile. Inoltre il mese di riferimento era chiamato Giamos/Giamonios.


come già detto ,Anticamente presso i Celti la Notte fra il 30 Aprile e il 1° Maggio segnava il passaggio alla Bella Stagione: era dunque una Notte di Veglia, una sorta di Capodanno Primaverile, durante la quale si celebrava la festa in onore di Beltane. Una notte sulla quale, in base al mito, si diceva, vegliasse la Grande Madre della fertilità che governava il destino dei viventi e dei morti. La Notte dell'Abbondanza.
Dopodiché, Con la cristianizzazione dell’Europa centrale poi, la notte del 30 aprile subì una metamorfosi perché si raccontava che vi si dessero convegno spiriti inferi, streghe e stregoni che si dovevano espellere grazie all’intercessione di santa Valpurga: una monaca inglese (710-778), diventata badessa del monastero tedesco di Heidenheim presso Eichstatt, dove fu sepolta il 1° maggio 871 nella chiesa di Santa Croce, che ha ereditato le funzioni della Grande Madre e ha dato il nome alla notte, chiamata popolarmente «la notte di Valpurga».
Quindi la Chiesa Cristiana identificò la notte tra il 30 Aprile e il 1° Maggio come la notte in cui, le streghe uscivano dai loro rifugi per scatenarsi in canti e balli di ogni genere sul monte Brocken, la cima più alta della catena montuosa dell’Harz, il cui nome tradotto significa, pensate un po’, “pista da ballo delle streghe” e a proteggere la gente dei villaggi da queste entità maligne era appunto Santa Valpurga.
La leggenda narra che solo l’intercessione di Santa Valpurga, monaca inglese che visse e morì in Germania, era in grado di scacciare le megere.

Santa Valpurga era badessa del monastero di Heidenheim. Quasi un secolo dopo, le sue spoglie furono traslate a Eichstatt, nell’abbazia a lei intitolata. Guarda caso proprio il primo maggio

 La Notte di Valpurga:
Anche questa ricorrenza, di origine Pagana, come le parallele festività magico-religiose che si svolgono durante l'anno, affonda la propria origine nella notte dei tempi e costituisce una delle maggiori solennità esoteriche dell'anno sacrale
La Tradizione Occidentale attribuisce a questa importante data particolari attributi di potenza e forza magnetica rivitalizzante, fecondatrice di prosperità, di sviluppo e nuova vitalità, legati all'impulso rigeneratore stesso della natura.
Innumerevoli sono le applicazioni rituali connesse alla sacralizzazione di questo giorno, spesso purtroppo degenerate, soprattutto in passato, in forme negative di carattere stregonico a opera di congreghe malefiche e sataniste che hanno voluto opporre alla Forza del Bene un potenziale maligno e perverso, sfruttando in maniera inversa le peculiarità magnetiche della ricorrenza, per cui anche una pur parziale documentazione in proposito comporterebbe uno spazio di vari volumi.
Santa Valpurga, come già detto, era badessa del monastero di Heidenheim. Quasi un secolo dopo, le sue spoglie furono traslate a Eichstatt, nell’abbazia a lei intitolata. Guarda caso proprio il primo maggio

La coincidenza calendariale l’ha trasformata dunque nella santa che protegge dalle streghe: dalle pietre dove le sue ossa furono sepolte, sgorgava il miracoloso «olio di santa Valpurga» che fra le tante virtù avrebbe avuto anche quella di proteggere dalle stregonerie. Il 1° maggio, cacciate le streghe, ovvero ricacciati i morti negli inferi, si portava e si porta ancora, dove la tradizione è sopravvissuta, un albero dal bosco collocandolo in mezzo al paese: è l’Albero di Maggio o semplicemente il Maggio.
«Nella Svezia, il 1° maggio – riferisce il Frazer – si soleva portare nei villaggi un gran pino che veniva adornato di nastri e drizzato in piedi; poi il popolo vi danzava allegramente intorno a suon di musica. L’albero verde restava nel villaggio sostituito da uno fresco il 1° maggio seguente…». Sull’albero sfrondato, cui rimaneva soltanto una corona di foglie, venivano posti salsicce, dolci, uova e altri cibi oltre a nastri variopinti. I giovani vi si arrampicavano per impossessarsene: una sopravvivenza di queste usanze si ritrova negli Alberi della Cuccagna delle nostre fiere. Quell’albero altro non era che il simbolo dell’Albero Cosmico, le cui fronde si trovano di là dal visibile, nel non manifestato, analogo alla scala di Giacobbe, asse del mondo grazie al quale si può giungere alla comunione divina.
Maggi erano anche i ramoscelli che i giovani offrivano alle ragazze come augurio di amore e fecondità; oppure erano portati in processione di porta in porta da gruppi di questuanti che chiedevano cibi o dolciumi in cambio. Quelle processioni avevano la funzione di ottenere grazie al «magico» maggio rinnovamento e prosperità. Come per la notte del 30 aprile la Chiesa cercò nel corso dei secoli se non di cristianizzare per lo meno di rendere più accettabili queste cerimonie: nacque così l’usanza, ancora viva in alcuni paesi fra cui l’Andalusia, di sostituire l’albero con la Croce di Maggio. Chi è d’altronde il Cristo se non l’Albero della Vita?


In conclusione, BELTANE: La Notte di Valpurga è un momento in cui le energie della luce e della vita si manifestano nel loro aspetto più gioioso e trionfale.
Questo è un tempo in cui celebriamo il ritorno dell'estate e della fertilità, periodo di scampagnate e feste all'aperto.
E' un periodo dell'anno in cui di solito ci sentiamo fisicamente bene, in cui i nostri bioritmi si sono adattati alle accresciute ore di luce e ci siamo lasciati alle spalle i momenti critici della fine dell'inverno e dell'inizio della primavera.
Quindi è il momento adatto per operare, per condurre a realizzazione le cose che ci siamo prefissati di compiere.













FONTI
https://pos.li/2ii8ab
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=185829516751320&id=100059728177203
l'antro della magia

Antro della Magia
http://www.academia.edu/8011298/Spunti_di_indagine_su_alcuni_aspetti_del_culto_di_Beleno_e_di_Antinoo._Divinit%C3%A0_salutifere_e_salvifiche_ad_Aquileia._Evidenze_archeologiche_e_modalit%C3%A0_religiose
http://bifrost.it/CELTI/2.Divinitagalliche/05-Apollo.html
NOTA:
le immagini che ritraggono persone reali, sono state liberamente reperite dal web, per tanto, non è stato possibile risalirne all'origine dei singoli, degli eventi duranti i quali essi sono intenti, e dei luoghi in qui tali atti si svolgono.
nel qual caso ci fosse modo di risalire alla fonte originaria, sarà mio diretto piacere nell'inserirli nei crediti, sotto ovviamente diretto consenso degli interessati.

giovedì 23 gennaio 2020

Luna Nuova – L’Acqua della Dea e il Rito del Silenzio



Luna Nuova – L’Acqua della Dea e il Rito del Silenzio

Nella tradizione indù la prima Luna nuova dell’anno è una giornata importante di purificazione (non a caso si festeggia nei giorni in prossimità di Imbolc). La chiamano Mauni Amavasya o il giorno senza luna del mese di Magh (febbraio) considerato uno dei mesi più sacri nel calendario indù. Quest’anno la prima luna nuova cade però in Gennaio, il 24.

Mentre alcuni indù celebrano la giornata facendo un bagno purificante nelle acque sacre Gange, Ganga, la Devi, la Dea, altri lo celebrano come un giorno di completo silenzio.

‘Mauni’ infatti significa letteralmente ‘silenzio’, Amavasya deriva dalla combinazione di ‘ama’, ‘buio’, e ‘Vasya’, ‘lussuria’. Ma il termine Amavasya in generale si riferisce al ‘giorno senza luna’ (Amavasya, luna nuova, Purnima, luna piena). Per questo Mauni Amavasya nelle tradizione indù è conosciuto anche come ‘il giorno del silenzio‘.


Il silenzio è silenzio quando c’è l’intenzione, fai sankalpa, per mantenere un silenzio spirituale, allora la tua mente sarà piena di contemplazione spirituale e mantra, che tu sia seduto, tu stia mangiando, facendo il bagno, che tu sia sdraiato o tu stia correndo.

Il giorno di Mauni Amavasya, si raccomanda che una persona inizi la sua giornata con un bagno nel fiume sacro. Se questo non è possibile, una persona può aggiungere l’acqua del fiume alla sua acqua nella vasca da bagno. Per purificare e rilassare il corpo e la mente.


Dopo il bagno una persona dovrebbe sedersi e praticare la meditazione. Infine compiere atti di carità per migliorare il karma ed esercitare la compassione e concentrarsi su attività che rendono la mente forte e pacifica.


Non si tratta solo di rimanere in silenzio, di ”non parlare” ma anche di esercitarsi ad acquietare la mente e ad educarsi ad ascoltare il suono cosmico, quello interiore, il nostro intuito, la voce dell’anima e delle guide spirituali. E di prendere consapevolezza del Potere della Parola e del Potere del Suono.


Se il discorso è argento, allora il silenzio è dorato.
Se il discorso è dorato, il silenzio è diamante.

Nella tradizione questo è considerato anche come il giorno in cui nacque Manu (dal sanscrito ‘Man’) l’Archetipo Uomo (l’equivalente di Adamo), fece la sua prima apparizione sulla terra; egli sposò Shata – Roopa (colei dalle cento bellissime forme), l’archetipo femminile (l’equivalente di Eva), e generò l’umanità.

Sia che crediamo alla storia di Manu o no, abbiamo bisogno di istituire una giornata di silenzio all’anno. D’altra parte, se si preferisce essere più vicini alla tradizione occidentale si può constatare che c’era un giorno sacro dedicato a Harpokrates, il dio Greco del silenzio, le cui statue sono state trovate molto lontano, come a Gandhara (l’attuale Afghanistan). Harpokrates trae origine dal dio egiziano Harpa-khruti, il bambino Horus, che rappresenta la quotidiana nascita del sole, la sorgente di luce.

”Per celebrare le energie lunari in questo giorno, possiamo programmare i nostri impegni in modo tale che non interferiscano con il giorno di silenzio. Per un giorno non guardare la TV, (…non controllare cellulare, dimenticare i social…), non parlare, praticare solo l’auto-osservazione, la contemplazione, l’ascolto e …imparare a dare amore nel silenzio mentre s’impara ad amare il silenzio.” [Swami Veda Bharati


 Traduzione e modifiche by Figlie della Madre )O(
Mangia solo quando stai digiunando
Sii immobile mentre corri
Parla solo quando sei in silenzio

Si raccomanda che una persona osservi ‘Maun Vrat‘ in questo giorno. ‘Maun’ silenzio, fare voto di silenzio, ‘Vrat’ , controllo dei sensi, stare in meditazione. E’ raccomandato recitare il Gayatri Mantra.
Fonte

martedì 21 gennaio 2020

Sacrifici umani al tempo dei Celti



Sacrifici umani al tempo dei Celti



Il sacrificio umano rappresenta il momento più cruento della religiosità dell'uomo, accompagnandone il cammino nel corso della storia. L'omicidio di un essere umano rappresentava un'offerta alla divinità, come parte di un più complesso rito.
Nelle culture antiche il sacrificio di un uomo aveva uno doppio scopo, da una parte propiziare i favori di un dio e dall'altra placare le ire di una divinità. In entrambi i casi il favore era rivolto alle popolazioni che quell'omicidio perpetravano. Con il trascorrere del tempo il ricorso a queste pratiche diminuì sensibilmente all'interno del continente europeo rimanendo in vigore sino alle soglie, in diversi casi anche oltre, della colonizzazione da parte degli abitanti del vecchio continente di quelle zone ove il sacrifico assumeva una ritualità precisa. I motivi che spingevano queste popolazioni ad offrire uomini, donne o bambini alla divinità possiamo sempre farle rientrare nelle casistiche dell'assicurarsi un favore o di placare l'ira della divinità cui il sacrificio era rivolto. Nell'ultimo periodo, grazie ai ritrovamenti archeologici dei bimbi sacrificati sulle Ande, abbiamo potuto confermare le scritture dei primi evangelizzatori cristiani che si spinsero sino agli estremi lembi dell'America meridionale che, diffusamente, diedero notizia di tali pratiche. Un caso che ancora oggi è irrisolto riguarda questa ritualità presso le popolazioni celtiche. Presso i Celti il sacrificio umano si è conservato più a lungo, rivestendo un aspetto di espiazione e purificazione. In un'ottica leggermente diversa possiamo situare la decapitazione e la mutilazione dei nemici, accompagnate da offerte rituali, pratica comune presso queste popolazioni.



Per comprendere quanto di vero ci sia nella ritualità celtica dobbiamo considerare le testimonianze degli autori classici, che sembrano attingere da un'unica fonte. Le prove archeologiche che possono confermare la pratica del sacrificio umano presso queste popolazioni sono insignificanti e, con molta probabilità, se tale rituale veniva utilizzato lo era solo in casi eccezionali. I Celti furono un insieme di popoli indoeuropei che, nel periodo di massimo splendore ovvero intorno al IV-III secolo precedenti la nascita di Cristo, erano estesi in un'ampia area dell'Europa, dalle isole britanniche sino al bacino del Danubio, oltre ad alcuni insediamenti più a meridione. Le varie popolazioni erano unite dalle stesse origini etniche e culturali, dalla condivisione di uno stesso fondo linguistico e da una medesima visione religiosa. I Celti rimasero sempre politicamente frazionati: tra i vari gruppi si ricordano i Britanni, i Galli, i Pannoni, I Celtiberi e i Galati. I Celti furono portatori di una originale e articolata cultura. Queste popolazioni furono soggette, a partire da circa il II secolo avanti Cristo, ad una crescente pressione di altri due gruppi indoeuropei: i Germani a Nord ed i Romani a Sud.





Per quanto concerne i, presunti, sacrifici umani perpetrati dai Celti, Giulio Cesare ha lasciato testimonianza nel De Bello Gallico descrivendo il sacrificio realizzato mediante il fuoco che prevedeva il rogo di una enorme figura di vimini riempita di uomini. La principale testimonianza sulle credenze e gli usi religiosi dei Celti, pur essendo riferita specificamente ai Galli, attesta verosimilmente una situazione in larga parte comune all'intero gruppo celtico all'epoca dei fatti narrati, ovvero intorno al I secolo avanti Cristo. La pratica del sacrificio umano era stata citata in precedenza da Sopatero di Paphos, Cipro, contemporaneo di Alessandro il Grande, quando scrisse che i Celti di Galatia, Asia Minore, erano soliti sacrificare i propri prigionieri in onore agli dei bruciandoli al termine di una battaglia vinta. The Wicker Man, traducibile in uomo di vimini, era una grande statua in vimini utilizzata dagli antichi druidi, sacerdoti del paganesimo celtico, per il sacrificio.




Dato che esistono poche prove archeologiche di sacrifici umani possiamo avanzare l'ipotesi che greci e romani diffondessero informazioni negative per creare il disprezzo verso le popolazioni celtiche? Non esistono prove delle pratiche descritte da Giulio Cesare e le storie di sacrifici umani sembrano derivare da una unica fonte, Poseidonio, le cui affermazioni non sono supportate da prove. Altri scrittori romani dell'epoca, da Cicerone a Svetonio, da Lucano a Tacito per chiudere con Plinio il Vecchio, descrivevano il sacrifico umano tra i Celti. Solo Strabone e Giulio Cesare menzionano l'uomo di vimini come uno dei diversi modi in cui i Druidi della Gallia compivano sacrifici. Cesare riferisce che alcuni Galli costruirono The Wicker Man con bastoni e misero uomini vivi all'interno, poi incendiarono il tutto per rendere omaggio agli dei. Cesare scrive che sebbene i druidi utilizzassero uomini ritenuti colpevoli di crimini a volte usavano schiavi quando non erano in grado di trovare delinquenti.




Tra le scarse rilevanze archeologiche relative ai sacrifici umani dei Celti non possiamo scordarci il ritrovamento nell'estate del 1984 dell'Uomo di Lindow, classica mummia di palude risalente all'età del ferro rinvenuta in una torbiera nella contea inglese di Cheshire. La datazione al radio-carbonio indica come data della morte un intervallo di tempo compreso tra il II secolo avanti Cristo e l'anno 119. La mummia appartiene ad un uomo di circa 25 anni dal peso di circa 60 kg. L'uomo sembra aver subito un rituale di triplice morte: la vittima subì tre colpi alla testa, il taglio della gola e la sepoltura a faccia in giù nella torbiera. Queste rilevanze sembrerebbero indicare un preciso rituale poiché la religione di queste popolazioni si basava su un concetto di triplicità, e nel caso dell'uomo di Lindow rappresentato dalla triplice esecuzione.




Gli studiosi ancora oggi non sono d'accordo se si tratti di un sacrificio umano o di una esecuzione, o di entrambe le cose. La dottoressa Anne Ross suggerì che l'uomo di Lindow fosse un druido, come si intuirebbe dalle scarse tracce di usura da lavoro sul corpo. La stessa scienziata avanzò l'ipotesi che l'uomo fu sacrificato durante la festività di Beltane, dopo un pasto simbolico di pane e grano bruciato. Il parere dello scrittore Grisby è nettamente diverso poiché sostiene che la vittima fu sacrificata interpretando il ruolo di divinità morente, poi rinascente, come l'Osiride egizio. La tesi di Grisby pare supportata dal fatto che l'uomo fu decorato con una sostanza vegetale di colore verde. Provando a superare le ipotesi degli scienziati per quanto concerne l'uomo di Lindow, Enrico Campanile, nel libro Le religioni antiche, afferma che “in quasi tutti gli autori greci e latini è fortissimo il pregiudizio poiché essi pongono in rilievo tutto ciò che vi appariva barbarico e incivile”. Lo stesso studioso afferma ancora che “l'opinione pubblica vedeva nei Celti l'espressione di tutto ciò che era negativo, crudele, barbarico, incivile e anche sciocco, irrazionale, bestiale, e spesso sostanziava tali giudizi con riferimento a specifici usi valutati, però, in maniera del tutto astratta e avulsi dal loro contesto culturale o, addirittura, interpretati in maniera arbitraria e scorretta”.





La domanda pare scontata: fu il solo Gaio Giulio Cesare ad esagerare, se non addirittura inventare, eventi riguardanti la ritualità celtica con particolare riferimento al sacrificio umano? Assolutamente no, anche Cicerone ricordò il sacrificio umano di ladri e assassini, in mancanza dei quali si sacrificavano persone comuni, in toni denigratori.
Solo i romani producevano esagerazioni o menzogne sulle popolazioni celtiche? No, poiché i greci non furono da meno. Lo scrittore Diodoro riferì di episodi di sacrifici umani in questi termini: “quando debbono divinare su questioni importanti, praticano una strana e incredibile usanza, uccidendo un uomo con una coltellata nella regione sopra il diaframma. Predicono il futuro osservando le convulsioni degli arti e il modo in cui si sparge il sangue”. La denigrazione del nemico esiste da sempre e Gaio Giulio Cesare creò, probabilmente, notizie infondate per giustificare le guerre contro i Galli. Pare strano agli occhi di un moderno essere umano tale profondo disprezzo per determinate pratiche, purché inventate, da parte di un popolo che delirava per i combattimenti tra gladiatori o per la morte di esseri umani dati in basto alle belve feroci. Parrebbe quasi che si esagerasse la brutale ritualità del nemico, in questo caso i Celti, per giustificare o sminuire la propria.







fonte-https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/2017/12/i-sacrifici-umani-presso-i-celti.html
di Fabio Casalini


Bibliografia
Ries Julien, L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità, Jaca Book, 2007
Taraglio Riccardo, Il vischio e la quercia. Spiritualità celtica nell'Europa druidica, L'età dell'acquario, 2001
Grigsby John, Warriors of the Wasteland. Watkins Publishing, 2005
C. Renfrew, P. Bahn, L'essenziale di archeologia, Zanichelli, Bologna 2009
Giordano Berti, Miti dei Celti d'Irlanda, Lo Scarabeo, Torino, 1994
Melita Cataldi, Antiche storie e fiabe irlandesi, Torino 1985.
Giovanni Giusti, Antiche liriche irlandesi, Salerno Editrice, Roma 1991.
Augusta Gregory, Dei e guerrieri d'Irlanda, Studio Tesi, Milano 1991.
Françoise Le Roux e Christian-J. Guyonvarc'h, I Druidi, ECIG, Genova, 1990


Campanile Enrico, Le religion
i antiche, Laterza edizioni, 1994



Celti-da Samhain ad' Halloween



In tutta l’Europa antica, la fine del raccolto coincideva con la festività dedicata alle anime dei trapassati: vediamo come si è giunti dalla celebrazione celtica di Samhain a quella odierna di Halloween, passando per la ricorrenza cristiana di Ognissanti.



A tutti noi è almeno una volta capitato, quando eravamo piccoli, di travestirci da mostri, vampiri, streghe o altre creature sovrannaturali. La ormai famigerata notte di Halloween, prossima ad arrivare, ha contagiato con il suo lato consumistico e profano tutta una serie di tradizioni che risalgono ad un passato lontano e affascinante.
La moderna festa di Halloween poggia su tutta una serie di errate interpretazioni sviluppatesi nella mentalità cupa dell’età Vittoriana, dove il gusto gotico per l’occultismo, la negromanzia, la divinazione e il macabro in genere riscuoteva molto successo nei ceti medio-alti del mondo anglosassone. A questi aspetti, che diedero il substrato materiale, si unirono quelli più commerciali che si svilupparono qualche decennio dopo in America, dove sono andati a creare la festa tanto apprezzata da tutti quei bambini che vanno in giro per le case al ritornello di“Trick or Treat”.


Qui mi ripropongo, al contrario, di spiegare al meglio delle mie possibilità la profondità e la spiritualità di tutta una serie di culti che, dal pagano mondo agricolo celtico e mediterraneo, sono arrivati alle porte dell’era moderna attraverso le festività religiose cristiane [1].
Primo mito da sfatare. Il termine Halloween è un termine cristiano. É la corruzione della frase “All Hallow’s eve” ovvero “Sera della festa dei Santi” – da hallow, che vuol dire santificare e dall’abbreviazione di evening “eve”, che vuol dire sera. Questo perché la notte del 31 ottobre venne, nell’Alto Medioevo, a coincidere con la veglia in attesa della celebrazione di Ognissanti del giorno successivo. Ma andiamo per gradi.
Tutte le culture agricole dell’antichità avevano una serie di rituali e momenti cultuali che scandivano passaggi importanti dell’anno. I romani – mutuandole spesso dagli etruschi – avevano alcune festività legate al ciclo di nascita-morte-rinascita della vita. Uno, molto arcaico, era il Mundus Cereris, nel quale si pensava che in tre specifici giorni dell’anno (24 agosto, 5 ottobre, 8 novembre) il mondo dei vivi e quello dei morti sarebbero entrati in comunicazione. Stessa cosa avveniva nei Saturnalia (tra il 17 e il 23 dicembre), nei quali giorni le divinità infere e gli spiriti dei defunti avevano la facoltà di tornare sulla terra e perciò andavano placate con offerte di cibo, banchetti e sacrifici
I culti che, ai fini di questo articolo, ci interessa indagare di più, sono però quelli celtici. La festa di Samhain, che intercorreva tra il 30 ottobre e il 2 di novembre, detta anche Trinuxtion Samonio capodanno celtico, è stata quella pratica rituale sulla quale si poggerà in seguito la liturgia cristiana. Samhain è stato visto, nella concezione gotica che abbiamo accennato all’inizio, come un vero e proprio “Principe delle Tenebre” o un oscuro “Signore della Morte” [3], ma in verità non ci sta alcuna prova che fosse una divinità celtica. In gaelico antico samain – oppure samuin o ancora samfuin – vuole solo dire “fine dell’estate” dall’unione delle parole sam e fuin, oppure, secondo un’altra lettura, semplicemente “riunirsi assieme”. Questo perché nella cultura celtica l’anno solare era diviso in due periodi; l’inverno, detto geimhreh, che iniziava con la festa di Samhain e l’estate, detta samradh, che iniziava con la festa di Beltane.

L’anno agricolo nuovo, da qui il fatto che Samhain risultasse essere il capodanno celtico, iniziava proprio con novembre, poco dopo la fine dei raccolti, che erano stati appena immagazzinati per l’inverno. Una festa del genere era presente anche nel mondo mediterraneo, come testimonia il culto di Cerere proprio tra ottobre e novembre, ma i latini scelsero di far coincidere l’inizio dell’anno con la primavera – da primum, ovvero prima stagione – e il mese di aprile – da aperire, ovvero che apre l’anno.



Edwin Landseer, “Scene from A Midsummer Night’s Dream. Titania and Bottom”.
Ma che cosa si faceva durante la festa di Samhain? In primo luogo era un momento di ricongiungimento di gruppi familiari, clan, tribù, persino nazioni intere – gli irlandesi si riunivano presso la sacra collina reale di Tara, ad esempio – con il fine di ringraziare gli dei per il buon raccolto e propiziarseli per quello che si andava ad iniziare nell’anno a venire. Allo stesso tempo era un momento nel quale la terra andava simbolicamente a dormire, quindi a morire per poi rinascere la primavera seguente. Per questo motivo quei giorni erano considerati come un momento dove il mondo reale dei vivi si incontrava con quello di Annwyn [4] – degli spiriti – e di Sidhe – delle fate


In ragione di questo si pensava che gli spiriti di coloro che erano morti sarebbero potuti temporaneamente sfuggire al loro stato per tornare a far visita alle persone care ancora in vita. Dal canto loro, per facilitare il loro arrivo, era consuetudine mettere delle candele accese alle finestre delle case, per indicare loro la strada. Allo stesso tempo si preparava del cibo in più e si apparecchiava per coloro che erano scomparsi, in modo che potessero unirsi alla tavola dei loro familiari ancora una volta. I romani e gli etruschi, ma anche i celti e perfino i cristiani, talvolta sollevano recarsi direttamente nei luoghi di sepoltura, per pranzare con i defunti, tra le tombe.
Bisogna capire che il mondo dei morti non era visto in chiave negativa o paurosa nel passato, soprattutto quando riguardava il rispetto e il ricordo dei proprio cari estinti. Questi ultimi infatti, quando giungevano in quei giorni sulla terra, venivano ad incontrare gioiosamente i loro familiari, che a loro volta preparavano banchetti in loro onore. Queste tradizioni ancestrali permangono ancora in certi ambienti rurali. In Sicilia esistono infatti i dolci dei morti, antico ricordo del cibo che si lasciava agli spiriti dei defunti proprio in questi giorni. In quanto alla Sardegna, mia nonna mi ha spesso raccontato che, nella notte tra l’1 e il 2 di novembre, era uso comune in paese il porre candele accese alle finestre, apparecchiare le tavole con posti in più e lasciare del cibo vicino alla porta d’ingresso delle case.
Nel mondo celtico, incentrato sul tempo cosmico rappresentato dal cerchio di nascita-vita-morte-rinascita, il passaggio dall’estate all’autunno-inverno era proprio il momento in cui la terra moriva per poi rinascere [6]. Per questo la festa di Samhain aveva tutta una serie di aspetti mitico-rituali profondi e articolati – purtroppo poco conosciuti scientificamente, visto che riguardano una civiltà che non conosceva la scrittura – che di sicuro, in linea generale, ricomprendevano aspetti orgiastici, rottura delle norme tradizionali di comportamento, riti beneauguranti o legati alla fertilità, sacrifici di animali – in genere i primi nati, come segno propiziatorio di fecondità nelle greggi e nelle mandrie.
Ma il più suggestivo rituale il cui ricordo si è tramandato è, a mio parere, quello del falò sacro. Il 30 ottobre, nelle colline della Britannia, della Gallia, dell’Irlanda e della Caledonia venivano preparate delle enormi cataste di legno. Il 31 queste venivano accese e, in concomitanza, i fuochi dei focolari di ogni singola abitazione di tutti i villaggi venivano spenti per tutta la notte. L’indomani, il primo giorno di novembre, i druidi si recavano di casa in casa a portare le braci ardenti del sacro fuoco nuovo, che simbolicamente delineava il trapasso dell’anno vecchio in quello che appena incominciato.
Bene, questo era più o meno quello che avveniva nelle origini. Ma poi cosa accadde con l’avvento del Cristianesimo? Il processo di cristianizzazione dei pagani non fu un evento né miracoloso, né tanto meno scontato. I primi padri della Chiesa, in seguito all’Editto di Tessalonica del 380, con il quale l’imperatore Teodosio imponeva il Cristianesimo come religione di Stato e iniziava a perseguitare tutti coloro che veneravano gli antichi dei, dovettero lavorare per molti secoli al fine di far digerire la loro nuova fede ai pagani.
Nel 835 d.C., vista la resistenza dei culti campestri legati a Samhain nel mondo celtico e a Cerere, Demetra e altre divinità minori in quello mediterraneo, il Papa Gregorio II decise di spostare la data nella quale si celebravano tutti i Santi dal 13 maggio al primo di novembre. Quasi due secoli dopo, nel 998, Odilone di Cluny iniziò a far recitare nel suo monastero benedettino una preghiera “pro requie omnium defunctorum” il 2 di novembre. Ben presto questa idea venne colta da Roma, che la istituzionalizzò, inserendo molte delle attività cultuali pagane nel rito cristiano, mettendo in campo quel sincretismo religioso che le ha permesso, con un lavoro lungo secoli, di far digerire in maniera quasi indolore la nuova religione, poggiandola sulle tradizioni e sulle credenze di quelle vecchie. Difatti le offerte di cibo ai defunti, i fuochi e le luci accese, le maschere per spaventare gli spiriti malvagi tipiche delle tradizioni cristiane rurali, sono tutti aspetti pagani, perfettamente conservati all’interno di una lieve patina di superficiale cristianizzazione
Vorrei chiudere questo rapido viaggio nel passato con una nota divertente, riportando il mito che sta alla base delle famose zucche di Halloween, ovvero la leggenda di Jack O’Lantern. Jack O’Lantern, anche detto Stingy Jack, era secondo una vecchia leggenda irlandese l’ubriacone del villaggio, oltre che un inveterato scommettitore. Si dice che una volta, proprio durante una notte di Halloween, incontrò il diavolo per strada e lo invitò a bere a casa sua. Più tardi, tutti e due abbastanza alticci, si fecero una passeggiata e arrivarono davanti ad un vecchio albero. Jack, sempre in cerca di scommesse, sfidò quindi il diavolo ad arrampicarsi sopra di esso. Il diavolo, sorridendo, salì sull’albero con facilità, ma Jack incise una croce sulla corteccia, intrappolandolo lassù grazie a quel simbolo sacro. A questo punto il Jack gli propose un patto: il diavolo, se voleva poter tornare a terra, doveva promettere di non tentarlo più. Il diavolo accettò. Quando, anni dopo, Jack morì, le porte del Paradiso gli furono negate a cause dei suoi vizi. Jack si diresse quindi all’inferno, ma il diavolo gli impedì l’accesso per vendicarsi della sua bravata, condannandolo a vagare nel limbo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, senza meta.
Gli venne però dato un tizzone ardente, per illuminare il suo cammino nell’oscurità. La tradizione afferma che Jack mise il tizzone in una rapa o una cipolla svuotata, in modo da farlo durare più a lungo, e così iniziò il suo solitario e triste cammino per l’eternità, con la possibilità di accedere al nostro mondo solo la notte della sua bravata col diavolo, ad Halloween. Quando agli inizi del secolo ci fu la carestia delle patate in Irlanda, molti irlandesi migrarono in America, portando con loro le loro antiche tradizioni e storia, compresa quella di Jack O’Lantern. Negli Stati Uniti però trovarono le zucche, che si adattavano meglio ad essere intagliate rispetto alle rape o alle cipolle e da allora è nata la tradizionale zucca di Halloween.
Prima di salutarci, un paio di considerazioni conclusive. Alla fine tutte queste antiche pratiche e credenze religiose nascono in un mondo antico, mosso da valori e principi in parte alieni al nostro frenetico mondo moderno e urbanizzato – come l’importanza dei cicli delle stagioni e i raccolti –, in parte da altri che condividiamo o che almeno dovremmo curare con attenzione come il senso delle tradizioni, dei valori sociali e familiari, del senso di appartenenza ad un popolo e a una cultura.
Ma la cosa che più ci accomuna con tutte quelle generazioni di uomini dimenticate e ormai solo polvere è il grande mistero del cuore umano, che non si vuole mai rassegnare alla scomparsa dei propri cari estinti e delle persone a cui ha voluto bene. E infine, soprattutto, che ancora rimane, oggi come allora, affascinato e allo stesso tempo terrorizzato dal grande mistero della morte e di che cosa avviene dopo di essa.


Astrup Jonsokbål, “St. John’s Night Fire”.


di Alberto Massaiu
originariamente pubblicato sul blog dell’autore
immagine: Karoly Kisfaludy, “Ossian Conjures up the Spirits on the Banks of the River Lorca”
Sono le di

Le feste celtiche

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