Quanti di voi sanno che la leggenda del Sacro Calice, (Santo Graal) oltre a derivare dall'iconografia biblica del nuovo testamento ha anche delle radici celtiche? Non mi dilungherò sull'iconografia cristiana, dato che tali nozioni sono state trite e ritrite da sceneggiatori, registi e scrittori di ogni epoca. Ma daremo uno sguardo d'insieme sul Mabinogion, ovvero una raccolta di antichi racconti celtici gallesi. In realtà avevo già accennato qualcosa su tale raccolta in un vecchio articolo, ma non ho mai approfondito. Il Mabinogion è composto da 4 racconti (o rami) principali e contiene anche cinque racconti o leggende dell'antico Galles. A quanto risalgono tali storie, leggende, miti non lo sanno nemmeno i storici ( i primi scritti risalgono a metà del XIV secolo) ma le storie e i personaggi fanno parte di antiche leggende celtiche e gallesi.
Detto ciò passiamo al fatidico calderone. Esso, come ho detto, era in grado di ridare la vita ai corpi dei defunti che venivano posi al suo interno, a patto che non avessero ancora la testa e donava inoltre, benessere a coloro che vi accostarono.
l Racconto
La storia inizia in Brittania, alla coorte di Bran il Benedetto. Vi era in corso il matrimonio di Branwen con il re d'Irlanda quando il fratello di Bran mutilò i cavalli di Matholwch. Bran, che più di tutto voleva riportare la pace con i due popoli donò il proprio calderone, donatogli dal gigante Gyfnewid, al re irlandese. L'offesa fu cancellata e tornò a regnare la pace. Dopo qualche tempo Branwen partorì un figlio di nome Gwern ma la regina britannica non era ben vista dal popolo irlandese. Fu così che il marito la ripudiò sia come moglie che come regina e la fece divenire una delle sua serva nel castello delle terre di Eriu. Qrando Bran venne a sapere di ciò radunò un esercito e marciò verso l'Irlanda. L'esercito di Matholwch fu sconfitto e cedette alle proposte di Bran. ovvero di porre sul trono irlandese il figlio avuto da Branwen, Gwern. Evnissien, durante i festeggiamenti della vittoria, forse in preda all'ebbrezza o forse in preda al delirio totale uccise Gwern, buttandolo nel fuoco scatenando una nuova guerra tra i due popoli. Stavolta il popolo deglii Eriu ebbe la meglio in quanto Mathowlch riponeva i corpi dei caduti nel calderone facendoli riportare in vita. Fu così che Evinissien decise di sacrificarsi portandosi all'interno del calderone, lo spezzò. Ma la battaglia era persa. Bran fu avvelenato e chiese ai suoi guerrieri di mozzargli la testa e di condurla lontano. Attraversarono il mare fino a giungere all'isola del Gwalles dove i guerrieri di Bran dimenticarono ogni cosa, mentre la testa del re raccontava le storie delle battaglie e delle guerre. Un giorno, uno di questi guerrieri varcò una porta e l'incantesimo ebbe fine, essi ricordarono chi erano. Tornarono alla loro terra e posero la testa di Bran nella montagna Bianca, con il viso rivolto verso la Francia.
Il corvo, come il gatto nero, nella concezione moderna è legato a eventi nefasti e portatore di malasorte. Questo è dovuto, per lo più al colore delle sue piume. Nelle culture e nelle mitologie dei popoli, dalla Grecia alla Francia e alla Germania, passando per le lande Inglesi, un tempo popolate da popoli celtici e fino ad arrivare alle terre dei nativi americani, il corvo assume diversi significati tra cui quello profetico, legato al mondo dei morti, messaggero e legato ad alcune divinità. Nella mitologia orientale è legata molto al Sole. Nella cultura norrena, invece, vediamo che esso è il messaggero di Odino, ogni mattina il Dio Padre degli Dei manda i suoi due corvi Huginn e Murinn nel mondo degli uomini e al calar del sole questi fanno ritorno e raccontano alla divinità tutto ciò che hanno visto. Lo si incontra anche in un mito greco (che per molti versi ricorda quello celtico che sarà narrato qui) legato al Dio Apollo. Lo si incontra anche nella religione cristiana e in quella ebraica, non sempre in negativo. Nel caso vi trovate a Londra, andate a visitare la Torre di Londra, la cui presenza di tali corvi in questo complesso è legata ad una leggenda, tant'è vero che Re Carlo preferì spostare l'osservatorio da Londra a Greenwich piuttosto che i corvi.
Qui di seguito verrà narrata una leggenda celtica riguardante il piumaggio nero del corvo. Come ho detto sopra, ricorda per molti versi quella greca legata al Dio Apollo. Lugh era una divinità legata alal luce, infatti, nel calendario celtico, il Lughnasad era dedicata a lui. Inoltre aveva poteri di divinazione e, il corvo, era il suo più fedele amico nonché l’animale che lo rappresentava (in quanto simbolo di saggezza), insieme al cinghiale (simbolo di forza e tanacia).
Lugh il Luminoso e il Corvo
Si narra che il corvo un tempo avesse le piume di color bianco ed era l’animale di compagnia preferito del Dio Lugh. Un giorno, dovendosi assentare, il dio lasciò compito al corvo di sorvegliare la propria amata, perché non giacesse con altri uomini. Fu così che la ragazza tradì la fiducia del suo amato Dio e chiese al corvo di mantenere il segreto su quel tradimento. La creatura, dalle piume candide come la neve, acconsentì e, quando tornò il suo padrone gli mentì riguardo l’amata. Lugh, che aveva il potere della divinazione, scoprì l’inganno del corvo e lo condannò da allora ad avere le piume nere e ad obbedirgli ciecamente.
Altre leggende celtiche
Altre leggende legate al corvo nella mitologia celtica le possiamo trovare nel Mabinogion dove è legato alle figure di Bran Vendigeit e della sorella Branwen, rispettivamente Bran il Benedetto e Bianco Corvo. Tali figure sono legate al calderone magico che era in grado di riportare in vita i morti. In un racconto irlandese, invece, il corvo prende un significato completamente negativo. Infatti esso compare sulla spalla dell'Eroe Cù Chulain, appoggiandosi sulla sua spalla nel momento della morte, dopo che rifiutò i favori sessuali della Dea Morrigan.
Un poema epico è connotato dalla parola gaelica Tàin.
Il più famoso è il Tàin Bó Cuailnge, in italiano “Il furto di bestiame di Cooley”. È il poema cardine della mitologia irlandese, al punto che viene chiamato semplicemente The Tàin. Alcuni ricercatori hanno ritrovato le basi storiche di questo racconto che canta la distruzione del regno dell’Ulster, catastrofe che accadde realmente nel II secolo della nostra era e dalla quale l’Ulster non si è mai riavuto. - Tàin Bó Cuailnge La storia racconta della guerra tra i reami dell’Ulster e del Connaught. A causarla fu la regina Maeve del Connaught che lasciò il marito, re dell’Ulster, e sposò Eochaid, re del Connaught, per poi innamorarsi del giovane nipote di quest’ultimo, Aillil, che ucciso lo zio salì al trono al fianco della regina. Aillil possedeva il Toro dalle Bianche Corna, simbolo di potere e ricchezza. Ma Maeve non poteva sopportare che qualcuno avesse più di lei. Così, per essere pari al marito, decise di inviare le sue truppe per rubare l’ambito Toro Bruno di Cooley, invadendo di conseguenza l’Ulster. -
Ma a scongiurare l’invasione intervenne il terribile guerriero Cù Chulainn, figlio del dio sole Lugh, che riuscì a sventare il complotto avendo la meglio sui nemici. La regina Maeve non tardò però a vendicarsi e, per mezzo di alcuni stregoni, portò Cù Chulainn alla morte. La storia di Cuchulainn canta che, a sette anni, quando ancora si chiamava Setanta, uccise il cane feroce di Culainn il Fabbro colpendolo con un bastone da hurling (è una delle prime volte in cui viene citato questo sport). Per placare l’ira di Culainn, Setanta si offrì di fare le veci del suo cane sorvegliandone la casa. Così acquisì il nuovo nome di Cuchulainn, che significa il cane di Culainn. Prima di andare in guerra, Cuchulainn assunse proporzioni enormi, il suo corpo si tinse di vari colori e uno dei suoi occhi s’ingigantì.
Finn MacCool II guerriero Finn MacCool è il più famoso comandante delle Fianna, compagnie di uomini prodi e valorosi che difendevano l’Irlanda dalle invasioni nemiche. Finn non era solo forte e audace, ma anche veggente, e acquisiva grande saggezza introducendo il pollice in bocca e succhiandolo. Quando non erano in guerra, i Fianna trascorrevano il loro tempo cacciando. Finn possedeva un cane di nome Bran che era alto quasi quanto lui.
Si dice che esso sia il capostipite della razza canina nota come Irish wolfhound. Molti membri delle Fianna possedevano poteri soprannaturali e compivano spesso esperienze ultraterrene. Il figlio di Finn, Ossian, non fu solo un valoroso guerriero come il padre, ma si distinse anche per le sue doti di saggio poeta. L’iconografia tradizionale raffigura Finn come un gigante e la leggenda vuole che egli sia il costruttore della Giant’s Causeway (Strada del gigante) nella Contea di Antrim. -
La fine dell’incantesimo coincise con l’avvento del Cristianesimo. I quattro bambini riacquistarono forme umane, ma erano così deboli che morirono in breve tempo, non prima però di essere battezzati. Re Lir ordinò allora che nessun cigno dovesse essere ucciso in Irlanda, atto ritenuto tuttora illegale. -
San Brandano Brandano il navigatore, come tanti altri monaci del VI secolo, viaggiò molto. Sebbene vivesse nell’Irlanda occidentale, egli visitò il Galles, la Scozia e la Francia. È però assai probabile che il suo viaggio più famoso sia solo frutto della fantasia. La leggenda narra di un gruppo di monaci che, dopo aver navigato per sette anni facendo ogni sorta di incontri con lo scopo di mettere alla prova la loro fede, trovarono la Terra Promessa. La storia è in realtà una revisione cristiana dei racconti celtici sull’aldilà.
Le Druidesse
Sulle druidesse che profetizzano abbiamo significative testimonianze in alcuni autori (tardo) classici:
LAMPRIDIO, Alexander Severus LIX, 6
Mentre si accingeva a partire, una profetessa druidica gli urlò in lingua gallica : “Va’, ma non sperare nella vittoria e non fidarti dei tuoi soldati”.
VOPISCO, Numerianus XIV, 2
Diocleziano, che militava ancora nei ranghi inferiori, ed era di stanza in Gallia nel paese dei Tungri, si trovò in una locanda a fare i conti dei suoi costi giornalieri con una donna che era una druidessa. Questa a un certo punto gli disse: “Diocleziano, sei troppo avaro e spilorcio!”. Ed egli le rispose scherzando: “quando sarò imperatore, allora sì che largheggerò!”. E si dice che la druidessa avesse risposto : “Diocleziano, non scherzare, sarai infatti imperatore, dopo aver ucciso il cinghiale”.
VOPISCO, Aurelianus XLIV, 4-5
Diceva infatti Asclepiodoto che Aureliano aveva una volta consultato le druidesse di Gallia, chiedendo loro se l’Impero sarebbe rimasto ai suoi discendenti, ma queste avevano risposto che nessun nome sarebbe stato più famoso di quello dei discendenti di Claudio. E infatti ora è imperatore Costanzo, che discende da quel sangue e i cui discendenti raggiunsero, credo, quella gloria che era stata vaticinata dalle profetesse.
Le druidesse irlandesi (ma anche le vergini celtiche dell'isola di Sein in Gallia e le furie dell'isola di Mona di cui scrive Tacito in Britannia) erano parte integrante dell'antico ordine druidico, in quanto tale, e neanche separate come avviene nel cristianesimo per sesso, dai religiosi di sesso maschile.
Di Fidelma si parla non solo come profetessa (fhaid), ma anche, come Fili.
Nel racconto del Tain Bò Cùalnge, la versione del Book of Leinster usa ban-fhaid (profetessa)
Feidelm banfhaid ar sluag
Profetessa Fedelm, come vedi il nostro esercito?
ma il Lebor na hUIdre scrive banfili (fili donna):
Fedelm banfili do Chonnachtaib mo ainmsea or ind ingen
Il mio nome è Fedelm, la poetessa del Connaught, disse la fanciulla.
Fili ha, come significati più antichi, "espressi nei testimitologici ed epici, quello di 'veggente, mago, indovino, storico, panegerista, satireggiatore, giudice, professore". In generale, scrive Guyonovarc'h nella sua opera I Druidi, pag. 568, designa l'erudito (nel senso di Bardo) . o il druida versato nella poesia e nella 'letteratura' tradizionale.
Pomponio Mela ne aveva già parlato nel De situ orbis (III, 16), chiamando l'isola con il nome di Sena: "Sena, in Britannico mari, ocismieis adversa litoribus, Gallici numinis oraculo insignis est. Cuius antistites, perpetua virginitate sanctae, numero novem esse traduntur: Gallicenas vocant, maria ac ventos concitare carminibus, seque in quae velin animalia vertere, sanare quae apud alios insanabilia sunt, scire ventura et praedicare, sed nonnis deditas navigantis, et in id tantum, ut se consulerent profectis".
Sia detto incidentalmente, qui Pomponio non sta facendo opera di fantasia né enuncia costumi latini. Parla di un'isola situata nel mare britannico, celebre per la presenza di un oracolo di una divinità gallica. Si tratta di tradizioni (traduntur) estranee al mondo latino, ma perfettamente conformi alla materia celtica.
La traduzione italiana è la seguente:
Sena, nel mare britannico, di fronte al litorale, presso gli Osismii, è degna di nota per l'oracolo della divinità gallica le cui sacerdotesse, si dice, sono nove vergini perpetue.
Esse sono chiamate Gallisenae; pretendono di calmare, con i loro canti e con i loro singolari artifici, i mari in tempesta e i venti e di trasformarsi in qualsivoglia animale. Sanno guarire quello che altri non riescono a guarire e sanno predire il futuro.
Pomponio Mela (Tingetela, Gibilterra, sec. I) fu il primo geografo "puro", con la sua "De chorographia", in 3 libri, che con stile che potremmo definire "sallustiano" ed attingendo a varie fonti, descrive la terra prendendo come punto di riferimento-base il Mediterraneo; e l’opera, benché sia poco più che un repertorio di nomi, è ricca di interessanti notizie etnografiche e geoclimatiche.
Questo è un antico simbolo cimmerico che non ha nulla a che dare con L’awen, viene chiamato "le tre verghe o i tre raggi di luce", significava l'occhio di luce, o la luce radiante dell'intelligenza, sparsa sul circolo druidico. Questo emblema venne adottato da Re Edoardo III come uno dei suoi stemmi. esso venne anche assunto da suo figlio il Principe Nero, e da altri principi del paese di Galles. La freccia larga trovasi come segno della Real Casa già nel 1386, e dopo il 1693 venne usata come timbro delle marci governative.
Awen è una parola gallese che significa “ispirazione (poetica)”. Viene utilizzata storicamente per descrivere l’ispirazione divina dei bardi nella tradizione poetica gallese. Colui che è ispirato, un poeta o un indovino, è un awenydd.
Nel suo utilizzo corrente, awen è a volte riferito ai musicisti ed ai poeti, ma la parola viene più che altro utilizzata come un soprannome/nome femminile.
Appare nella terza stanza di Hen Wlad fy Nhadau.
Sarà nel Neo-Druidismo ovvero Neo Paganesimo Che l’Awen cambia non solo il suo termine ma prende una forma un simbolo che in origine non aveva mai avuto, esso nel suo emblema mostra tre linee dritte che dipartono verso il basso, disegnate all'interno di un cerchio o una serie di cerchi di vario spessore, spesso con un punto sopra ogni linea. Il simbolo fu inventato da Iolo Morganwg e adottato da alcuni neo-druidi che con l’originale e la tradizione non hanno nessuna valenza.
Stonehenge
Non lontano da Londra sorge uno dei più noti complessi megalitici del mondo: Stonehenge.
Una curiosa leggenda raccontava di un famoso mago, conosciuto ai più come Merlino, che decise di erigere questo sito come strumento di osservazione delle “sette porte e delle sette finestre”. Costui sembra che fosse riuscito a trasportare i pesantissimi massi dall’Irlanda grazie ai poteri magici.
In realtà Stonehenge risale all’incirca al 3200 a.C., cioè all’epoca in cui vennero erette le Grandi Piramidi. La costruzione ha una forma circolare, con un diametro di qualche decina di metri.
I massi che la compongono provengono da una cava in Galles, a circa 380 chilometri di distanza. nessuno è ancora riuscito a spiegare come uomini dell’età della pietra siano riusciti a trasportare pietre di tali dimensioni.
Oggi della struttura originaria rimangono solo colossali frammenti, perché nel corso del Medioevo i monoliti furono adoperati in diverse costruzioni.
Alcuni esperti hanno definito Stonehenge “ombelico geomantico dell’Inghilterra”, poiché sorge al centro di tre antiche vie reali inglesi esistenti prima ancora dell’arrivo dei Romani: la Harroway, la South Down Ridgeway e la Icknield way.
Alcuni archeologi sostengono che tale sito dovesse avere un valore di luogo di culto, dove i fedeli affluivano in occasione di riti misterici presieduti da alti sacerdoti o druidi.
E’ stato impossibile non pensare a un simile uso religioso, dato che il cerchio stesso è una figura di particolare valore magico.
Altri archeologi ritengono che tale complesso abbia avuto la funzione di calendario astronomico, che consentiva di effettuare complicati calcoli celesti.
Gli antichi abitanti della regione avevano elaborato persino un sistema, molto sofisticato, di linee di collegamento tra tumuli funerari e sassi per prevedere le eclissi del Sole e della Luna
Stonehenge contiene molti altri riferimenti di natura astronomica: gli allineamenti delle varie pietre coincidono con alcuni punti della volta celeste. E ancora: il giorno del solstizio d’estate il Sole sorge in un punto più a settentrione rispetto alle altre giornate dell’anno.
Quel giorno è possibile vedere il Sole al di sopra di una pietra chiamata “Heel stone”, che si trova lungo l’asse della costruzione, e ciò significa che Stonehenge è allineato in modo assolutamente non casuale.In coincidenza con precisi momenti astronomici, che segnavano nel calendario misterico determinate festività e ritualità, gli iniziati bretoni si davano appuntamento a Stonehenge.
Molto probabilmente essi entravano in processione, disponendosi gerarchicamente lungo i cerchi del tempio megalitico per celebrare il mistero del Dio sole.Uno dei nomi di tale complesso fu “Car Gaur”, ossia Cerchio del tempo, evidente riferimento alle misure e ai calendari.
Gli artefici di tale complesso possedevano capacità cognitive sufficienti a comprendere e valutare i cicli celesti, e inoltre capacità a livello di organizzazione alquanto raffinate per progettare e realizzare una simile impresa
(c'è da dire che le polemiche più recenti su Stonehenge hanno avuto come oggetto i restauri compiuti ormai oltre un secolo fa.
Nel 2001 un ricercatore ha trovato le foto, risalenti ai primi del Novecento, in cui si vedono operai all’opera per sollevare menhir da secoli caduti gli uni sugli altri.
Quindi ciò che noi vediamo oggi non è ciò che potevano vedere un secolo o dieci secoli fa.
Boudicca:
La regina celtica che faceva paura ai romani
Li odiava perché l'avevano spogliata di tutti i suoi averi, frustata pubblicamente e violentato le sue figlie. Alla testa di duecentomila uomini, li affrontò, ma non riuscì a sconfiggerli.
Siamo nel 60-61 dopo Cristo all'Isola di Mona (l'odierna Anglesey), nel mare d'Iralnda. Donne vestite di nero corrono tra le file dell'esercito nemico, brandendo fiaccole accese come Erinni, mentre i druidi, sacerdoti celti, intonavano canzoni con voce cavernosa. I legionari romani al seguito del comandante Svetonio Paolino rimangono paralizzati dal terrore. Hanno attraversato il canale fra la terraferma e l'isola grazie a pontoni galleggianti e hanno un momento d'incertezza, vedendo ciò che si para loro davanti.
Si fanno forza, però, e attaccano. Mentre le cose sembrano volgere al meglio per loro, giugne la notizia che è divampata una tremenda rivolta fra popolazioni britanniche che fino a quel momento sono sempre state tranquille: gli Iceni e i Trinovati, che hanno come roccaforte l'antica Camulodunum, oggi Colchester, diventata una colonia romana. Incredibile a dirsi, li guida una donna: di statura imponente, capelli rossi che le giungono fino ai fianchi, occhi fiammeggianti e un'oratoria travolgente. Il suo nome è Boudicca.
Boudicca è una principessa nata a Camulodunum. A sette anni ha lasciato la sua famiglia d'origine per essere allevata in un'altra, com'è costume, per altrettanti anni. Apprende le tradizioni e la religione del suo popolo, i canti e le antiche mitologie, le arti belliche, l'equitazione e l'uso della lancia e della spada. Appena raggiunta 'età giusta per il matrimonio, va sposa a Prasutago, il potente e ricco sovrano degli Iceni, popolazione che abita la regione sudorientale dell'isola, prossimi ai Trinovati. Poichè dalla loro unione nascono due bambine, il re Prasutago, che è già in buoni rapporti con i Romani, per proteggere la sua famiglia stringe un patto con loro, nominando l'allora imperatore Nerone co-erede assieme a sua moglie e alle sue discendenti dei territori e di tutto ciò che ha. Quando muore, le autorità romane considerano nullo l'accordo e s'impadroniscono di ogni cosa, trattando gli aristocratici come schiavi. Poichè Boudicca protesta, viene spogliata e frustata in pubblico e poi costretta ad assistere allo stupro delle sue giovani figlie. Fanno un grave errore i Romani a non ucciderla perchè da quel giorno la regina guerriera, arsa da un odio e un furore folle, riunisce un armata e combatte contro di loro e contro gli alleati, massacrandoli. Rade al suolo il capoluogo di Camulodunum e passa per le armi tutti quelli che si sono rifugiati nel tempio del divo Claudio. Poi muove alla volta di Londinium (Londra).
Qui accorre Svetonio Paolino, ma visto che è impossibile difendere la città, l'abbandona al suo destino. Londinium viene messa a ferro e fuoco e la popolazione massacrata. La situazione arriva a un punto tale che l'Imperatore Nerone sta per ordinare di abbandonare la provincia.
L'armata di Boudicca rasenta i 200mila uomini e la fierissima regina ritiene sferra il colpo decisivo. Alla testa dei suoi guerrieri, va in cerca di Svetonio Paolino lungo la Watling Street, ma il generale si è attestato in cima al colle, attendendo l'attacco in formazione chiusa. Nonostante la sproporzione delle forze sia enorme e resti a tutt'oggi difficile capire come il piccolo esercito romano abbia sbaragliato una simile moltitudine, la posizione vantaggiosa, la tecnica, l'armamento e la disciplina dei Romani hanno la meglio sulle ragioni dei Britanni. Alla fine della giornata 80mila guerrieri celtici giacciono sul campo e Boudicca fugge, La sua fine è avvolta nel mistero.
L’Acqua, Selvaggia e Sacra
In una splendente e chiara mattina di qualche anno fa, durante i lunghi, meravigliosi giorni che portavano al solstizio d’estate, io e Wendy Froud passammo attraverso i sentieri per il paese di Callington, in Cornovaglia (la provincia ad ovest del Devon). Ci fermammo al margine di un’area artistica e seguimmo quello che c’era dopo il sentiero per il Dupath Well (originariamente il “Theu Path” Well)…un posto incredibilmente magico nascosto nel verde della campagna cornovagliese.
Così come altri luoghi benedetti nel Devon e in Cornovaglia, si riteneva che in origine il Dupath Well fosse stato un sito sacro in un lontano passato per la popolazione celtica, la cui più antica tradizione è stata sotterrata da un insieme di leggende cristiane. Una volta, questo posto deve essere stato eretto in un bosco di querce, sorbi selvatici e rovi, piante consacrate alle religioni indigene dell’isola. Nel 1510, un gruppo di monaci agostiniani rivendicarono il posto per le loro tradizioni, riducendo la zona a uno spazio con case fatte di granito tagliato, ma non elaborato. Questo fu il destino comune di molti siti pagani nell’Ovest del Paese. Incapaci di dissuadere le popolazioni locali a visitare i loro luoghi, le autorità cristiane le allontanarono, costruendo chiese dove esibire sculture una volta ben conservate e battisteri oltre i luoghi sacri, riducendo il bosco da cerimonia e gettando il legname al fuoco. Esistono tanti, tanti spazi come il Dupath Well, tutti sparsi nell’Ovest del Paese, alcuni dei quali coperti e altri ancora in uso, ora spesso intitolati ai santi e associati alle loro vite miracolose. Ma il volto di queste leggende e i palinsesti dei vecchi racconti emergono insieme: storie di fate e spiriti, i cavalieri di re Artù e gli antichi dei della zona.
Nella minuscola costruzione simile a una cappella costruita oltre il Dupath Well, l’acqua scava un solco poco profondo attraverso l’intaglio da un’unica lastra di granito. L’aria è densa e pesante con ombre e con i fantasmi, forse, di uomini e donne trascinati in questo posto per molti secoli. Le sculture sono consumate dove un tempo suonarono e pregarono la Vergine Maria o la Dama delle Acque. Quel giorno, sul fondo della fontana c'era una manciata di monete di rame, un modo moderno di fare richieste che non è molto diverso dalla pratica precedente di gettare spilli (associato con il lavoro e la magia delle donne) in una sorgente per chiedere la benedizione dello spirito dell'acqua. Wendy mise una piccola offerta di fiori di campo nell'acqua - che, inoltre, è una pratica antica, richiamando un tempo in cui era la terra stessa che i nostri antenati ringraziavano per il dono dell'acqua e della vita stessa.
Oggi, con la pulita acqua trasmessa direttamente alle nostre case e ampiamente accettata, viene in mente quanto sarebbe potuta essere preziosa l’acqua per coloro che l’hanno cercata quotidianamente lungo il fiume o nel pozzo del villaggio. Assai dipendenti dalle genuine sorgenti locali di acqua, è proprio naturale che i nostri antenati avrebbero venerato quei posti in cui la pura, indispensabile acqua sgorgò come per magia dalle profondità della terra. L’acqua ricopre un ruolo centrale nel mito, nei racconti popolari nelle tradizioni fatate e nelle storie sacre, non solo qui nelle isole britanniche bagnate dalla pioggia, ma in tutto il mondo, soprattutto, naturalmente, nelle zone aride dove il dono dell’acqua è il più prezioso.
Molte culture associano l’acqua alle donne: a una dea, a diverse divinità oppure a una varietà di spiriti di genere femminile. La tradizione del Botswana, ad esempio, attribuisce la mitica origine dell’acqua alle donne, concedendo a tutte le donne uno speciale potere oltre l’acqua in ogni sua forma. La Madre di tutto, in un mito aborigeno del Nord Australia, arrivò dal mare nella forma di un serpente arcobaleno con i bambini (gli antenati) dentro di lei. Fu la Madre di tutto che creò l’acqua per i nostri antenati, orinando sulla terra, originando laghi, fiumi e sorgenti per placare la loro sete. L’ “Acqua viva” (l’acqua che scorre) delle sorgenti e delle fonti naturali è associata in particolare, negli schemi mitologici antichi, alle donne, alla fertilità e ai parti. Le sorgenti e le fonti greche erano consacrate a diverse divinità e avevano poteri miracolosi, come la fonte a Kanathos, in cui Era recuperava la sua verginità ogni anno. Le sorgenti greche erano le tane delle ninfe, spiriti naturali con l’aspetto di incantevoli e giovani ragazze (il significato originario della parola greca per sorgente era “fanciulla nubile”). Nel mito teutonico, la selvaggia dama dei boschi (una sorta di fata della foresta) che ama l’eroe Wolfdietrich diventa umana quando viene battezzata in una fonte sacra. Il dio norvegese Odino cerca la saggezza e l’astuzia nella fonte dello spirito della natura Mimir; sacrificò uno dei suoi occhi in cambio di pochi preziosi sorsi d’acqua. Nella leggenda celtica, il salmone della conoscenza nuota in una sorgente o vasca sotto l’ombra di un albero di nocciole; le nocciole che cadono contengono tutta la saggezza del mondo e sono ingoiate dal pesce.
Il lavaggio rituale in acqua o l’immersione in una vasca sono state parte di diversi sistemi religiosi fin dall’alba del tempo. I monaci dell’antico Egitto si lavavano in acqua due volte al giorno e due volte a notte; in Siberia, il lavaggio rituale del corpo, accompagnato da certi canti e preghiere, era (ed è ancora) una fase fondamentale di alcune pratiche sciamaniche. Nella zona indiana, i ghats sono tradizionali siti per il bagno pubblico rituale, un atto tramite cui si realizza una purificazione sia fisica, sia spirituale. Nel nucleo familiare ebraico, le mani devono essere lavate prima di dire preghiere e di un pasto, pane incluso; nell’Islam, le moschee forniscono ai fedeli acqua per lavarsi prima di ognuna delle cinque preghiere quotidiane. Nella tradizione cristiana, il battesimo è descritto da San Paolo come “un rituale di morte e rinascita che simula la morte e la resurrezione di Cristo”. Secondo il mitologo Mircea Eliade “l’immersione in acqua rappresenta un ritorno al preformale, una completa rigenerazione, una nuova nascita, per immersione si intende una dissoluzione di forme, una reintegrazione nella mancanza di forme della preesistenza; e ciò che emerge dall’acqua è una ripetizione dell’atto della creazione in cui la forma fu espressa per prima”.
L’idea della rigenerazione attraverso l’acqua risuona nei racconti di tutto il mondo su fonti e sorgenti con poteri miracolosi. Le storie indigene in Porto Rico, a Cuba e nelle zone di colonizzazione spagnola descrivevano tutte una magica Fonte della Gioventù, situata da qualche parte nelle terre del nord. Queste storie erano così pervasive che nel XVI secolo il conquistatore spagnolo Ponce de Leon cercò davvero di trovarla, equipaggiando tre navi a sue spese. Trovò, invece, la Florida.
Un storia nativa americana descrive una Fontana della Giovinezza creata da due falchi nel mondo degli inferi, tra cielo e terra, ma questa fontana porta dolore tanto che sopravvivono i figli e gli amici di quelli che la bevono e alla fine viene distrutta. Nelle leggende giapponesi, il bianco e giallo fogliame del crisantemo selvaggio conferisce benedizioni da Kiku-Jido, il ragazzo del crisantemo che dimora nella Fontana della Giovinezza. Questo fogliame è ritualmente messo nel sakè per assicurare buona salute e lunga vita. Nei romanzi su Alessandro, Alessandro si impegna a trovare la leggendaria Fontana della Vita nella Terra delle Tenebre al di là del sole che tramonta. Il profeta Khizr è la guida di Alessandro, ma i due prendono sentieri diversi sul cammino. È Khizr, non il suo signore, che trova la fontana, beve l’acqua e ottiene la sapienza di un dio. Khizr è ancora venerato nell’India moderna, in entrambe le tradizioni Hindu e Muslim. Nelle pratiche Muslim, Khizr è onorato da lampade accese e portate su piccole imbarcazioni galleggianti in fiumi e stagni.
Nei racconti magici, gli eroi sono mandati in lunghi viaggi verso la fonte alla fine del mondo, oppure verso le sorgenti nel cuore oscuro della foresta, con il compito di rintracciare una fiala dell’Acqua della Vita, generalmente per una maga malvagia. Poche gocce di quest’acqua conferiscono bellezza, saggezza, fluidità nel linguaggio degli animali e/o immortalità. Talvolta, gli eroi prendono dell’acqua per loro stessi, responsabilmente o accidentalmente, talaltra, riportano indietro la fiala intatta. La maga beve, aspettando di ottenere più potere, e invece perde la sua malvagità. Nei racconti magici, altre sorgenti contengono rane incantate, teste parlanti, troll imprigionati e spaventosi serpenti di bell’aspetto che tornano ad essere saggi e buoni. Ma state attenti a vecchie donne che indugiano dalla fontana, perché sono generalmente maghe travestite e irritabili. Siete stati avvertiti.
Per le antiche popolazioni dell’Ovest del Paese, certe acque erano ritenute avere proprietà curative e così erano sotto protezione divina. La famosa fontana calda a Bath nel Somerset (la provincia appena ad est del Devon) fu dedicata a una dea celtica del posto. Quando i Romani scoprirono la fontana calda e costruirono il complesso tempio che conosciamo oggi, Sulis fu legata alla loro dea Minerva, divenendo Sulis Minerva. La Fonte del Calice a Glastonbury, sempre nel Somerset, è nota per essere una dei più antichi pozzi sacri continuamente utilizzati in tutta Europa; le prove archeologiche suggeriscono che sia stata un luogo sacro per almeno duemila anni. Anche le importanti statue e le gallerie della Gran Bretagna vengono di solito ritrovate vicino a sorgenti o acqua corrente.
Per diffusione del Cristianesimo, sempre più fontane vennero erette con cappelle e buone case e i boschetti intorno ad esse furono rimossi. Devon e Cornovaglia, in particolare, furono ritenuti essere fastidiosi bastioni del paganesimo. Nel quinto secolo, una regola emessa dal Secondo Consiglio di Arles affermò: “Se nel territorio di un vescovo gli infedeli accendono torce o venerano alberi, fontane o statue ed egli trascura questa tradizione, deve sapere che è colpevole di sacrilegio”. Eppure le usanze pagane si sono dimostrate più difficili da sradicare dei luoghi stessi, perché nei secoli decimo, undicesimo e dodicesimo è stata emanata una serie di editti dalle autorità ecclesiastiche, denunciando la venerazione di “sole e luna, fuoco e acqua, fonti o statue o qualche altro genere di albero di foresta”.
Col tempo, comunque, le pratiche pagane e cristiane si mescolarono lentamente insieme e tutti i pozzi sacri in tutta la Gran Bretagna furono celebrati con le festività cristiane che caddero nei vecchi giorni sacri pagani. Nell’isola di Man, per esempio, i pozzi sacri sono frequentati il primo di agosto, un giorno sacro al dio celtico Lugh. Il primo di agosto è Lammas nel calendario cristiano, ma il vecchio nome della festività, Lugnasad, era ancora utilizzato nell’isola fino al tardo diciannovesimo secolo. In Scozia, la fonte a Loch Maree è dedicata a san Malrubha, ma le sue celebrazioni annuali, che consistono nel sacrificio di un toro, in un’offerta di latte versato sul terreno e in monete infilate nella corteccia di un albero, sono di origine pagana. L’usanza di vestire bene è un altro rito cristiano con radici pagane. Durante queste cerimonie (ancora praticate nel Derbyshire e in altre parti della Gran Bretagna), i villaggi dei pozzi sono ornati con affreschi fatti di fiori, fogliame, semi, piume e altri elementi naturali. Nei secoli passati, i pozzi erano ornati per ringraziare lo spirito protettore della fonte e richiedere buona acqua in vista dell’anno a venire; ora le cerimonie hanno luogo solitamente nel giorno dell’Ascensione e le decorazioni create per ornare le sorgenti sono di natura biblica.
I racconti cristiani collegati a sorgenti e fonti sono spesso magici come alcuni trovati nella tradizione celtica. Si dice che le fontane sono spuntate dove furono decapitati i santi o dove combatterono con i draghi oppure nel luogo in cui la Vergine Maria apparve e lasciò piccole orme impresse nella pietra. Oltre la Manica, in Gran Bretagna (che ha connessioni linguistiche e mitologiche con l’ovest del Paese), le “fontane della nonna” dedicate a sant’Anna (così chiamate perché Anna era la madre di Maria e quindi la nonna di Cristo) erano associate a particolari poteri che riguardavano la fertilità e i parti. Secondo una vecchia leggenda bretone, sant’Anna, in vecchiaia, visse lì, dove Cristo andò a trovarla prima che lei morisse. Gli chiese una sorgente sacra per aiutare la gente malata della zona; egli colpì il suolo tre volte e fu creata la fontana di sant’Anna-e-la-Palue.
Fino al diciannovesimo secolo, le sorgenti sacre dell’ovest del Paese erano ancora ritenute avere proprietà miracolose e visitate da coloro che cercavano cure per qualche morbo, disabilità o malattia mentale. Alcuni pozzi erano famosi per l’offerta di informazioni profetiche, generalmente determinate attraverso i movimenti dell’acqua, il fogliame che galleggiava sull’acqua o i pesci che nuotavano nelle profondità. In alcune sorgenti, l’acqua sacra era bevuta con coppe circolari ricavate da ossa di animale (un richiamo alle coppe tratte da teschi umani dagli antichi Celti). Spilli (solitamente piegati), monete, pezzetti di metallo e fiori sono comuni offerte alla fonte e degli stracci (chiamati “clouties”) sono legati agli alberi nelle vicinanze, il panno rappresenta malattia e sfortuna lasciati alle spalle come uno se ne va.
Delle fontane, conosciute come pozzi maledetti, erano un po’ meno benefiche. Le maledizioni furono fatte immergendo speciali pietre maledette nella sorgente, oppure il nome della vittima scritto su un pezzetto di carta, o ancora un’effigie di cera. Nel famoso pozzo maledetto di Ffynnon Elian, in Galles, si poteva pianificare una maledizione pagando al custode del pozzo una tassa per eseguire un elaborato rituale malefico. Un maleficio poteva anche essere rimosso nello stesso pozzo, con una tassa leggermente più alta.
A metà diciannovesimo secolo, Thomas Quiller-Coach (padre di Sir Arthur Thomas Quiller-Coach) si iniziò a interessare alla storia delle sorgenti sacre; egli trascorse tanto della sua vita girovagando per la sua nativa Cornovaglia alla loro ricerca. Maggiori informazioni su questo progetto furono trovate fra le sue carte dopo la sua morte e nel 1884 fu pubblicato dalle figlie Mabel e Lilian, studiose di cose antiche, “The Ancient and Holy Wells in Cornwall”. Più di recente, il folclorista Paul Broadhurst tornò nei luoghi documentati da Quiller-Coach e nel 1991 pubblicò “Secret Shrines: In Search of the Old Holy Wells of Cornwall”, una guida informativa ai tanti pozzi ancora da ritrovare nella campagna cornovagliese.
Oltre ai luoghi dedicati alle dee celtiche e ai santi cristiani, Broadhurst scoprì vecchi pozzi che stavano crollando mezzi sepolti in edera, felce e rovi, abitati da spiriti un po’ meno glorificati: le “piskies” (le fate) della tradizione cornovagliese. I pozzi sotto la protezione delle fate non sono sorgenti con cui si scherza, perché le fate avranno la loro vendetta su chi osa disturbare le loro dimore. Un fattore decise di rimuovere il bacino di pietra al pozzo di St. Nun (conosciuto anche come Piskey’s Well), con l’intenzione di utilizzarlo come abbeveratoio per i suoi maiali. Egli legò la pietra a due buoi e la tirò in cima a una ripida collina, dove la pietra si svincolò dalle catene, rotolò in fondo alla discesa, fece una brusca svolta a destra e tornò indietro al suo posto. Uno dei buoi morì lì e l’agricoltore rimase zoppo.
Tutta l’acqua corrente, non solo quella di sorgente, può essere considerata la dimora delle fate, poiché passando oltre essa (o attraverso), l’acqua corrente è una delle vie per entrare nel loro regno. Qui nel Devon e in Cornovaglia, si trova ancora gente di campagna che evita l’acqua corrente al tramonto e con il buio, perché gli spiriti che abitano l’acqua possono essere molesti, persino letali. Per esempio, si crede che lo spirito dell’acqua del fiume Dart pretenda annegamenti sacrificali, come riporta la ben conosciuta rima locale: “ Dart, Dart, cruel Dart, every year she claims a heart (Dart, Dart, crudele Dart, ogni anno reclama un cuore)”. Gli spettri dell’acqua in Scozia sono esili, irregolari e vestiti esclusivamente di verde, frequentando di notte le sponde del fiume per condurre i viaggiatori a una morte per affogamento. Nella terra di confine tra Scozia e Inghilterra, il Washer by the Ford si lamenta appena bagna i pesanti indumenti di coloro che stanno per morire, come la temuta Bean-Sidhe (Banshee) delle leggende irlandesi. Bean-nighe, ritrovata sia nella tradizione dell’Highland che in quella irlandese, è qualcosa di meno conosciuto: una piccola pericolosa fata con stracciati vestiti verdi e palmati piedi rossi.
Se ti puoi mettere fra Bean-nighe e la sua sorgente d’acqua, comunque, è obbligata a concedere tre desideri e ad astenersi dal fare del male. Jenny Greenteeth è una strega di fiume conosciuta anche come Peg Powler o “grindylow”. È una strega inglese specializzata nel trascinamento dei bambini in acque stagnanti. La saltatrice d’acqua gallese chiamata Llamhigyn Y Dwr è una strega con sembianze di rospo che si diletta aggrovigliando reti da pesca e divorando ogni pecora che cade nel fiume. La “fideal” è una maga che infesta stagni solitari e si nasconde tra le alghe nell’acqua; la “guaisti”, mezza donna e mezza capra, tende a nascondersi nell’oscurità delle grotte dietro le cascate. Entrambe sono originarie della Scozia, ma sono conosciute per girovagare nell’estremo sud come nel Galles. La “loireag of the Hebrides” è una razza mite di fata d’acqua, sebbene, come un intenditore di musica, può anche diventare pericolosa nei confronti di coloro che hanno il coraggio di cantare stonando. In Irlanda, la Dama del Lago conferisce benedizioni e buoni tempi a quelli che cercano il suo favore; in alcune cittadine è ancora celebrata (o propiziata) durante le festività di mezza estate. Il suo nome richiama quello della Dama del Lago della tradizione arturiana che diede a re Artù la sua spada e ora custodisce il suo corpo mentre dorme nell’Avalon
a Chalice Well nel Glastonbury è uno dei vari luoghi dove si crede sia nascosto il Santo Graal. Ai piedi della punta rocciosa dell’antico Glastonbury c’è uno splendido giardino dove si può bere l’acqua tinta di rosso della sorgente, colorata, secondo la leggenda, dal sangue di Cristo contenuto nel Graal. Sebbene possa esserci un collegamento della sorgente con Artù (come suggeriscono gli studiosi arturiani), c’è una leggenda di epoca recente (gli scavi archeologici hanno stabilito nel 1960 l’antichità del posto) e il luogo riesce a conservare una tranquilla e mistica atmosfera nonostante oggi svolga il doppio ruolo di sito sacro e attrazione turistica. Spesso si possono trovare piccole offerte nel cerchio intorno al pesante coperchio del pozzo: fiori, piume, pietre, piccoli pezzi di stoffa legati a un vicino albero… oggi i vecchi modi pagani sono ancora praticati tranquillamente da molte persone.
Nel Nord America, numerosi pozzi, sorgenti e stagni sono consacrati al First Nations della zona. In tali luoghi sacri si possono trovare offerte simili a quelle della Chalice Well: piume, fiori, pietre, salvia, tabacco, piccole forme di animale scolpite, frammenti di stoffa rossa legati ad alberi e altri simboli di preghiera. Nella cerimonia originaria americana della capanna sudatoria si utilizza acqua spruzzata su rosse rocce roventi per generare il vapore che è chiamato “the breath of life”; la capanna stessa è il grembo della madre terra in cui si viene lavati, purificati e rigenerati spiritualmente. Nei rituali dell’originaria chiesa americana, un secchio d’acqua della mattina è tradizionalmente trasportato e implorato da una donna prima di essere mandato al saggio sole intorno al cerchio per essere condivisa da tutti. L’acqua è sacra attraverso la sua assenza nei quattro giorni di cerimonia della Danza del Sole o nel Pianto per la Visione; dopo quattro giorni senz’acqua (o cibo), la prima goccia sulla lingua è un potente promemoria per essere riconoscenti per questo prezioso dono dalla madre terra.
Qualche anno fa alla conferenza dei Viaggi Mitologici ad Atlanta, Tom Blue Wolf dell’Eastern Lower Muscogee Creek Nation ha parlato del bisogno di tenere cara la selvaggia acqua delle nostre terre, soprattutto adesso che le falde acquifere diminuiscono a tassi allarmanti. “ Una volta”, ha detto, “il fiume Chattahoochee era qui conosciuto dalla gente come la sorgente della vita. Ogni mattina andremmo nell’acqua, riempiremmo noi stessi con gratitudine e ringrazieremmo il Creatore per il dono di questa sorgente della vita. Lo onoreremmo tutto il giorno. A quel tempo, l’acqua era conosciuta come il Lungo Uomo. Egli veniva da un luogo senza inizio e andava verso un posto senza fine. Ma ora, per la prima volta nella storia dell’umanità, possiamo intravedere la fine dell’acqua”.
Alla stessa conferenza, il mitologo Michael Meade ha parlato dell’antico simbolismo dell’acqua e del suo ruolo nelle nostre vite oggi. “Tra gli elementi (alcuni ne contano quattro, altri cinque), l’acqua è l’elemento della riconciliazione. L’acqua è l’elemento del flusso. Quando l’acqua scompare, scompare il flusso. Nell’antico irlandese si diceva che ci sono due soli nel mondo. Uno si può vedere sorgere al mattino. L’altro è molto in profondità nella terra ed è chiamato sole nero o sole interno. C’è un caldo fuoco là dentro; nessuno sa quanto caldo. La terra è approssimativamente settanta per cento acqua a causa di quel sole nascosto dentro. Quando l’acqua cade giù, la terra si scalda troppo – parte del riscaldamento globale che sta interessando tutto il mondo. Sta accadendo anche dentro le persone, perché la gente è come la terra. Le persone sono settanta per cento acqua come la terra e hanno un sole nascosto o altro che non saremmo novantasei gradi quando i suoi quaranta gradi fuori. Tutti nel mondo stanno ardendo e l’acqua in corpo trattiene quell’ardore dal diventare febbre. Ciò che accade letteralmente accade anche in modo commosso e spiritualmente, così, quando le persone dimenticano come trattare l’acqua o come usare l’acqua per comporre, si ottiene una crescente quantità di conflitto animato, come se stessimo osservando oggi il mondo tutt’intorno. …In molte culture sono gli anziani che portano l’acqua, poiché gli anziani sono i portatori di pace. Quando una cultura non è in grado di ricordare o immaginare la pace sulle sue strade o come trattare la pace, significa che i suoi anziani hanno dimenticato cosa fare, come trattare l’acqua”.
Io stesso, adesso, come un anziano, provo a ricordare queste parole e a trattare l’acqua con rispetto.
Do oggi a Margaret Atwood le ultime parole, dalla sua novella mitica “The Penelopiad”. Sono parole che frusciano come il vento nelle mie orecchie, come Tilly e io seguo il freddo, puro flusso di vento attraverso la nostra amata parte di foresta:
“L’acqua non resiste. L’acqua scorre. Quando immergi la tua mano dentro di essa, tutto quello che percepisci è una carezza. L’acqua non è un solido muro, non ti fermerà. Ma l’acqua va sempre dove vuole andare e nulla alla fine può opporsi ad essa. L’acqua è paziente. L’acqua che gocciola consuma la pietra. Ricorda, figlio mio. Ricorda che sei per metà acqua. Se non puoi passare attraverso un ostacolo, passa intorno ad esso. L’acqua lo fa”.
Fonte Originale: http://windling.typepad.com/blog/2013/06/i...ild-waters.html
ALTRE FONTI
https://leggendemitimisteri.forumfree.it/?t=69743368
https://www.irlandando.it/cultura/cultura-e-tradizioni/mitologia-celtica/epica-e-leggende-celtiche/
http://wylteagle.blogspot.com/2014/01/miti-celtici-il-calderone-di-branwen.html
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